US OPEN – L’azzurro fallisce gli ottavi perdendo in cinque set contro Denis Istomin, un laureato che si fa allenare dalla madre e ascolta musica classica. Troppe occasioni sciupate. 
Andreas Seppi ha ceduto in cinque set all'uzbeko Denis Istomin

Di Riccardo Bisti – 2 settembre 2013

 
Diventare l’unico italiano (di sempre!) a raggiungere gli ottavi in tutti gli Slam era un grande obiettivo. Perchè, onestamente, la generazione odierna non può paragonarsi ai campioni degli anni 70 e nemmeno ai pionieri, dagli anni 20-30 di Uberto De Morpurgo e Giorgio De Stefani agli anni 50-60 di Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola. Per questo, Andreas Seppi ha affrontato Denis Istomin con un pizzico di motivazione in più. Ma non è bastato: sul Campo 17 di Flushing Meadows, inaugurato qualche anno fa, si è consumata un’altra delusione per il tennis italiano. Nel 2011, Flavia Pennetta fallì la semifinale al fotofinish. Chissà se Andreas è superstizioso e pensa che il numero 17 porti sfortuna. Da noi è così, in America no. Dalle loro parti è il 13 ad essere associato alla malasorte. Anche per questo, Andreas deve prendersela solo con se stesso. Perchè ha sciupato una montagna di occasioni in 3 ore di partita, chiuse con il punteggio di 6-3 6-4 2-6 3-6 6-1. Per l’ennesima volta, dunque, è finita al quinto. Per due volte ha sorriso Seppi, per due volte Istomin. Ed è giusto così, perchè l’uzbeko ha mostrato qualcosa di più nel corso dell’estate americana. E merita un posto negli ottavi, dove dovrebbe essere sconfitto da Andy Murray (vincitore in tre set su Florian Mayer). Ma quella di Istomin è una storia interessante, che merita di essere raccontata. E non solo per il terribile incidente che ha rischiato di aver messo fine alla sua carriera.
 
Tutti sanno che nel 2001, mentre si recava a un torneo future, ebbe un incidente stradale nel suo Uzbekistan. Rischiò di morire, se la cavò con un ginocchio sbriciolato e tre mesi d’ospedale. Per ricucirlo, ci vollero ben 80 punti di sutura. Avrebbe dovuto essere felice per essere rimasto in vita, invece pensava di riprendere, spinto dall’energica madre, quella Klaudiya Istomina che ancora oggi è la sua allenatrice. E allora si (ri)apre il dibattito sulle poche, pochissime donne che hanno allenato nel circuito ATP. Il pioniere è stato Jimmy Connors, che deve moltissimo a mamma Gloria e a nonna Bertha, anche se il loro supporto si è limitato soprattutto ai primi anni. Donald Young ha lavorato a lungo con la madre, Illona, così come mamma Rausa è stata fondamentale per Marat Safin prima che il russo spiccasse il volo. Coach donne? Il caso più famoso è quello di Tatiana Naumko, a lungo allenatrice di Andrei Chesnokov. Tuttavia, ci sono stati i casi estemporanei di Amelie Mauresmo (per qualche tempo nel team di Michael Llodra) e di Billie Jean King, che tra le sue mille attività ha anche seguito l’elegante Tim Mayotte negli anni 80. Il rapporto tra Denis e Klaudiya è indissolubile: fu lei a dargli forza nel lungo periodo di stop, ed è lei ad averlo formato come giocatore. L’altra grande fonte di ispirazione per Istomin arriva sempre dalla sua famiglia, da quel Mikhail Istomin (suo zio) che fa il violoncellista negli Stati Uniti. Non è un caso, che il buon Denis sia un appassionato di musica classica. E nemmno che abbia preso la laurea in Educazione Fisica nel giugno 2011.
 
Insomma, un ragazzo a posto. Uno che sa prendere con spirito quello che gli succede. Ad ogni tornei, per esempio, gli danno da compilare il modulo per far accreditare sua madre come accompagnatrice. “Veramente lei è la mia coach” è costretto a ripetere. Qualche anno fa, un campo secondario del torneo ATP di Washington fu invaso di curiosi perchè Istomin palleggiava con Donald Young, sotto lo sguardo vigile delle due madri. La gente osservava e non capiva. Spesso gli sguardi sono di stupore: “Non credo che sia un problema – dice Istomin – sono felice che mia madre sia la mia allenatrice, perchè lei vuole i miei risultati e non i miei soldi. Lavora con me perchè sono suo figlio. Abbiamo una splendida relazione e ci capiamo al volo”. Istomin è nato a Orenburg, in Russia, ma si è spostato a Tashkent quando aveva appena tre anni. “Mia madre fa quello che fanno tutti gli allenatori. Palleggia con me, cerca di sistemare la mia tecnica, la tattica, tutto il resto. Mi aiuta anche sul piano mentale. Se le cose non vanno bene, mi incita a non preoccuparmi e a non mollare”. L'unica controindicazione? A volte devono condividere la stanza d'albergo: "Così non posso portarmi ragazze in camera! – scherza Istomin – ma va bene così, visto che la mia fidanzata è a Tashkent". Mamma Klaudiya è un’ex giocatrice, e ha iniziato a seguire il figlio quando lui era un junior. “Ho iniziato perchè l’ha voluto lui – racconta – avevo sempre seguito giovani maschi, quindi è stato naturale passare al circuito ATP”. L’anno scorso è arrivato al numero 33 ATP, mentre adesso è sceso in 65esima posizione. Dopo l’ottimo risultato allo Us Open tornerà a salire. Ma dopo l’incidente di 12 anni fa, Denis continua a credere che ogni risultato sia un dono del cielo. Che sia il primo turno di un challenger o il terzo turno di uno Slam, con 70.000 dollari in palio.
 
LA PARTITA
Seppi ha molto da recriminare, anche nel quinto set, nonostante lo abbia perso 6-1. Nel primo set ha avuto un terribile passaggio a vuoto, un parziale di 12 punti a 0 che ha portato Istomin sul 5-2. Nel secondo ha sciupato un break di vantaggio con un brutto game, e poi è stato disastroso nel quinto. Sull’1-1, ha avuto tre palle break consecutive (0-40 sul servizio di Istomin), di cui almeno un paio sciupate malamente. Nel game successivo ha subito un brutto break (sbagliando una volèe a campo aperto). L’ultima chance è arrivata nel game successivo, dove ha avuto altre tre palle break (di cui due consecutive). Quando sprechi così tanto, è giusto perdere. Soprattutto se il tuo avversario può ottenere un buon numero di punti gratis con il servizio. A onor del vero, va detto che Istomin ha chiesto un fastidioso medical time-out in avvio di quinto. Ormai è un classico nelle sfide contro Seppi. Ma dare la colpa della sconfitta a questo sarebbe una scusa. E Seppi lo sa.