IL CASO – La Cassazione conferma la sentenza del Consiglio di Stato, che aveva definito inammissibili i ricorsi di Claudio Pistolesi. Finita? Leggete il comunicato del coach romano… 
Claudio Pistolesi: "Non finisce affatto qui"

Di Riccardo Bisti – 10 agosto 2013

 
La Corte di Cassazione si è espressa, con pronunciamento dello scorso 20 luglio, sul ricorso presentato da Claudio Pistolesi nella sua lunga vertenza con la FIT, in particolare sul tema dell’insegnamento del tennis. E’ stata confermata la sentenza del Consiglio di Stato, in cui veniva riconosciuta alla FIT l’esclusività dell’insegnamento del tennis nel nostro paese, almeno nei circoli affiliati. La vicenda è stata lunga, complicata e piena di colpi di scena. La ripercorriamo rapidamente: la rottura risale all’autunno 2008, quando Simone Bolelli (allora allenato da Pistolesi) decise autonomamente di non giocare Italia-Lettonia di Coppa Davis. Si scatenò il finimondo: si parlò di “sputi alla bandiera”, “squalifiche a vita” e promesse di non vedersi mai più. Un paio di mesi dopo, in un incontro con alcuni giornalisti a Roma, Bolelli e Pistolesi consegnarono la tessera FIT e proseguirono la loro attività senza alcun supporto federale. Ma le loro strade professionali si sono separate il 21 maggio 2009. Bolelli è tornato sotto l’ala federale, tanto che da allora non salta un match di Davis, mentre Pistolesi ha dato un respiro sempre più internazionale alla sua attività di coach (è l’allenatore italiano con maggiore considerazione all’estero, nonchè rappresentante dei coach nel board ATP). Nel frattempo, ha portato avanti una battaglia legale per difendersi da una sentenza della Corte Federale che lo condannava a 18 mesi di squalifica a 10.000 euro di multa per i fatti di fine 2008, in particolare per “Affermazioni pubbliche gravemente offensive espresse nei riguardi della FIT e del suo Presidente”. Senza più alcuna qualifica federale, Pistolesi si è rivolto al TAR del Lazio e nel dicembre 2010 ha avuto soddisfazione con una sentenza-bomba, che ha dichiarato illegittima l’esclusività dell’insegnamento di maestri FIT nel circoli italiani ed ha annullato la sentenza della Corte Federale, esponendo al pubblico ludibrio l’operato della Procura Federale, che nella sentenza venne definita così: "Il comportamento sia dell’'accusa (Procura Federale, ndr) che del giudicante (Corte Federale, ndr) è di assoluta gravità perché assunto in totale indifferenza per principi elementari di diritto processuale, il che induce a ritenere non arbitraria la tesi del ricorrente di un premeditato intento di danneggiarlo definitivamente sul piano professionale, ingigantendo con affermazioni apodittiche e con il ricorso a metodi scorretti di acquisizione delle prove una vicenda che andava risolta sulla base del comune buon senso".
 
