Mentre qui si pensa a Wimbledon, a La Paz c’è il Gruppo 3 di Coppa Davis. Il ritorno di Cuba, le imprese di Honduras e i dubbi esistenziali di una promessa boliviana.
Non diventeranno famosi come il team olimpico di bob, ma anche i ragazzi della Coppa Davis giamaicana sono coloriti e simpatici
Di Riccardo Bisti – 20 giugno 2013
Nel 2006, la nazionale calcistica di San Marino subì una terrificante batosta contro la Germania. Persero 13-0 e ai piedi del Monte Titano scattò una piccola rivolta. Interrogazioni parlamentari, proposte di scioglimento della nazionale. “Perchè dobbiamo andare in giro per l’Europa a fare brutte figure?”. La linea fu respinta e continuano a giocare, anche se perdura una striscia infinita di sconfitte. Perdendo contro l’Italia lo scorso 31 maggio, sono arrivati a 63 di fila. Per molto meno, Cuba ha deciso di mollare la Coppa Davis. Ma adesso i figli di Fidel Castro sono tornati, dopo quattro anni di assenza. Nel 2007, il team cubano era franato nel Gruppo 3, una sorta di Serie D. Nel 2009, a causa del livello troppo basso, hanno deciso di lasciar perdere. Oggi provano a rinascere, e in questi giorni stanno giocando il girone di Davis a La Paz, in Bolivia. Randy Blanco, Williams Dorantes Sanchez e Roberto Cruz Ramos sono tutti privi di classifica ATP, ma il Direttore Tecnico Juan Pino (uno dei migliori tennisti cubani di sempre) li ha ritenuti idonei. Non ci ha visto male, visto che per poco non battevano una delle favorite, il Paraguay, cedendo soltanto 7-5 al terzo nel doppio decisivo. L’isola caraibica non ha partecipato Davis per 28 anni (dal 1959 al 1987, quando il paese aveva ben altri problemi), poi nel 1993 ottenne una clamorosa qualificazione nel World Group. Approfittarono del forfait della Yugoslavia, che da lì a poco si sarebbe sgretolata in tanti piccoli stati. Furono sorteggiati contro la Svezia: Juan Pino e Mario Tabares fecero il possibile contro Edberg, Kulti, Holm e Jarryd, ma il 5-0 fu inevitabile. Così come la batosta nel play-off contro la Russia di Yevgeny Kafelnikov. Iniziò un lento declino, culminato nella mancata iscrizione alle ultime tre edizioni. Negli ultimi 20 anni, si era parlato di Cuba e Coppa Davis soltanto per una vicenda extratennistica. Nel 1997, all’Avana, si presentò il Perù. Sul 2-1 per i peruviani, l’ormai ritirato Jaime Yzaga scese in campo contro Juan Pino ma fu squalificato a inizio terzo set perchè a fine secondo aveva approfittato di un “toilette stop”…per farsi una doccia rigenerante. Neanche l’omaggio del giudice di gara servì, giacchè Americo Tupi Venero battè Lazaro Navarro Batles e condannò Cuba all’ennesima sconfitta.
Il disastro del 2009, quando ci fu una sconfitta anche contro El Salvador, li convinse a mollare. Il ritorno di Cuba ha portato da otto a nove squadre la Serie D della Davis americana. Paraguay, Giamaica, Bolivia, Cuba, Costa Rica, Bahamas, Honduras, Panama e Bermuda sono divise in due gironi, uno da quattro e uno da cinque. Le vincenti di ciascun girone sfideranno le seconde per delineare le due squadre che “voleranno” nel Gruppo 2. Dando un’occhiata alle rose, non si scorge un solo giocatore con un minimo di notorietà. Tutti peones, dilettanti allo sbaraglio che però si nutrono della libidine psicologica di giocare per il proprio paese, con la scritta “BNP Paribas” a bordo campo. Mentre qui si polemizza sulle teste di serie a Wimbledon, a 10.500 chilometri di distanza si consumano storie straordinarie. Come quella della nazionale di Honduras, autrice di un vero e proprio miracolo contro il favorito Costa Rica. I giocatori sono arrivati all’aeroporto di El Alto (a oltre 4.000 metri di altitudine), si sono recati a La Paz, hanno riposato per sei ore, si sono allenati un quarto d'ora e sono stati sbattuti in campo. Eppure hanno vinto, grazie al successo del duo composto da Keny Turcios e Ricardo Pineda, vincitori su Feoli-Roca col punteggio di 7-6 6-3. Il sogno si è stoppato nel match successivo contro Panama, dove nel doppio decisivo è stata fondamentale la presenza del capitano-giocatore panamense John Silva: “Siamo arrivati cinque giorni prima per adattarci all’altitudine – racconta Silva – non è stato facile, ma adesso è tutto ok. Vedrete il vero Panama nella sfida contro Costa Rica. Siamo disposti a morire sul campo, sappiamo che nel nostro paese sono molto contenti per i due successi di fila. Hanno fiducia in noi”.
I favoriti, naturalmente, sono i padroni di casa. Vuoi perchè hanno i giocatori migliori (Hugo Dellien e Federico Zeballos), vuoi perchè sono più abituati all’altura. La Paz è la capitale più alta del mondo, l'aria è incredibilmente rarefatta. Sono partiti bene, superando sia Giamaica che Paraguay nel big match del girone. Adesso sfideranno Cuba per assicurarsi il primo posto. Il team è completato da Boris Arias e Carlos Taborga. Arias, campione sudamericano under 18 nel 2011, sarebbe la grande speranza del tennis boliviano. Usiamo il condizionale per il ragazzo non sa che fare del suo futuro. In questo periodo gioca i tornei universitari negli Stati Uniti (difende la franchigia della Louisiana State University), ma se la cava bene anche con gli esami. Con un nome così, sembrerebbe un predestinato. Si chiama Arias come l’ottimo giocatore americano degli anni 80, uno dei primi prodotti di Nick Bollettieri…e poi c'è quel nome di battesimo, che i genitori Edgar e Rosolia non hanno scelto casualmente. Ancora oggi, non sa se diventerà un tennista. All’Università le cose vanno bene, i voti sono alti e il tennis sembra passato in secondo piano. Per la gioia della mamma, che auspica una carriera diversa, mentre il padre vorrebbe commuoversi per lui nella tribuna giocatori di uno Slam. Al momento di andare all’Università, fu contattato via Facebook da diversi atenei, ne visitò quattro e poi scelse Fresno State. Ma quando i bagagli erano pronti, il coach dell’Accademia lo avvisò che sarebbe andato via, e con lui i due migliori atleti. Nacque così il contatto con la Louisiana, dove condivide la stanza con altri tre ragazzi e difficilmente si stacca dai libri. Ma per la Davis ha fatto un’eccezione. Capitan Mauricio Solis l’ha schierato in doppio contro Giamaica e Paraguay, ottenendo in cambio due vittorie. Chissà che la Davis, la magia della Davis, non riesca a convincerlo a provarci con la racchetta. Se cadi in ginocchio per una vittoria contro i paraguaiani Ramirez-Benitez, vuol dire che hai il tennis nel sangue. Il tennis è anche questo. Ed è bellissimo anche per questo.
Randy Blanco, numero 1 del rinato (?) tennis cubano
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