La ex Repubblica Sovietica è entrata nella geografia del tennis grazie all’acquisto di diversi giocatori dagli altri paesi. Il merito è di magnate fanatico di tennis. E già si costruisce per il futuro.
Mikhail Kukushkin, miglior kazako nel ranking ATP
 
Di Riccardo Bisti – 29 gennaio 2013

 
Ci sono diversi modi per diventare una potenza tennistica. I paesi più ricchi (su tutti Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Australia) investono milioni di dollari nei programmi di sviluppo. Alcuni si affidano alla bontà dei privati (Spagna su tutte), altri pescano i coach all'estero (Canada), altri ancora sperano nei miracoli. Il Kazakistan ha inventato un sistema alternativo: comprare gli scarti degli alti paesi e giocatori sottovalutati, convinti a cambiare bandiera dal miraggio di uno stipendio in contanti più spese pagate per coach e viaggi. Un approccio così aggressivo, discutibile sul piano etico, ha portato l’ex repubblica sovietica nella geografia del tennis con una velocità impressionante. Il Kazakistan non aveva alcuna tradizione e può contare su una popolazione di 16,6 milioni di abitanti, un quarto rispetto all’Italia. Fino a pochi anni fa, non c'erano giocatori di livello. Adesso ci sono cinque kazake tra le prime 125 ATP. Paesi di prestigio e tradizione come Spagna e Australia non possono dire altrettanto. Meno gloria tra gli uomini, anche se ci sono due top 200 e il paese è nel World Group di Coppa Davis. Il prossimo weekend, i kazaki affronteranno l’Austria al National Tennis Centre di Astana. Un match possibile, che potrebbe condurli al secondo quarto di finale in Coppa Davis in tre anni, dopo la storica annata del 2011, quando batterono la Repubblica Ceca fuori casa ed entrarono tra le prime otto. Lo scorso anno hanno perso al primo turno contro la Spagna, ma hanno conservato un posto nel World Group grazie al successo contro l’Uzbekistan.
 
Il Kazakistan è all’avanguardia anche sul piano delle strutture. Il Centro di Astana è un capolavoro, così come quello della ex capitale Almaty. Ci sono campi all’aperto e al coperto, strutture di grande qualità e istruttori di altissimo livello, preparatori atletici compresi. “Per me è stato come entrare in paradiso – racconta Sesil Karatantcheva, bulgara di nascita ma kazaka d’adozione – il mio nuovo paese è stato un paracadute d’oro”. L’allusione è alla squalifica per doping che l’aveva colpita quando era ancora una teenager, dopo che aveva raggiunto i quarti al Roland Garros a 16 anni. All’Australian Open c’erano sei rappresentanti kazaki, ma nessuno di loro è nato nel paese. Come Mikhail Kukushkin, uno dei tanti provenienti dalla Grande Madre Russia, principale "centro di raccolta”. Kukushkin dice di aver cambiato nazionalità perché aveva la sensazione che in Russia non fosse seguito a sufficienza. “Purtroppo in Russia non c’era alcun interesse per me – dice Kukushkin, sceso al n. 155 ATP dopo l'Australian Open -. Tre anni fa, i kazaki sono venuti da me e si sono presi cura di tutto: le strutture per allenarsi, i coach, tutto. Adesso sento di avere un grande sostegno”. Il cambio di nazionalità può creare tensione tra le varie federazioni, ma da parte delle autorità russe non c’è stata particolare opposizione. E i giocatori se la ridono, al massimo c'è qualche presa in giro. Come è accaduto a Galina Voskoboeva, moscovita di nascita e kazaka d’adozione. “Adesso tutti sanno che abbiamo fatto un buon lavoro” dice la Voskoboeva, che ha visto gli sfottò trasformarsi in invidia. Il caso più strano è quello della Karatantcheva. Dopo lo stop di due anni per doping (le trovarono il nandrolone, lei provo a difendersi dicendo che era rimasta incinta…), Sesil vegetava dalle parti di Sofia senza soldi e con poche possibilità di allenarsi. “Mi sentivo come se fossi chiusa in carcere” racconta oggi. Poi sono arrivati i kazaki. Non aveva alternative e ha accettato, ma all’inizio si sentiva a disagio. “Oh mio Dio, sono una traditrice, sto abbandonando il mio paese”. Ma alla fine ha prevalso la gratitudine verso chi le ha concesso un’altra chance. “Mi ha emozionato vedere qualcuno credeva ancora in me” dice la Karatantcheva, oggi numero 113 WTA. “Mi sentivo una pecora nera, mentre i kazaki mi hanno fatto sentire nuovamente bianca”.
 
