Prima semifinale in un ATP 500 per Fabio, bravo a superare in due set l'ostico Santiago Giraldo. Tornerà tra i top 40 e ora sfida Ferrer. La svolta è arrivata? Lorenzi KO.
Fabio Fognini tornerà tra i primi 40 ATP
Di Riccardo Bisti – 1 marzo 2013
A un certo punto, la regia messicana ha inquadrato coach Josè Perlas. Con gli occhiali da intelettuale, nascosto sotto un berretto grigio, mostrava tutto il suo sollievo. Il suo volto parlava, come a dire: “Vuoi vedere che ho trovato il bandolo della matassa? Vuoi vedere che la svolta è arrivata davvero?”. Fabio Fognini è in semifinale all’ATP 500 di Acapulco. E' un risultato importantissimo, che va al di là dei 180 punti messi in cascina (comunque importanti: in tutta la carriera era successo solo una volta che ne intascasse di più in un singolo torneo, al Roland Garros 2011). Questo Fognini piace: gioco, atteggiamento, mentalità, finalmente c'è tutto. Josè Perlas non si discute. Ha ottenuto grandi risultati con tutti i giocatori che ha allenato (salvo Guillermo Coria, preso in un momento difficile). Ma Fabio è un cavallo di razza, e come tutti i purosangue deve essere domato. Non è facile prenderlo, capirlo, inquadrarlo. Anche papà Fulvio, che lo conosce meglio di chiunque altro, ricorda spesso che “Solo Fabio sa cosa gli passa per la testa”. Ma stavolta i pensieri erano chiari. Voleva vincere e ce l'ha fatta, superando Santiago Giraldo con il punteggio di 7-5 6-4. Il colombiano è avversario ostico, anche perchè si è ripreso dai problemi fisici dello scorso settembre, quando è stato una decina di giorni in ospedale per farsi operare di appendicite e peritonite. Smilzo, dotato di un buon dritto ma limiti precisi, Giraldo si trova bene ad Acapulco. L’anno scorso era giunto in semifinale, cedendo solo a David Ferrer, il Re di questo torneo. Lo scontro avrebbe potuto ripetersi quest’anno. Invece no.
Intendiamoci: non è stato il miglior Fognini. Il ligure ha estro, inventiva, può far divertire. Ma è rimasto concentrato, senza perdersi d’animo nè lanciare per aria la sua Pure Drive. Ogni tanto si arrabbia, quando gli fanno notare la tendenza a lanciare la racchetta. Ma è il termometro del suo gioco, della sua mente. Se mano destra e grip restano abbracciati, Fabio c’è. Nell’umida serata messicana, c’è stato nei momenti importanti. Sul finire del primo set, ad esempio, quando ha servito sul 4-5 e ha annullato con coraggio un setpoint. Servizio, dritto in progressione e via. “Da campione”, verrebbe da dire. Nel game successivo, Giraldo commetteva due doppi falli consecutivi e gli regalava una chance. Niente braccino, buon turno di servizio, e primo set in cascina. Nel secondo, Giraldo si è presentato con una maglia rosso fuoco, più aggressiva rispetto a quella verde del primo set. Ma la musica non cambiava. Sull'1-1 arrivava il break: meritato, perchè in quel game Fognini ha giocato il punto più bello della partita. Ha chiamato Giraldo a rete con una bella smorzata di dritto, poi lo ha scavalcato con un pallonetto di rovescio in corsa. Capolavoro, come il Nalbandian dei tempi belli. Ma Fognini è piaciuto per come ha saputo gestire il momento di difficoltà. Sul 3-1 ha avuto una palla per il doppio break, ma lì è stato bravo Giraldo, sempre più appeso al suo drittone. E poi, inaspettato, arrivava il controbreak. Sul 3-3 poteva girare la partita. E invece è tornato al comando ed è rapidamente planato verso il 6-4 finale.
Non ha esultato più di tanto. Si è rivolto verso il suo clan, ha fatto il tipico pugnetto ed è andato a salutare l’avversario. Maturo, consapevole. Anni di tennis ci hanno insegnato che una rondine non fa primavera, ma stavolta Fognini merita fiducia. E pazienza se stanotte (all’1 italiana, diretta SuperTennis) perderà contro David Ferrer. Ci ha perso una settimana fa, racimolando tre giochi. Ma fu un match strano, con tanti game finiti ai vantaggi. Nessuno gli chiedere di battere l’uomo che ad Acapulco vince da 18 partite, ma può (deve?) esserci equilibrio. Tanti dicono che Fognini ha il tennis per restare tra i primi 20. I fatti dicono che è stato al massimo 32 e da cinque anni veleggia intorno alla 50esima posizione. Ma il maschio italico, si sa, prende coscienza di sè più tardi, E a quasi 26 anni è giunto il momento di esprimere ‘sto benedetto potenziale. Intanto tornerà tra i primi 40 (dovrebbe attestarsi intorno al 37). Chiedergli di più, a due passi dalla mitica spiaggia messicana, sembra troppo. Ma noi gli chiediamo qualcosa di ancora più complicato: la continuità. Fabio deve giocare bene a Indian Wells, Miami (dove non difende punti) e benissimo sulla terra rossa. Se troverà la costanza, l’Italia avrà consacrato il giocatore che prenderà il posto di Andreas Seppi come numero 1 azzurro e ci guiderà fino all’esplosione dei cuccioli degli anni 90.
LORENZI FUORI CON ONORE
Niente da fare per Paolo Lorenzi. Tra lui e David Ferrer ci sono pochi mesi di differenza ma paragonarli è impossibile. Due mesi fa, a Doha, finì 6-3 6-0. Ma questa sconfitta, maturata appena prima che calassero le ombre, non toglie il sorriso all’italiano. Anzi, Lorenzi può essere considerato il “Ferrer dei tornei Challenger”. Contando sulle proprie forze e su una grinta eccezionale, il senese ha raggiunto il suo limite ed è entrato in una nuova dimensione, quella del circuito ATP. Lunedì festeggerà il best ranking, avvicinandosi ai top 50. Può tranquillamente superare il muro. Entrare tra i primi 50, per Lorenzi, equivale alla conquista della quarta posizione per Ferrer. E’ il massimo a cui può ambire. In quanti possono dire di aver raggiunto il loro limite? Pochi, pochissimi. Lorenzi è tra questi. Il match di Acapulco ha ricordato il Djokovic-Ferrer all’Australian Open. C’era un giocatore che ha raggiunto il suo limite, opposto a chi viene da un’altra dimensione. Lorenzi si è migliorato tecnicamente, gioca con una diligenza ammirevole, ma non ha soluzioni per battere un tennista che gioca come lui, ma fa tutto un po’ meglio. Lorenzi è partito forte, ha preso addirittura un break di vantaggio, ha corso come un forsennato, ma è andato rapidamente sovraritmo. Già a metà del terzo set è sembrato in riserva. L’ultime gocce di benzina le ha consumate evitando il cappotto nel secondo set, aggiudicandosi il primo game. Poi è stata una mattanza, ed è francamente dispiaciuto. Lorenzi non merita sconfitte così nette, ma le sa assimilare meglio di altri. E comunque lunedì tornerà a sorridere, forte di un best ranking a 31 anni compiuti. Averne.
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