Oggi Martina Hingis entrerà nella Hall of Fame di Newport. Ma la sua carriera non le ha regalato soltanto vittorie. Noi la celebriamo ricordando il giorno del suo folle esordio nel 1994. 
In questi giorni, Martina Hingis è impegnata con il World Team Tennis americano

Di Riccardo Bisti – 13 luglio 2013

 
A Newport non ci sarà la ressa del 4 ottobre 1994, quando Martina Hingis esordì nel mondo del tennis. Nel giorno in cui la svizzera entrerà nella Hall of Fame, molti ricorderanno il suo tennis, le sue vittorie, le sue lacrime, il primo ritiro, il ritorno…e il ritiro definitivo a causa della cocaina trovata nel suo corpo durante Wimbledon 2007. La Hingis è stata uno dei personaggi-chiave degli ultimi 20 anni, l’anello di congiunzione tra le campionesse degli anni 80-90 (Graf, Evert, Navratilova, Sanchez) e il Power Tennis del 21esimo secolo, inaugurato dalle sorelle Willams e adottato da tutte le altre. Poiché non c’è futuro senza passato, ci piace celebrare la Hingis in modo diverso, ricordando quel folle giorno in cui una bambina di 14 anni entrò a gamba tesa nel mondo del tennis. Un giorno che oggi non potrebbe più ripetersi, ed è una fortuna. Perché la Hingis è stata una grande campionessa, ma non sempre un esempio di comportamento. Le ultime rivelazioni sulle sue avventure extraconiugali sono la punta dell’iceberg di una donna tanto brava sul campo, un po’ meno nella vita di tutti i giorni. E vien da chiedersi se la sua carriera sarebbe stata diversa senza l’incredibile esordio alla Saalsporthalle di Zurigo, dove si giocava un ricco torneo WTA. Il 4 ottobre 1994, Martina aveva compiuto 14 anni da 4 giorni e finalmente poteva diventare una professionista come pianificato da mamma Melanie, che nel 1980 l’aveva chiamata Martina in onore della Navratilova. E non aveva nemmeno sbagliato sport come era successo a Camporese, chiamato Omar dal padre in onore del calciatore Sivori. Quel giorno, Martina si svegliò come sempre nella sua casa di Dornau, al civico numero 17 di Mehrzweckgebude. Alla sera, come se niente fosse, battè l’esperta Patty Fendick, 11 anni di professionismo alle spalle. Se Andre Agassi non avesse vinto a sorpresa lo Us Open, sarebbe stato l’evento dell’anno. 190 giornalisti e 14 TV di tutto il mondo si recarono a Zurigo per ammirare questo fenomeno annunciato. Spintoni, guardie del corpo, esaltazione da grande evento.
 
Prima di scendere in campo, Martina leggeva tranquillamente una rivista in Players Lounge. Accanto a lei c’era Martina Navratilova, che dall’alto dei suoi 37 anni si concedeva una lettura più impegnativa: “Il Piano Infinito” di Isabel Allende. La Navratilova non era d’accordo sul farla diventare professionista così presto. “Ma chi sono io per dirlo?”. In effetti, la Hingis del 1994 tradiva tutta la sua gioventù. Le piaceva andare a cavallo con il fido Shubidu, ascoltare Mariah Carey al walkman o guardarsi i poster di David Hasselhof. In verità, nessuno pensava che una 14enne dovesse diventare una professionista del tennis, a maggior ragione dopo che Jennifer Capriati era stata beccata a rubacchiare in un supermercato e a fumare marjuana. Nessuno a parte il colosso IMG, che le aveva già trovato un mucchio di sponsorizzazioni: Yonex, Sergio Tacchini, addirittura la Opel (quattro anni prima che potesse prendere la patente!). Mamma Melanie la pensava come i manager americani. “Abbiamo lavorato 10 anni per tutto questo. E’ un naturale sviluppo”. Lei ripagò battendo 6-4 6-3 la Fendick. “Ma non sono sorpresa: ho già battuto giocatrici più forti di lei” disse con il sorriso, mostrando un apparecchio ai denti che la rendeva ancora più bambina. E anche la sconfitta al turno successivo (6-4 6-0 contro la n. 5 WTA Mary Pierce) fu decisamente onorevole. Secondo Phil de Picciotto, manager di Steffi Graf, quella Hingis valeva già un posto tra le top 30. E’ curiosa, la storia del torneo di Zurigo, peraltro scomparso qualche anno fa. Sempre in Svizzera, quando non aveva ancora 14 anni, Jennifer Capriati raggiunse la finale al suo primo torneo WTA. Nel 1994, si sprecavano i paragoni tra Jennifer e Martina. “Saprà diventare una campionessa o si brucerà anche lei?”. La storia ci ha detto che Martina ha vinto di più, ma le similitudini ci sono state. “Lei è solo una persona – cinguettava quel 4 ottobre – nella classifica WTA ci sono migliaia di altre ragazze”.
 
