Da junior doveva spaccare il mondo, poi si è montato la testa e si è perso. A 22 anni, Guido Pella ha capito gli errori ed è entrato tra i primi 100. “Mi ha aiutato uno psicologo”.
Guido Pella con il trofeo delle ATP Challenger Finals
 
Di Riccardo Bisti – 8 dicembre 2012

 
Il ritiro di Juan Ignacio Chela è l’ennesimo simbolo di un’epoca (gli anni d’oro del tennis argentino) che non c’è più. La “Generacion Legionaria” ha regalato un mucchio di successi all’albiceleste, culminati nella finale tutta argentina al Roland Garros 2004 (senza dimenticare i quattro argentini in semifinale al Masters 1000 di Amburgo nel 2003). Ma gli anni passano e i ritiri sono fioccati uno dopo l’altro. E' rimasto solo David Nalbandian, prossimo ai 31 anni, che nel 2013 giocherà part-time e focalizzerà la stagione sulla Coppa Davis. I ricambi non sembrano all’altezza dei predecessori. L’Argentina potrebbe ridimensionarsi. Un raggio di speranza, tuttavia, è arrivato dalle ATP Challenger Finals di San Paolo, vinte dal 22enne Guido Pella, mancino di Bahia Blanca ma residente a Buenos Aires. Noi lo conosciamo perché nel 2008 vinse il Trofeo Bonfiglio e sembrava destinato a sfondare. Ma il passaggio al professionismo è duro per tutti, non solo per gli italiani. E oggi, entrato tra i top 100 (è n. 97), Pella si guarda indietro con lucidità. Ammette di essersi sbagliato. “Mi è mancata l’umiltà, gli elogi mi hanno confuso e mi hanno impedito di prendere le decisioni giuste per fare il salto di qualità”. Fortissimo a livello junior, si era convinto che il talento bastasse per sfondare. I sacrifici? Non importa. Ragionamento pericoloso, che gli ha fatto perdere tempo e denaro. I coetanei volavano (Raonic su tutti), mentre lui restava al palo. Ma ha saputo stringere i denti e nel 2012 ha imparato a vivere da professionista. Non è un caso che a inizio anno fosse numero 346 e oggi la classifica sia a due cifre grazie alla vittorie di Salinas, Manta e Campinas. Fino all’exploit si San Paolo.
 
“Iniziare a vincere i tornei non è facile – racconta Pella – la maggior parte dei giocatori raccoglie più sconfitte che vittorie. Io sono molto ansioso, pensavo che sarebbe stato più semplice entrare nel circuito. Sono stato ignorante, non ho avuto l’umiltà per lavorare bene. La verità? Ho sottovalutato il tennis. E quando me ne sono reso conto era passato troppo tempo. Però almeno me ne sono accorto, e oggi credo di essere al top sul piano mentale”. Gli ultimi risultati lo obbligano a cambiare programmazione: avrebbe dovuto iniziare il 2013 col challenger di Bucaramanga, invece andrà in Australia e ha dovuto accorciare le vacanze. Allenato da Fabian Blengino (lo stesso che seguiva Guillermo Coria ai tempi del Roland Garros 2004), Pella è convinto di aver fatto il salto di qualità sul piano mentale. Da qualche tempo lavora con uno psicologo (Fernando Vazquez). Non tutti gli sportivi amano lavorare con uno specialista, mentre Pella è convinto che sia una buona idea. “Appena ho iniziato a lavorare sul serio ho trovato la strada giusta. A inizio anno non avrei mai pensato di superare le qualificazioni dello Us Open, invece ce l’ho fatta. Il tennis è uno sport duro, bisogno essere preparati alle cadute”.

Pella è un sostenitore di Steve Jobs (“Prendeva decisioni estreme, ma mi piaceva la sua filosofia. Ha cambiato tante cose nella nostra vita di tutti i giorni. Ho letto il suo libro e mi ha impressionato”). A differenza di tanti argentini, non è un fanatico di calcio. Tifa per l’Olimpo di Bahia Blanca, ma con moderazione. Tuttavia è un buon amico dell’interista Rodrigo Palacio, suo più noto concittadino. “Mi ha mandato più di un messaggio quando ho vinto le Challenger Finals, mi ha fatto i complimenti. Mi piace perché ha sempre mantenuto i piedi per terra. Insieme a Manu Ginobili, è l’atleta che mi piacerebbe imitare”. Guido non è più un bambino, ma ha ancora tempo davanti a sé. Forse non otterrà gli stessi trionfi dei Legionarios, ma almeno ha imparato dagli errori. E in (probabili) tempi di magra, con il solo Del Potro ancora giovane (Juan Monaco va verso i 29 anni), gli argentini faranno bene a tenersi stretto il cucciolo di Bahia Blanca.