Un irriconoscibile Hewitt si fa rimontare due set da Gilles Monaco e perde 7-5 al quinto. Ha perso la carica agonistica e il fisico lo sta lentamente abbandonando. Quale futuro per lui?
Lleyton Hewitt è sceso al numero 86 ATP
Di Riccardo Bisti – 26 maggio 2013
I segni e le cicatrici del tempo sono crudeli, impietosi. Lo sanno bene i tifosi di Roger Federer, i cui sogni notturni sono condizionati dalla schiena del loro idolo. Ma lo svizzero non è l’unico ad avere il motore usurato. La prima giornata del Roland Garros, giocata in un clima freddissimo, con spettatori imbacuccati tra maglioni e cappotti, sarà ricordata per la resa di Lleyton Hewitt, coetaneo di Federer e tra gli ultimi esponenti del tennis che fu. In verità, Hewitt non è stato l’erede dei grandi volleatori australiani. Gli ultimi furono Pat Rafter, forse Mark Philippoussis. Ma è stato l’ultimo canguro al numero 1 ATP. E’ arrivato lassù grazie a una tigna e a un coraggio impressionanti. Non mollava una palla, recuperava i punti da dentro la spazzatura. Per questo ha ispirato una viva malinconia il suo match contro Gilles Simon. Intendiamoci, perdere 7-5 al quinto contro l’Elfo francese ci può stare. Non è un disonore. Ma vedevi la partita e avevi di fronte il fantasma dello Hewitt che fu. Nemmeno quando ha rimontato da 0-5 a 5-5 nel quinto, si è avuta la sensazione che potesse farcela. Avevi in mente i ruggiti leonini di qualche anno fa, i “C’moooon!” urlati in faccia agli avversari (che non gradivano: Juan Ignacio Chela arrivò a sputargli addosso), e di quel guerriero è rimasto un gattino impaurito. Non fa più nemmeno il “vicht”, gesto di cui ha rubacchiato (legittimamente) il copyright. I gesti furiosi sono rimasti nel logo della sua maglietta. Le immagini simbolo della resa sono due: la prima è giunta sul 5-5 al quinto, a rimonta ultimata. Simon aveva vinto 14 game su 16 salvo poi perderne cinque di fila, comprensivi di due matchpoint annullati. In alti tempi, Hewitt lo avrebbe incenerito con lo sguardo. Stavolta niente. Un banale pugnetto, come se fosse un giocatore qualsiasi. Ancora più preoccupante il secondo segnale: in 15 anni di carriera, “Rusty” non si era mai sottratto alla lotta. Invece più volte ha cercato di liberarsi dallo scambio con modeste palle corte, tutte perdenti. Resa, tristezza, malinconia.
In verità, la Francia non gli ha mai portato fortuna. Nel 1999, giovanissimo, fu buttato in campo nella finale di Coppa Davis a Nizza. Perse contro Cedric Pioline, anche se poi l’Australia vinse ugualmente l’Insalatiera. Due anni dopo, fu protagonista negativo nella finale di Melbourne. La vittoria contro Grosjean fu bilanciata dalla sconfitta contro Escudè e quella – mortifera – in doppio. Al Roland Garros gli è andata ancora peggio, anche se il suo tennis può adattarsi al Far West della terra battuta. In dodici partecipazioni vanta due quarti di finale (2001 e 2004) e quattro ottavi. Il grande rimpianto riguarda forse il 2004, quando cedette al futuro vincitore Gaston Gaudio. Lo avesse battuto, chissà…poi ha avuto la sfortuna di incappare quattro volte (dicasi quattro!) in Rafael Nadal, e allora tanti saluti. Il problema è che gli interventi chirurgici (anca e piede sono stati martoriati) hanno messo a dura prova un fisico non certo da corazziere. E allora i risultati hanno iniziato a piangere. Quest’anno ha vinto appena sette partite, con l’unico exploit a Indian Wells, quando ha battuto John Isner. Sulla terra aveva giocato solo a Houston (KO contro Alund) e a Nizza (battuto da Andujar) e si è presentato a Parigi da numero 86 ATP. Un insulto, per uno come lui. Contro l'indecifrabile Gilles Simon ha dominato i primi due set. Ha perso il terzo, il quarto, e si è fatto medicare al piede in avvio di quinto. In pochi minuti era sotto 5-0. E' rimasto attaccato al match come a un respiratore artificiale, ma non era il solito Hewitt. Contro Simon avrebbe dovuto dominare sul piano mentale, invece ha concesso al francese gli ultimi due game, senza colpo ferire. Una resa triste e malinconica. Lo scorso novembre, disse che non vedeva il 2013 come ultima stagione. Ma dopo averlo visto oggi, ci domandiamo che senso avrebbe una quattordicesima partecipazione laddove non ha più le armi per essere competitivo.
A proposito di “vecchietti”, Roger Federer ha approfittato nel migliore dei modi di un sorteggio benevolo e ha lasciato sette giochi al giovane spagnolo Pablo Carreno Busta. L’iberico non è mai stato in partita, mentre Roger ha giocato – giustamente – al risparmio energetico. L’unica sorpresa di inizio giornata arriva dalla giovane portoricana Monica Puig, brava a superare Nadia Petrova e fare un favore a Sara Errani, togliendole di mezzo la testa di serie di più alta classifica nella strada verso i quarti. Anche se un ottavo Errani-Petrova sarebbe stato divertente dopo la polemica a distanza di qualche mese fa, quando la Petrova definì “noioso” il tenis dell’azzurra. Benissimo Serena Williams (6-0 6-1 alla Tatishvili) e benino Ana Ivanovic, che ha avuto bisogno di tre set per battere Petra Martic nel match inaugurale sul Campo Centrale.
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