US OPEN – L’orgoglio non basta. Il motore depotenziato di Venus Williams viene superato anche da Jie Zheng. Ma nessuno potrà toglierle il sorriso più sportivo degli ultimi 20 anni.
Nello sguardo di Venus Williams non c'è mai stato spazio per odio e disprezzo
Di Riccardo Bisti – 29 agosto 2013
Quando Venus Williams si ritirerà, sarà un giorno colmo di tristezza. Al di là di quello che ha fatto come giocatrice (sette Slam, numero 1 WTA), ha una qualità quasi unica: il rispetto assoluto per l’avversaria. E la capacità di sorridere alla stretta di mano, qualunque sia il risultato. Un sorriso splendido: nonostante i 13 anni di differenza, farebbe concorrenza a quello di Sloane Stephens, scelta come testimonial per un prodotto sullo sbiancamento dei denti. Tutti, persino Ivan Lendl, sono capaci a mostrare i denti quando si vince. E’ meno banale farlo quando si perde. Saper perdere è una delle cose qualità più importanti di un tennista. In fondo, tutti i tennisti sono perdenti. L’ha detto John McEnroe, alludendo al fatto che tutti – nessuno escluso – intascheranno decine di sconfitte. David Ferrer gli ha dato ragione. Parlando con gli studenti dell’Università di Valencia, disse: “E’ da 14 anni che provo a prendere serenamente le sconfitte, ma non ci riesco”. Non sappiamo cosa faccia Venus nel silenzio dello spogliatoio o sotto il rumore della doccia, ma il suo sorriso alla stretta di mano è una delle cose migliori del tennis odierno. Perchè essere Venus è bello, ma neanche così semplice. Soprattutto da qualche anno, quando l’assioma “Sorelle Williams” è andato via via sfumando. Adesso sono due entità separate: c’è la possente Serena, la più forte di tutte, forse di sempre. Ma è anche quella che si fa squalificare perchè le chiamano un fallo di piede, oppure vomita tutto il suo disprezzo a una giudice di sedia. E poi c’è Venus, sempre più indietro, sempre più vulnerabile. Un ragazzo capisce di essere invecchiato quando i suoi idoli sportivi sono più giovani di lui; un campione di tennis si rende conto di non essere più lui quando le sue sconfitte non fanno più notizia. Ed è quello che accade a Venus da almeno un paio d’anni, da quando la Sindrome di Sjogren ha fatto irruzione nella sua vita.
Per questo, il 6-3 2-6 7-6 con cui ha ceduto a Jie Zheng non dovrebbe essere così clamoroso. Ma ogni volta che la vediamo giocare scorrono i brividi, perchè non sappiamo per quanto la vedremo ancora. In un periodo in cui arrivano ritiri-shock, c’è sempre il timore che Venus stia meditando la clamorosa decisione. Chissà cosa le sarà passato per la testa dopo un match folle, giocato sul campo intitolato a Louis Armstrong, in una giornata incarognita dall'acqua. La pioggia, ormai, fa parte dello Us Open. Dal 2017 non sarà più così, almeno per il campo centrale. L’incontro è iniziato a ora di pranzo, è terminato a ora di cena. In mezzo, tanta acqua e tre ore di tennis non entusiasmante ma pieno di emozioni. La gente capiva i significati e le storie dietro questo match. Ed era tutto per Venus, con il suo abitino “Eleven” e gli improponibili capelli fucsia. Dello stesso colore anche il vestito della Zheng. Di solito si parla di “fifa blu”: Stavolta, la paura di entrambe le giocatrici si è canalizzata su un altro colore. Venus ha dato tutto quello che aveva, con un coraggio leonino. Non deve essere facile, per chi è abituata a guidare una Ferrari, accontentarsi di un’utilitaria che ha costante bisogno di benzina. Purtroppo per lei, il suo corpo è diventato così da quando ha contratto una malattia autoimmune e quindi vigliacca.
Il terzo set è stato un frullato di emozioni. La Zheng ha cercato di restare calma, pur incitandosi con vari “Come On” (proprio lei, che parla maluccio l’inglese). Avanti 3-0 e poi 4-1 (con due palle break del 5-1), il suo tennis frenetico sembrava sufficiente a vincere senza patemi. Ma anche i cinesi hanno sentimenti. Dietro il muso giallo, impassibile, si nasconde un cuore come gli altri. E allora sono fioccati gli errori che hanno consentito a Venus di rimettersi in gara, peraltro con alcune giocate di pregevole fattura. Al tie-break, mentre gli aerei rombavano sopra Flushing Meadows come succedeva prima dell’ordinanza di David Dinkins, ex sindaco di New York, che pensò bene di imporre rotte alternative per l’aeroporto di La Guardia, Venus ha mostrato ogni sua debolezza. 1-0, 1-4 e faticosa rimonta fino al 5-5. A quel punto, la vecchia Venus avrebbe azzannato la partita. Invece ha sbagliato una clamorosa volèe sopra la rete (sacrilegio, per chi ha vinto cinque Wimbledon!) e ha regalato il successo alla Zheng con un’anonima risposta in corridoio. Una desolazione mitigata dalla capacità di sorridere alla sua avversaria anche dopo l’ennesima delusione, e dal timido “I’m sorry” pronunciato dalla Zheng durante l’intervista sul campo. Venus è fuori, viva Venus. Sperando che abbia voglia di giocare ancora un po’. Per togliersi ancora qualche soddisfazione, ma per quel sorriso che ha molto da insegnare a tante vipere che affollano il circuito WTA.
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