L’OPINIONE – Le continue illazioni su Rafael Nadal hanno stufato. Vincente da 10 anni, cos’altro deve fare per non essere giudicato qualsiasi cosa faccia? Perchè i sospetti si concentrano quasi soltanto su di lui? 
Roger Federer sembra accettare le sconfitte contro Nadal più di tanti suoi sostenitori

Di Riccardo Bisti e Lorenzo Cazzaniga – 19 marzo 2013

 
Se fai un salto su Google e digiti “Rafael Nadal doping” trovi 2.730.000 risultati. Da far invidia a ricerche-cult come “Anna Kournikova sexy” oppure “Maria Sharapova upskirt”. Ma c’è di più: dopo che hai digitato “Rafael Nadal”, il famoso motore di ricerca mette subito la parola “doping” tra i suggerimenti. Facciamo finta che un marziano sbarchi sulla terra e non conosca il tennis. Navigando su internet, penserà che il maiorchino sarà stato “beccato” decine di volte e abbia scontato squalifiche su squalifiche, fino alla radiazione. Ma c’è un piccolo dettaglio: Rafa è stato sottoposto a decine (centinaia?) di controlli antidoping ed è sempre risultato negativo. Gliene hanno dette di tutti i colori: i suoi stop per infortunio sono stati accompagnati da malevoli sussurri (sospensioni insabbiate dall’ATP?), ogni volta che è tornato il suo fisico è stato analizzato al microscopio (si è gonfiato? Si è sgonfiato?) e i francesi di Canal Plus hanno addirittura inventato uno sketch che non lascia spazio all’immaginazione. Eppure Rafa ha continuato a vincere, lavorare e soffrire come se nulla fosse. Oggi, che è risorto per l’ennesima volta, sono tornate le solite illazioni. Hanno stufato. Molti attacchi arrivano dai tifosi di Roger Federer, meno propensi del loro idolo ad accettare il severo bilancio degli scontri diretti: per ogni vittoria di Roger, ce ne sono due di Rafa. L’arrivo di Federer e Nadal ha fatto un gran bene al tennis, soprattutto in Europa. La rivalità "All American" tra Pete Sampras e Andre Agassi non ha mai infiammato. Erano lontani, distanti dalla nostra mentalità. E poi erano altri tempi, prima che internet appiattisse le distanze tra appassionati. All’epoca le scaramucce arrivavano in busta chiusa, nelle lettere destinate alle riviste specializzate. Ma solo i fanatici si prendevano la briga. Oggi è diverso. Basta accendere un computer e ti si apre il mondo. E così qualche fanatismo è piombato nel mondo del tennis, storture comprese. Tanti sostenitori di Roger Federer vedono in Nadal un diavolo che oscura la brillantezza del loro idolo (falso) e che ne ha ridotto il palmares (vero). E poi c’è quel bilancio negli scontri diretti che proprio non va giù. Un’onta che viene smacchiata con le accuse. “Eh, ma tanto Nadal, si sa…”.
 
Basta. Lasciamo in pace Nadal e accettiamo la realtà, ovvero che Federer ha avuto la sfortuna di incappare nel più forte terraiolo di tutti i tempi che ha messo in dubbio uno status di GOAT che altrimenti sarebbe stato indiscutibile (eppure, nonostante Nadal, ci sono ottime argomentazioni per pensarlo ugualmente). Ovviamente, Nadal ha avuto la sfortuna di affrontare Federer. Due sfighe che – sommate – hanno creato una delle più belle rivalità di sempre (un po’ troppo controllata dai PR, ma questa è un’altra storia). Nadal è diventato professionista nel 2001 ed ha iniziato a vincere nel 2005. Non è stato un fuoco di paglia: ha vinto tutto, su tutte le superfici, ha saputo migliorarsi anno dopo anno e ha dovuto lottare con malignità e sospetti. E’ tra i primi 5 del mondo da 8 anni: non è un tempo sufficiente per piantarla con le illazioni? Anche il suo eccezionale rientro ha alimentato sospetti. E allora sono tornate le voci sulla sua fisicità esasperata, le capacità di recupero e bla bla bla. Pseudo-indizi di chissà quale disegno criminoso orchestrato da zio Toni e dal suo staff per usurpare titoli ai cavalieri senza macchia e senza paura. Ad oggi (e dopo 10 anni di carriera, è giusto ripeterlo) non c’è uno straccio di prova sulla disonestà di Nadal. L’ITF ha recentemente pubblicato le statistiche dei controlli antidoping effettuati nel 2012: alla voce “Controlli fuori dalle competizioni”, Nadal è stato l’unico ad averne subiti almeno sette. E’ normale, visto che è stato fermo per tutta la seconda parte della stagione. Come è giusto che sia, l’antidoping (sia pure inadeguato e con un budget ridicolo) gli è sempre stato dietro, anche con tempistiche sospette: quando uscì il video satirico di Canal+, due giorni dopo gli uomini dell’antidoping hanno bussato all’appartamento di Manacor alle 5 del mattino. Come se anche l'antidoping si facesse condizionare dalle pressioni giornalistiche.
 