L’esordio della Hingis fu solo parzialmente oscurato da una minaccia che proveniva dagli States. Il giorno prima di Hingis-Fendick, gli organizzatori del torneo di Oakland annunciarono la wild card a una giovanissima Venus Williams, anche lei 14enne. “E’ una follia!” disse papà Richard, pur sottolineando che “Mia figlia prende le sue decisioni in piena autonomia”. Preoccupata dal fenomeno delle baby-prodigio, la WTA corse ai ripari: dal 1995, le 14enni non avrebbero potuto giocare alcun torneo professionistico e nell’età tra i 15 e i 17 sarebbero state introdotte gradualmente nel circuito maggiore. Martina e Venus, esordienti nel 1994, furono esentate da questa norma. Anne Person Worcester, CEO WTA dell’epoca, disse che nessuno era felice di questo fenomeno. “Prometto che offriremo consulenza psicologica e assistenza medica a queste ragazze. Sarà molto importante farle giocare in modo cauto e attento. Abbiamo imparato molto dai casi di Tracy Austin, Andrea Jaeger e Jennifer Capriati”. La Hingis se ne fregava. Era a suo agio con le giocatrici, era ancora più a suo agio davanti alle telecamere. Forse perché aspirava a diventare una modella. Non ha mai avuto il fisico e non ce l’ha fatta, nemmeno per osmosi, quando qualche anno dopo giocò il doppio con Anna Kournikova. “E’ molto matura” si avventò a dire Damir Keretic, l’uomo che le aveva messo dietro IMG.
 
Martina è cresciuta a Roznov, in Slovacchia. A tre anni già sciava, poi mamma Melanie le ha messo in mano la prima racchetta. A cinque anni ha giocato i primi tornei, a sei la mamma si separò con papà Karoli e si trasferì in Svizzera dopo il matrimonio con Andreas Zogg, un tecnico informatico. Il fenomeno-Hingis incuriosì perché, in apparenza, non c’era chissà quale fanatismo. Martina si allenava 2 ore al giorno, stando attenta al servizio perché aveva già male a una spalla. Per il resto andava a scuola ed era brava in matematica. Senza contare la passione per i cavalli, tanto da passare in sella quasi lo stesso tempo che dedicava al tennis. E qualcuno già temeva un epilogo come quello di Maureen Connolly, la prima donna a ottenere il Grande Slam, costretta al ritiro proprio a causa di una caduta da cavallo. Oltre ai cavalli, nuotava, sciava…e giocava di puro istinto. Lo stesso istinto che l’ha portata a vincere cinque tornei del Grande Slam (più nove in doppio), un mucchio di tornei e ottenere diversi record di precocità. Nel 1997 vinse tre Slam su quattro, perdendo soltanto al Roland Garros contro Iva Majoli. Nel 1999 arrivarono le prime crepe: perse una clamorosa finale del Roland Garros contro la Graf, poi l’arrivo delle sorelle Williams (e il ritorno della Capriati) le tolsero gloria e primati. Problemi a entrambe le caviglie la obbligarono al ritiro ad appena 22 anni, mentre collezionava fidanzati come noccioline: il golfista Sergio Garcia, il calciatore Sol Campbell, i colleghi Magnus Norman, Ivo Heuberger, Julian Alonso e Radek Stepanek. Nel 2005 è tornata, vincendo qualche torneo ma senza mai essere veramente pericolosa per le più forti. Fino alla positività alla cocaina che rivelò un’esistenza non così felice. Dopo il ritiro, ha continuato a finire nelle pagine di cronaca rosa: nel 2010 avrebbe dovuto sposarsi con l’attore Andreas Bieri, ma i due ruppero poco prima del matrimonio. Che poi sarebbe arrivato con Thibault Hutin, 6 anni più giovane, che in questi giorni ha rivelato di essere stato tradito più volte. Forse perché voleva prendersi una rivincita morale poche ore prima che Martina pronunciasse il suo discorso davanti al pubblico della Hall of Fame. Sono passati 19 anni e tante avventure: Martina finisce nella galleria di campioni e sul campo lo ha meritato. Ma la sua storia ci fa capire che non esiste fanatismo a buon fine. Quell’esordio a 14 anni fu una forzatura, ne ha segnato l’esistenza. Quando un genitore vuole lanciare una figlia tra professioniste, dovrebbe ricordarsi quello che è successo alla Hingis. E, conto in banca a parte, certe voglie gli passerebbero in fretta. Ammesso che voglia bene alla propria figlia.