Top e Flop di un weekend da ricordare: l’eroismo (vero o presunto?) di Djokovic, Hulk-Berlocq, “No-Brain” Bozoljac, il pianto di Simon, Serie A-Kazakistan e la regia canadese.
Gioia incontenibile per gli argentini, vincitori a sorpresa sulla corazzata francese
Di Riccardo Bisti – 10 aprile 2013
Il tennis è uno sport individuale, ma quando c’è il profumo delle gare a squadre diventa ancora più bello. Lo sanno bene gli appassionati di Coppa Davis e anche quelli che la denigrano, al solito ritornello “è disertata dai migliori”. Forse la qualità tecnica sarà più elevata negli Slam, ma il frullato di emozioni offerto dal Bar Davis ha sapori più forti. Basti pensare al numero di “storie” che ogni weekend tira fuori. I quarti del 2013 non hanno fatto eccezione: nonostante solo un match sia terminato al match decisivo (Argentina-Francia), tutti gli incontri hanno avuto i loro eroi e i loro…bidoni. Fotografiamo la tre giorni di tennis più bella del 2013.
EROI
NOVAK DJOKOVIC
Non sapremo mai dove sta il confine tra eroismo e sceneggiata, ma lui è abilissimo a nasconderlo. Nelle interviste post-match è scoppiato in lacrime, come ad accentuare il dramma di una vittoria che è impresa a metà. Lui dice che nella prima ora e mezza contro Querrey, subito dopo la storta, faceva fatica a stare in piedi. Sarà, ma ha giocato senza problemi. Va incoronato perchè ha ripreso in mano la Serbia ed è stato l’unico top-player a giocare nel weekend, in barba alla “preparazione sul rosso”. Se non vincerà a Parigi non sarà certo per l’incontro di Boise, dove si è adattato perfettamente all’altura.
LUKAS ROSOL
Non era semplicissimo caricarsi sulle spalle il peso dei campioni in carica. Nell’ambiente surreale di Astana, con pubblico e giocatori di due razze diverse, Lukas ha vinto due belle partite in quattro set. Superare Golubev e Korolev in quelle condizioni, al di là delle classifiche, richiede tempra e coraggio. Non eravamo sicuri che lui le avesse. Ci ha smentito in pieno.
CARLOS BERLOCQ
Quasi commovente nel rincorrere tutte le pallate di Tsonga. Ha tenuto per quattro set, poi è crollato. Sconfitta rivalutata dal modo in cui il francese ha preso a calci Juan Monaco. Il capolavoro lo ha fatto contro Gilles Simon. Persino i telecronisti francesi hanno dovuto ammetterlo: “Questo giocatore ha un cuore d’acciaio”. Adesso potrebbe subire il contraccolpo dopo la sbornia di popolarità, ma a 30 anni non ha nulla da perdere nè difendere. Non è escluso che la sua carriera in Davis sia finita qui, ma ha già scritto la storia. Non ci avrebbe mai creduto quando è ripartito da zero, a 28 anni, dopo l’intervento al polso.
MILOS RAONIC
Per lui vale il solito discorso di Rosol, con un paio di distinguo: Milos è stato certamente facilitato dalla sua qualità, soprattutto al servizio. Ma aveva tutto da perdere e deve convivere con pressioni immense: senza di lui, il Canada non vale il World Group. Mica facile. Però è rimasto tranquillo, subendo appena un break in sette set contro Fognini e Seppi e senza mai mostrare un attimo di cedimento mentale. Quello tecnico è arrivato nel terzo set contro Seppi, ma lo ha gestito alla grande.
VASEK POSPISIL
Il ragazzo (che poi non è più tanto ragazzo, ma inganna con la sua baby-face) è uomo-Davis. Per poco non batteva Seppi, ma è stato il migliore in campo in doppio. Tutto pensavamo, fuorchè vederlo tirare la carretta quando Nestor non ne aveva più. Il braccio non gli ha mai tremato. Si esalta nelle difficoltà, gode ad affrontarle. Tanti giocatori sono stati travolti dal Clima-Davis, lui no. Ma dovevamo aspettarcelo, visto che aveva già domato il catino di Ramat Hasharon.
ILIJA BOZOLJAC
Senza parole. Sulla carta, era la nullità di Usa-Serbia, convocato perchè il regolamento impone quattro giocatori. Invece, a 28 anni, si è tolto la soddisfazione più bella in carriera. Ha una visione un po’ naif del tennis, fa gara a chi tira più forte, ma per quattro ore non è uscito dai ranghi. Nel quinto set Zimonjic ha sbandato un paio di volte, mentre lui ha tirato dritto. Forse perchè il tennis è una delle poche attività dove – a volte – è meglio non usare il cervello e giocare di pancia. Senza pensare. Quanto a giocare senza pensieri, Ilija è nella top 10 ATP. Risultato? Gemelli Bryan battuti 15-13 al quinto e Serbia in semifinale. Senza quel punto, difficilmente ce l’avrebbero fatta.