Sappiamo benissimo che la lotta al doping non è ottimale. Su TennisBest ne rendiamo conto con attenzione e puntualità: il budget è di appena 3.400.000 dollari e la stragrande maggioranza dei test sono sulle urine (non in grado di rilevare la presenza di ormone della crescita). Inoltre, i controlli sono facilmente eludibili perchè tante sostanze non lasciano più tracce nel giro di poche ore. Ma tutto questo non è colpa di Nadal. E se è legittimo nutrire sospetti, deve essere così per tutti. Spesso si allude ai suoi miracolosi tempi di recupero, o alla capacità di giocare maratone. Le stesse doti appartengono, per esempio, a Novak Djokovic. Il serbo ha vinto un Australian Open giocando una semifinale di cinque ore e una finale maratona, proprio come fece Nadal due anni prima. E la finale maratona, guarda un po’, fu vinta da Djokovic e non da Nadal. Vogliamo parlare di Andy Murray? Prendete una foto di quando si allenava all’Accademia di Emilio Sanchez e confrontiamola con una di oggi: ha messo su chili di muscoli. E in finale allo Us Open ha letteralmente schiantato alla distanza Novak Djokovic. Eppure le illazioni (giustamente) sono poche o nessuna. Soltanto quando vince (o perde!) Nadal escono i soliti commenti, sempre più sgradevoli, sempre più fastidiosi. Qualsiasi cosa faccia, non va bene: se gioca troppo significa che si aiuta, se non gioca vuol dire che è sospeso. Quando torna, se perde al primo turno ecco che piombano i commenti “Non si aiuta più: ecco i risultati”. Se vince, come sta facendo, ecco le ironie sulla capacità di vincere sull’odiato cemento. Ma che deve fare? Perdere nei quarti o in semifinale per far contenti quelli che non lo amano? E allora è giunto il momento di dire basta. 10 anni di vittorie sono un periodo sufficiente per prendere atto di una realtà: Rafael Nadal, semplicemente, è un grande tennista. Rispetto a qualche anno fa, è migliorato in modo spaventoso. Ormai gioca le volèe meglio di buona parte dei top 10, per non parlare dell’intelligenza tattica e delle traiettorie eccezionali che trova con dritto e rovescio.
 
A scanso di equivoci: TennisBest non è schierato nell’eterno dibattito tra federeriani e nadaliani. Anzi, ci sono alcune fisime di Nadal che non ci sono mai piaciute: troppo spesso si è ritirato da tornei in corso o ancora prima di giocare, magari all'ultimo momento. Federer non lo ha mai fatto. L’ultimo esempio riguarda Miami, con un forfait giunto poche ore prima di giocare la finale di Indian Wells. Non è corretto verso il pubblico e gli organizzatori. Al contrario, lo svizzero aveva annunciato il forfait mesi fa. Poi ha scritto (o meglio, gli hanno scritto) una biografia francamente deludente, peraltro uscita nel pieno della carriera: che senso ha un’opera del genere se non dopo il ritiro? Si può tranquillamente tifare o gufare Nadal, ma accusarlo sistematicamente di doping è un’accusa troppo grave, che deve essere supportata da un minimo di prove. In questo momento, Nadal è limpido così come tutti gli altri campioni. Comprendiamo – naturalmente – i timori di chi è rimasto scottato dal caso Armstrong, che ha ammesso di essersi dopato solo dopo il ritiro (e solo dopo che era uscito un dossier che lo incastrava). Tanti appassionati hanno il terrore di aver visto un decennio sporco e di scoprirlo a scoppio ritardato. E’ legittimo, così come è legittima la voglia di chiarezza dopo l'Operacion Puerto e le storie legate a Eufemiano Fuentes. Sarebbe uno scandalo se al medico spagnolo dovesse essere impedito di fare i nomi di chi è passato sotto le sue mani (lo stesso Nadal ha invocato trasparenza). Proprio per questo, facciamo nostra l’agghiacciante affermazione di Armstrong: “Tanto la gente dimentica”. Se le prove (invocate, quasi auspicate dai tifosi di Federer) dovessero arrivare, noi faremmo in modo che non si dimentichi proprio nulla. Ma soltanto in quel caso.