Eccezionale accoppiata per il ligure: dopo Stoccarda, vince anche ad Amburgo annullando tre matchpoint a Delbonis. Adesso può sognare un clamoroso ingresso tra i top 10. 
Fabio Fognini in ginocchio sul campo centrale del Rothenbaum Club: Amburgo è sua!

Di Riccardo Bisti – 21 luglio 2013

 
E' una bella storia, in cui puoi metterci dentro un mucchio di retorica. Un italiano che spadroneggia in Germania, dando una piccola soddisfazione ai connazionali che vivono in un paese non sempre ospitale. E anche una piccola rivincita per tutti coloro (e sono tanti) che vedono nell’euro la trasposizione del marco tedesco in giro per l’Europa. Lasciando perdere i significati extra-sportivi, i trionfi di Fabio Fognini hanno rivoltato come un calzino la storia recente del nostro tennis. Semplicemente, il trionfo all’ATP 500 di Amburgo è il più importante negli ultimi 36 anni. La vittoria di Omar Camporese a Rotterdam nel 1991 fa più impressione perché in finale battè Ivan Lendl, ma il fatto che l’avversario di Fognini si chiamasse Federico Delbonis non sminuisce il trionfo di Fabio. Intanto perché l’argentino aveva battuto Roger Federer in semifinale, mostrando un tennis che vale (molto) più della 114esima posizione. E poi c’è un discorso di prospettiva: con questo risultato, Fabio entra di slancio nei top-20 e sarà addirittura 13esimo nella Race stagionale. Se è vero che Camporese era più giovane di lui, non ha saputo confermarsi ad altissimi livelli, anche a causa di un grave infortunio al gomito che ne ha troncato la carriera. E poi Omar, braccio d’oro, pagava una certa indolenza verso il sacrificio. Al contrario, Fognini non ha mai avuto paura di allenarsi duramente. Ha pagato qualche difetto caratteriale, emerso anche nella finale di Amburgo, ma non ha problemi a stare in campo per ore e ore. Altrimenti non si sarebbe trasferito in Spagna anni fa, laddove si respira l’aria della fatica e del sacrificio, lontano dalla sua bella villa in riva al mare.
 
I sacrifici hanno pagato in una finale durata quasi due ore e mezza, in cui si è imposto 4-6 7-6 6-2 su Federico Delbonis, ex promessa del tennis argentino (qualche anno fa si poteva ipotizzare un passaggio di consegne tra “Delpo” e “Delbo”, giocando con il suo cognome e quello di Juan Martin Del Potro) che si era un po’ perso. Adesso è tornato su buoni livelli e festeggerà il best ranking. A sostenerlo, oltre al coach Gustavo Tavernini, c’erano i manager Jorge Brasero e Olindo Giacobelli, italiano ex pilota di Jaguar, in passato nell’orbita di Gaston Gaudio, Mariano Puerta e più recentemente Simone Bolelli. Delbonis utilizza schemi semplici, quasi grezzi. Tira tutto con il dritto e il rovescio: come gestualità, ricorda un po’ il tedesco Andreas Beck, come potenza lo si può accostare a Magnus Gustafsson, svedese che tirava una terrificante sbracciata di dritto. Con queste armi, aveva superato Fernando Verdasco nei quarti e Roger Federer in semifinale. E’ stato ad un passo dal farcela anche contro Fognini, quando nel tie-break del secondo set ha avuto tre matchpoint. Il primo grida vendetta: sul 6-5 ha seguito a rete lo slice mancino, ma ha affossato una facile volèe a campo aperto. Sul secondo, Fognini è stato perfetto ad aprirsi il campo con il dritto e a chiudere con il colpo successivo. Delbonis recrimina anche per il terzo, dove un dritto aggressivo ha toccato il nastro ed è rotolato in corridoio. Un po’ di fortuna c’è stata, ma Fognini ha avuto il merito di restare lì, senza “sbracare” quando nel secondo set sono tornati i fantasmi del passato. Aveva appena perso il primo (dove era stato bravissimo Delbonis) e preso un break di vantaggio in avvio. Nel secondo game, gli hanno comminato un warning per perdita di tempo. In realtà, Fabio aspettava che gli arrivasse una racchetta incordata. Ha protestato a lungo e il vecchio “sé” si è impossessato di lui fino al 6-4 4-1. Quando il segnale ha abbandonato la diretta di SuperTennis per una ventina di minuti, è iniziata la riscossa. Fognini ha ripreso a giocare bene, mettendo in un angolo i pensieri cattivi e rimettendo in sesto il set. Ha tenuto il servizio sul 4-5 e sul 5-6, poi ha vinto miracolosamente il tie-break.
 
Il terzo è stato una passeggiata, con Delbonis sempre più sfiduciato. Per Fognini è la decima vittoria consecutiva, il primo trionfo back-to-back per l’Italia dopo 37 anni. L’accoppiata Roma-Parigi di Adriano Panatta era un’altra cosa, ma la portata storica resta. L’ultimo a giocare due finali consecutive era stato Francesco Cancellotti nel 1984 (vittoria a Palermo e finale a Bordeux). Fognini entra a gamba tesa nella storia del nostro tennis, perché a 26 anni è entrato nel pieno della maturità e può crescere ancora, magari acciuffare quei top 10 che ci mancano da una vita. D’altra parte, se Tommy Robredo, Rainer Schuettler e Jiri Novak sono stati numero 5, perché Fabio non può arrivare al 10? Nel braccio e nei muscoli non gli manca nulla, e le pecche che lo hanno tenuto per cinque anni intorno al numero 50 sembrano essere alle spalle. E quando ritornano vengono cacciate via in tempo. Un anno fa, sotto 6-4 4-1, Fognini avrebbe “sciolto” il prima possibile per infilarsi sotto la doccia e volare nell’amata Umag. Invece ha continuato a lottare, come fanno i campioni. Ed è stato premiato dalla fortuna. E’ proprio vero: la fortuna viene in soccorso di chi se la va a cercare. Fabio ha smesso di crogiolarsi nel vittimismo e ne sta cogliendo i frutti. L’Italia ha trovato un campione che può durare almeno altri 4-5 anni. E offre mille motivi per essere ottimisti.
 
ATP 500 AMBURGO

Finale

Fabio Fognini (ITA) b. Federico Delbonis (ARG) 4-6 7-6 6-2