WIMBLEDON – 26 anni dopo Diego Nargiso, l’Italia torna a vincere a Londra. Gianluigi Quinzi trionfa nel torneo junior e fa emozionare un’intera comunità.
Gianluigi Quinzi si sdraia sull'erba: Wimbledon Junior è suo
Di Riccardo Bisti – 7 luglio 2013
C’è un dettaglio che ci fa essere ottimisti. L’abbraccio, vivo e sentito, che Eduardo Medica ha rivolto a Gianluigi dopo il meraviglioso successo a Wimbledon Junior. E’ sceso dal box giocatori ed è andato a ridosso del campo, accompagnato da moglie Irasema Sandoval (scatenata!) e il figlioletto Sebastian. Come fanno nel suo paese, l’Argentina, dopo il gol di una squadra di calcio: corrono verso recinzioni per esultare e scaricare la loro gioia. In quell’abbraccio abbiamo visto affetto, tanto affetto. Non c’era odore di euro, dollari o pesos. Era la libidine psicologica per aver chiuso il primo pezzo di un percorso insieme. Un percorso ancora lungo e pieno di ostacoli. Volendo fare un paragone ciclistico, lo scalatore Quinzi e l’ammiraglia Medica hanno tagliato il traguardo di un Gran Premio della montagna di terza categoria. L’Alpe d’Huez e il Mortirolo devono ancora arrivare. Ma, insieme, si possono solcare. Tra le tante cose che ci ha detto Diego Nargiso, vincitore di Wimbledon Junior nel 1987, ce n’è una che ci ha colpito. “Quando sei così forte da giovane, devi circondarti di persone che ti vogliano bene, che pensino al tuo interesse e non al guadagno facile o immediato. Lo dico senza problemi: fino ai 25-26 anni, io non ho trovato una figura del genere”. Nell’abbraccio tra Quinzi e Medica abbiamo visto tutto questo. Gioia, occhi lucidi, affetto quasi paterno. In fondo, Medica è già padre. E ha già messo una racchetta nella mano del figlioletto. Un briciolo di quell’affetto paterno è già finito a Quinzi, con armonia e senza gelosie. Né del piccolo Sebastian (figlio di Medica), né di papà Luca e mamma Carlotta (genitori di Gianluigi), che stanno gestendo alla grande la progressiva popolarità del figlio. E’ da quell’abbraccio che Quinzi deve ripartire, è da lì che troverà protezione e sostegno quando arriveranno le difficoltà. Perché, state certi, arriveranno. A tifare per lui c’erano anche Veso Matijas, uomo Lotto che l’ha messo sotto contratto tempo fa, nonché Mosè Navarra, attento e discreto. Tutta gente onesta, pulita, su cui possiamo scommettere a occhi chiusi.
E poi c’è lui, il ragazzo di Porto San Giorgio. Con quello slang marchigiano che ti conquista, gli occhi da bambino nel paese dei balocchi. C’era qualche timore in vista della finale contro il coreano Hyeon Chung, non tanto per il valore dell’avversario (comunque buono), ma per come avrebbe saputo gestire il match più importante della sua giovane carriera. Era un test mentale, più che tecnico. E GQ lo ha gestito alla grande, imponendosi 7-5 7-6 in un’ora e quarantacinque minuti. Il coreano era stato presentato come un giocatore offensivo, che ama presentarsi a rete. In tutto il match, ci sarà andato non più di cinque volte. Forse perché Quinzi gli ha impedito di essere aggressivo, facendolo correre a destra e sinistra. E’ un tipo curioso, questo Chung. Occhialoni da liceale immigrato negli States, gambette rapidissime, un servizio simile a quello di Nalbandian, un dritto scopiazzato a Kei Nishikori e il sostegno di Hyung Taik Lee, miglior tennista coreano di sempre. Sulle maniche, ovviamente, il badge della più famosa azienda coreana nel mondo, la Samsung. Diventerà un buon giocatore perché resta sempre tranquillo. Ovviamente ha ancora i limiti tipici del junior, ma crescerà. Così come Quinzi, il cui tennis di pressione è sempre più robusto. Il servizio? Più ficcante, quasi acrobatico. Il dritto è sempre più velenoso, anche se ogni tanto fatica a trovare la giusta distanza dalla palla. Sul rovescio c’è poco da dire, perché è il “suo” colpo. Dovesse scendere a rete con più frequenza ed efficacia…Sul 4-1 nel tie-break, non ha seguito a rete un bel colpo offensivo e ha perso un punto che avrebbe potuto essere pericoloso. Ma si è riscattato prendendosi il 5-2 con una bella volèe e il 6-2 con un gran dritto incrociato. Pochi secondi dopo era sdraiato sull’erba spelacchiata del Court 1 e pochi minuti dopo la mitica Ann Jones (vincitrice a Wimbledon nel 1969) gli consegnava il trofeo.
Gianluigi era emozionato, quasi in lacrime. Chissà cosa gli passava per la testa. Ci è piaciuto il suo modo di gestire la vittoria. Era sentito, ma non esagerato. C’era la soddisfazione per la bontà del lavoro, ma la consapevolezza che il difficile deve ancora arrivare. Da più parti gli dicono che deve continuare a lavorare e stare con i piedi per terra, evitare le sirene e stare tranquillo. Chissà quante volte ha sentito questa filastrocca. Noi accogliamo con piacere la notizia della wild card al challenger di San Benedetto del Tronto (peraltro a due passi da casa). Non c’è nulla di meglio che un bel bagno di umiltà contro uno “sporco” terraiolo dopo aver annusato il profumo dell’erbetta inglese. Il sogno è stato bello ma, appunto, era solo un sogno. Per trasformarlo in realtà, adesso dovrà ancora lottare. Fossimo in Eduardo Medica, gli diremmo di giocare alla morte contro Nicolas Renavand, 31 anni e numero 248 ATP. E’ da lì che passa il futuro di Gianluigi. Ma siamo certi che lo farà: Medica è lo stesso che, nel 1999, giocò un pazzesco incontro al challenger di Napoli contro il connazionale Sebastian Prieto. Un 7-6 6-7 7-6 che mise a dura prova fisico e coronarie, l’emblema del “Tenis Pobre” teorizzato da Martin Vassallo Arguello. E’ da lì che deve ripartire il tour di Quinzi. E poi Medica gli vuole bene sul serio…
WIMBLEDON JUNIOR – FINALE
Gianluigi Quinzi (ITA) b. Hyeon Chung (COR) 7-5 7-6
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