Dopo la sentenza del TAR, La FIT ha immediatamente fatto ricorso al Consiglio di Stato, trovando soddisfazione in una sentenza del gennaio 2012. Va detto che i Giudici, in questo caso, non sono entrati nel merito delle vicende ma si sono occupati soprattutto dell’aspetto giurisdizionale, dando ragione alla FIT sul punto a cui teneva più: l’insegnamento. Il ricorso di Pistolesi venne definito “inammissibile e in parte irricevibile”. Il Consiglio di Stato attribuì alle federazioni sportive la competenza in materia di insegnamento “rafforzando la lotta all’abusivismo e garantendo la qualità dell’addestramento certificato dalle istituzioni sportive”. La sentenza del Consiglio di Stato, inoltre, ribadì la totale autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello ordinario (quello a cui si rivolse Pistolesi, anche se lui sostenne di averlo fatto perché, in quanto non tesserato, non poteva rivolgersi alla Giustizia Sportiva. Inoltre, Pistolesi ha sempre detto di non sapere che c’era un procedimento nei suoi confronti. “Nel 2008 fui chiamato a testimoniare per il procedimento a carico di Bolelli. Quando ho consegnato la tessera FIT non sapevo che c’era qualcosa del genere nei miei confronti"). In sintesi, la nuova sentenza ha legittimato il Regolamento dei Tecnici FIT in cui è vietato l’insegnamento “abusivo” del tennis nei club affiliati alla federazione. E’ un argomento di difficile lettura: in linea di principio è giusto che un club, affiliandosi alla federazione, debba rispettare le norme della stessa. E la FIT ha interesse e legittimità a volere i propri maestri nei circoli affiliati. Tuttavia, almeno fino a quando la professione di “Maestro di Tennis” non sarà ufficialmente riconosciuta in Italia (manca un albo come invece hanno, per esempio, i maestri di sci), l’argomento si presterà sempre a contraddizioni. Per intenderci: chi insegna in un club affiliato alla FIT senza essere “certificato”, ma lo fa con regolare fattura, non commette nulla di illegale ma va “soltanto” contro i regolamenti FIT, che essendo “ordinamento sportivo” hanno tutela giuridica di totale indipendenza come certificato dagli articoli 2 e 18 della Cassazione. A quel punto, la sanzione è legittima. Ad ogni modo, la FIT si sta muovendo con forza per “legalizzare” la posizione di vari insegnanti che non erano sotto l’egida federale, stringendo accordi con altri enti, tra cui PTR e AICS, per uno “scambio titoli” (previo il superamento di corsi ed esami). Manca la UISP. Tuttavia, un istruttore UISP può insegnare in un circolo affiliato FIT, a patto che il club abbia anche l’affiliazione UISP. Tuttavia, in questo caso, il club non è incentivato a farlo poichè l’affiliazione costa molto di più se non è esclusiva alla FIT (e agli enti con cui ha stretto accordi). Per intenderci, affiliarsi alla FIT costa 300 euro. Se però si garantisce l’esclusività alla federazione, il costo scende a 100 e diventa addirittura 50 se oltre all’esclusività c’è l’adesione a “SuperTennis Club”. In altre parole, l’insegnamento di un tecnico UISP nei circoli FIT non è vietato ma è disincentivato. Qualche anno fa, Luciano Botti (vicepresidente PTR, Professional Tennis Registry) ci disse: “Non essendo la professione di maestro disciplinata giuridicamente, la FIT ha nel suo Statuto una regola contraria alle leggi ordinarie: obbliga i circoli a far insegnare i soli maestri diplomati FIT. Gli altri, dunque, sono impossibilitati a lavorare. Molti circoli si mettono a posto come possono, magari facendo fare i corsi per Istruttore di Primo Livello, che in teoria potrebbe insegnare solo il mini-tennis”. In teoria, perché la norma veniva costantemente disattesa. Botti raccontava che nei casi più estremi il maestro potrebbe presentare un’istanza al Garante del Libero Mercato. Gli chiedemmo se era mai stato fatto: “C’è stata una situazione simile nella Federazione degli Sport Equestri, che è stata condannata a modificare due articoli dello Statuto”. I nuovi aggiustamenti sembrano aver risolto la questione su un piano strettamente legale.  
 
E Pistolesi? Appena appreso della sentenza, lo abbiamo contattato. In questo momento, il coach romano si trova negli Stati Uniti e allo Us Open si riunirà con Aljaz Bedene, giovane sloveno nell’orbita del team di Dirk Hordorff, che Pistolesi segue part-time per una decina di settimane l’anno. Claudio ha preferito non rilasciare dichiarazioni, rimandandoci a un comunicato preparato subito dopo la sentenza. Eccolo, nella sua integralità:

“Aspettando, come è d'obbligo, le motivazioni, il dispositivo della sentenza – nella sua contraddizione tra la dichiarazione di inammisibilità e la compensazione delle spese – rivela esemplarmente gli imbarazzi in cui si dibatte la Giustizia Italiana di fronte a questioni che attengono a diritti fondamentali. Non finisce affatto qui: potrebbe essere un'altra occasione per le Corti Europee di rammentare all'Italia l'indisponibilità di principi basilari. Resto ampiamente appagato dalla sentenza del TAR che è definitivamente l'unico tribunale ordinario in Italia ad essere entrato nel merito dei fatti che mi erano stati contestati, che ricordo con piacere aveva schiaffeggiato giuridicamente la FIT e il suo presidente Binaghi. In ogni caso il cambiamento al vertice del CONI mi lascia aperta una speranza per il futuro”.

Leggendo il comunicato si evince una notizia: la vicenda processuale non è finita. Se in Italia non si potrà andare oltre, esiste la possibilità di rivolgersi a una Corte sovranazionale (e in Europa ce ne sono diverse). La frase “Non finisce affatto qui: potrebbe essere un'altra occasione per le Corti Europee di rammentare all'Italia l'indisponibilità di principi basilari” non è esplicita ma è piuttosto chiara. Ci vorrà ancora tempo, ma aspettiamoci ulteriori sviluppi su una delle vicende più spinose nella storia del tennis italiano.