DAVID NALBANDIAN
Merita un posticino tra gli eroi non tanto per la prestazione (comunque ottima) quanto per l’atteggiamento. Tanti volevano che scendesse in campo sul 2-2 al posto di Berlocq. Lui non ha proferito parola, è stato in panchina e ha fatto il tifo, senza polemiche nè invidie. Una risposta a chi pensava che fosse una primadonna, uno spacca-spogliatoio. In Repubblica Ceca tornerà singolarista. Tra quelli che non l’hanno ancora vinta, è il giocatore che più di tutti merita l’Insalatiera. Un campione che ha vinto meno di quanto avrebbe potuto, soprattutto per colpa sua. Ma in Davis ha dato tutto, anche di più.
BIDONI
GILLES SIMON
E’ uscito dal campo tra le lacrime, vittima di una storia umana ancor prima che tecnica. Noi abbiamo scoperto alla vigilia che avrebbe giocato, lui no. E allora perchè farsi dare 3 set a 0 dal cadavere di Monaco? Perchè non dare mai l’impressione di potercela fare contro Berlocq? Se il problema alla caviglia di Richard Gasquet non era così grave, capitan Clement ha sbagliato a farlo fuori. “Gillou”, l’elfo dal tennis che incanta, non è e non sarà mai un uomo Davis. Men che meno nell’inferno di Parque Roca.
IL SISTEMA-KAZAKISTAN
Inutile puntare il dito sui singoli. Forse Golubev ha deluso meno di Kukushkin, e il povero Schukin ha fatto il suo dovere in doppio. Korolev ha perso un match che ci poteva stare. Il problema è che questa squadra non c’entra nulla con la Coppa Davis. Soldi e assistenza in cambio di disponibilità: sembra un qualsiasi contratto di gara a squadre. Kazakistan come il Castellazzo, come il TC Paris, come il Gruen Weiss Mannheim. Non va bene. Le regole lo consentono: tutto sommato, non sarebbe giusto fare una norma ad-personam per ostacolare il Kazakistan, ma che senso può avere una squadra di oriundi di secondo piano? A parte i godimenti personali di Nursultan Nazarbaev…non ne vediamo. Con tutti quei soldi, farebbero bene a costruire qualche giocatore autoctono. Prendano esempio dalla federtennis canadese.
BOB E MIKE BRYAN
Ahi ahi. Erano il “punto sicuro” del team USA, ma non è più così. Per carità, il bilancio resta di 20 vittorie e 4 sconfitte, ma il tempo passa anche per loro. La USTA investe parecchi soldi sullo sviluppo, ma si sono domandati cosa succederà quando non avranno più i gemelloni? Non è che dovranno convocare in Davis il modesto “sindacalista” Eric Butorac? O il colorito James Cerretani, uno che chiede soldi ai fans per andare avanti? Fossimo in loro, non sottovaluteremmo il problema. Bob e Mike hanno dato tantissimo al team yankee e meritano riconoscenza. Ma non ha senso spremerli fino all’ultimo, vuoi perchè rischiano di perdere, vuoi perchè così si soffoca il futuro. Jim Courier abbia il coraggio di cambiare: gli USA sono l’unico top-team che si ostina a portare due doppisti puri.
FABIO FOGNINI
L’Italia non si è comportata male, anzi. Volendo trovare il meno positivo (non certo un bidone), è quasi banale puntare il dito contro il ligure, sconfitto in entrambi i match. Si ricordano gli episodi: il doppio fallo in avvio di tie-break contro Raonic, qualche errore di troppo in doppio e (soprattutto) la risposta sbagliata sulla seconda palla di Nestor quando eravamo a due punti dal match. Fognini è uomo-Davis e sarà un punto fermo per almeno altri cinque anni, ma a Vancouver gli è andato tutto male. Ci aspettiamo grandi cose sulla terra, già a partire da Monte Carlo.
LLODRA-BENNETEAU
Ma come? Erano il punto di forza della Francia, invece si sono sciolti non appena a Buenos Aires sono scomparse le nuvole. La colpa non è tanto per aver perso la partita, quanto per aver dato la sensazione che la Francia sia diventata Tsonga-dipendente. Per una scuola che sforna giocatori a getto continuo e fa dello spirito di gruppo un punto di forza…è un’onta terrificante. Il Progetto-Clement è partito male. Vediamo l’anno prossimo.
LA REGIA CANADESE
La peggiore possibile. Non tanto perchè hanno ritardato l’inizio di un game perchè la TV era in pubblicità, ma per la scarsa qualità e il mediocre tempismo delle riprese. Decine di volte si è perso l’inizio di uno scambio perchè stavano indugiando su un replay o su un primo piano di Barazzutti o Laurendeau. Il regista non era un conoscitore del nostro sport. Unico merito: ci hanno fatto sentire in simbiosi con il capitano azzurro, catturandone lo smadonnamento quando Seppi ha messo fuori un'importante risposta. Al posto di “Barazza”, in quel momento, tutti gli italiani avrebbero reagito così.
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