Il cammino silenzioso di Stefanie Voegele, svizzera come la protagonista del famoso romanzo. E’ diventata forte troppo giovane, ma ha lavorato su se stessa e a Charleston ha stupito tutti.
Stefanie Voegele è nata a Leuggern il 10 marzo 1990
Di Riccardo Bisti – 9 aprile 2013
Gianni Clerici l’aveva soprannominata “Heidi” per il suo aspetto da graziosa contadina. Dai prati londinesi, in effetti, era facile immaginare Stefanie Voegele svolazzare per le montagne svizzere come nel famoso romanzo di Johanna Spyri. Era una giovane promessa, travolta dal peso dell’eredità di Martina Hingis e Patty Schnyder, eppure era entrata piuttosto agevolmente tra le prime 100. Poi era scomparsa. Nel 2013 è risorta: a febbraio è giunta in semifinale a Memphis, prima svizzera così avanti in un torneo WTA dopo due anni e mezzo (l’ultima era stata Patty Schnyder a Linz 2010). Ha fatto ancora meglio a Charleston, dove per poco non arrivava in finale. Avanti 2-0 al terzo contro Jelena Jankovic, si è bloccata e ha perso gli ultimi sei giochi. Tanti l’hanno vista per la prima volta nei giorni scorsi, eppure la Voegele era entrata nei radar nel 2009. La piccola svizzera, proveniente dal cantone Aargau, aveva raggiunto i quarti a Tashkent e le semifinali a Portorose. Qualche settimana prima aveva affrontato Venus Williams a Wimbledon, destando una buona impressione e ispirando il paragone letterario di Gianni Clerici. L’anno dopo ha giocato contro Serena Williams al Roland Garros, destando una buona impressione e forzando l’americana a un tie-break. Tutto normale, tutto lineare. Ma era ancora immatura. Non tutti hanno la fortuna di essere un computerino a 14 anni come la Hingis. Stefanie vive e si allena a Biel, presso il centro tecnico di Swiss Tennis. Negli ultimi anni ha lavorato più su se stessa che sul tennis. Era timida e riservata, adesso è una combattente che sa ciò che vuole. Quando ha perso dalla Wickmayer in Fed Cup, le hanno chiesto quanto fosse delusa. Lei ha risposto con una domanda. “Tu quanto saresti deluso?”. Anni fa, avrebbe abbassato gli occhi e farfugliato due banalità.
La Fed Cup è stata fondamentale nella sua crescita. Dopo il ritiro della Schnyder e l’infortunio della Bacsinszky, si è caricata sulle spalle il peso di una nazione che – non dimentichiamo! – tra gli uomini ha un certo Roger Federer. L’arrivo di Romina Oprandi le ha dato una mano. Prima tendeva a mollare una volta sotto nel punteggio. Adesso ringhia su ogni punto, e vince. L’impresa di Charleston, dove ha battuto una dopo l’altra tre top 30 (Suarez Navarro, Goerges e Wozniacki) le ha permesso di migliorare un best ranking vecchio di tre anni. Nel marzo 2010, a 20 anni, era numero 63 WTA. Adesso è in 57esima posizione ma si è costruita una corazza che le darà una mano a crescere ancora. “Il 2010 è stato un anno un po’ particolare – racconta – non stavo bene ma ho continuato a giocare perchè la classifica mi consentiva di giocare i grandi tornei. Quando puoi farlo, è normale volerli giocare”. Ovviamente i risultati non arrivavano ed è entrata in un vortice interiore, tanto che nel febbraio 2011 si è presa una breve pausa dal tennis. “Ero scesa in classifica e tutto questo mi dava fastidio. Mi mettevo molta pressione ed ero piuttosto tesa durante le partite”. Il punto più basso è arrivato al torneo ITF di Lenzeheide, dove aveva perso contro una giocatrice nettamente più scarsa di lei (la croata Ani Mijacika). “Allora mi sono detta: se davvero devi perdere, almeno prova a giocare il tuo tennis”.
E’ stata la svolta. Nel suo team è entrato uno psicologo, anzi, un mental trainer. Il suo aiuto è stato fondamentale. “Prima, ogni sconfitta minava la mia fiducia. Adesso prendo tutto alla leggera”. Per lei è molto importante l’aspetto mentale. Ci sono giocatori che vorrebbero migliorare il servizio o il dritto, mentre lei sogna di raggiungere il top sul piano della calma e della scioltezza mentale. Ci ha impiegato un po’, ma la maturazione è arrivata: a fine 2012 ha vinto due tornei ITF (Clermond Ferrand e Toyota) che l’hanno rilanciata. Adesso va ancora meglio. A Charleston ha ottenuto il miglior risultato in carriera, battendo persino Caroline Wozniacki. Dopo la partita, si è focalizzata nuovamente sull’aspetto mentale: "All’inizio il mio gioco non funzionava perchè ero nervosa. Poi mi sono sentita meglio e ho iniziato a giocare meglio”. Così, come se fosse la cosa più facile del mondo. Sotto 3-1 al terzo, ha vinto gli ultimi cinque giochi. Stefanie sa bene di non poter diventare la nuova Hingis. Però potrebbe avvicinare i risultati di Patty Schnyder e – perchè no – riportare la Svizzera nel Gruppo Mondiale di Fed Cup. L’impresa non è impossibile: tra due settimane, le rossocrociate ospiteranno l’Australia a Chiasso, a pochi chilometri dal confine italiano. Con la Stosur reduce da un infortunio, chi si sente di dare per certa la vittoria delle australiane?
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