Dietro al dirompente successo del tennis kazako c’è un signore di nome Bulat Utemuratov, presidente della federtennis nazionale e amico intimo del Presidente della Repubblica Nursultan Nazarbayev, pure lui grande appassionato. Secondo Forbes, Utemuratov possiede un patrimonio personale di 1,5 miliardi di dollari. Che volete che sia qualche campo da tennis in più? Copiare il modello-Kazakistan è pressochè impossibile: a parte la crisi economica globale, i kazaki possono contare su una delle più importanti riserve di gas naturale. Per questo non si limitano al tennis. Il Gruppo Astana, coalizione di imprese di proprietà statale, era tra gli sponsor principali del team ciclistico di Lance Armstrong ai tempi del suo ritiro, ben prima che scoppiasse lo scandalo doping. Tanti sforzi iniziano a dare i loro frutti: a Londra 2012, il paese si è piazzato al diciottesimo posto nel medagliere, con 13 medaglie (di cui sette d’oro). “La gente del Kazakistan è convinta che gli sportivi siano i migliori ambasciatori possibili per il loro paese – continua la Karatanatcheva – credo sia questa la ragione per cui hanno deciso di investire così tanto sul tennis”. In generale, anche i tennisti hanno beneficiato del cambio di nazionalità. Detto della Davis, attualmente la miglior giocatrice è Yaroslava Shvedova, capace di portarsi a ridosso delle top 20 e raggiungere i quarti al Roland Garros nonché gli ottavi a Wimbledon (comprensivi di “golden set” contro la nostra Sara Errani).
 
I dirigenti russi hanno quasi incitato la Shvedova a cercare fortuna altrove, perché buona parte della sua carriera se n’era andata a causa degli infortuni e il sistema russo attualmente può contare su diverse giovani promesse. “I soldi vanno a loro, quindi puoi cercare un’altra soluzione” le hanno detto. “In effetti avevo tante ragazze davanti a me” dice la simpatica Shvedova. Il cambio di nazionalità le ha consentito di giocare le Olimpiadi di Londra e la Fed Cup, traguardi che le sarebbero stati preclusi con la Russia. “Non penso proprio di tornare indietro – dice – mi piace molto il paese, mi sento kazaka per davvero”. In cambio di tutto questo supporto, i giocatori sono tenuti a condurre delle clinic con i bambini quando si trovano nel paese. La Shvedova è tra le più coinvolte. Non solo ha trascorse ore con i giovani, ma ha anche portato alcuni gadget come le palle autografate da Federer e Djokovic. “Vorrei aiutare la federazione per quanto mi è possibile. Sono diventata un modello per i bambini e devo rispettare questo ruolo”.
 
I TENNISTI “ACQUISTATI” DAL KAZAKISTAN
 
Mikhail Kukushkin (n. 155 ATP)
Andrey Golubev (n. 187 ATP)
Evgeny Korolev (n. 211 ATP)
Yuri Schukin (n. 471 ATP)
Yaroslava Shvedova (n. 29 WTA)
Galina Voskoboeva (n. 107 WTA)
Sesil Karatantcheva (n. 113 WTA)
Ksenia Pervak (n. 72 WTA)
Yulia Putintseva (n. 101 WTA)

Il doppio kazako Shvedova-Voskoboeva in azione alle Olimpiadi di Londra