Difficilmente si creano amicizie nel circuito, soprattutto tra le donne. Mostrare i propri sentimenti è spesso considerato sinonimo di debolezza. Tra gli uomini è diverso.
La gelida stretta di mano tra Radwanska e Lisicki a Wimbledon
Di Gianluca Roveda – 5 settembre 2013
La vigilia di Wimbledon è stata colorata dalla polemica a distanza tra Serena Williams e Maria Sharapova. Le due si sono mandate un paio di frecciate, tirando in mezzo i rispettivi fidanzati. Prima dello Us Open, invece, c’è stato un vivo dibattito sui presunti attriti tra Serena Williams e Sloane Stephens. A dispetto delle frasi distensive, l’intervista della Stephens con il magazine di ESPN (pubblicata a maggio) non è andata giù a Serena, definita “fredda e non solidale”. E molti hanno il sospetto che le frasi di ammirazione reciproca fossero studiate per disinnescare una situazione che stava diventando imbarazzante. In verità, nel tennis femminile, l’assenza di amicizia sincera è uno degli argomenti più dibattuti (dal pubblico) e temuti (dalle giocatrici). Spesso, la scelta delle amicizie diventa una questone tattica. Con soldi e gloria in palio, molte giocatrici pensano che un sentimento sincero possa essere una debolezza così come una brutta seconda di servizio. Tuttavia, non è sempre stato così. Chris Evert, la giocatrice con la migliore percentuale vittorie-sconfitte nella storia del tennis (1.309-146, 90%), ha spesso condiviso i suoi sentimenti. In particolare, è ben presto diventata (ottima) amica di Martina Navratilova, sua grande rivale immigrata dalla Repubblica Ceca. Tuttavia, quando la rivalità è diventata molto accesa (le due hanno dominato il tennis per un decennio), Chris si è allontanata da Martina perché aveva paura che un’eccessiva vicinanza avrebbe potuto “ammorbidire” il suo spirito combattivo. Il rapporto, tuttavia, si è ricucito e oggi sono ottime amiche, tanto da essere state protagoniste di un bel documentario sulla loro rivalità-amicizia, in cui si sono definite reciprocamente: “Una delle poche persone su cui posso contare in qualsiasi momento”.
La Evert ha giocato qualche partita contro la sorella minore Jeanne. “In quelle occasioni mi sono sentita male fisicamente, fin quasi a vomitare – ha detto la Evert – e mi succedeva lo stesso quando affrontavo Kristien Kemmer, mio idolo d’infanzia”. La Evert viveva così questo tipo di partite: “Non volevo perdere, ma quando osservavo dall’altra parte della rete e vedevo delusione e scoramento…non mi piaceva nemmeno quello”. Per questa ragione, Chrissie ha riconsiderato la sua vita fuori dal campo. “A un certo punto ho preso una decisione: se avessi dovuto avere delle amiche, non le avrei mai scelte tra le migliori giocatrici. Le amiche con cui avrei potuto allenarmi, divertirmi e abbassare la guardia si trovavano tra la 50esima e la 60esima posizione”. Tra gli uomini è leggermente diverso. Le rivalità sono ugualmente intense, ma le manifestazioni di sportività subito dopo i match sono più calorose e generalmente più spontanee. I casi sono moltissimi: Rafael Nadal ha quasi soffocato Roger Federer in un abbraccio consolatorio dopo averlo battuto a Wimbledon 2008. Quando lo svizzero è scoppiato in lacrime durante la premiazione dell’Australian Open 2009, Rafa gli ha messo un braccio fraterno sulla spalla. In generale, tra i top-players c’è un vivo senso di rispetto, che in alcuni casi diventa timida amicizia (Murray-Djokovic su tutti). “Gli uomini riescono a dividere i loro sentimenti in compartimenti stagni e passano facilmente dall’uno all’altro – dice Pam Shriver – possono fare una battaglia di quattro ore e poi diventare amici”. E la mente corre al bel rapporto che si è creato tra John Isner e Nicolas Mahut dopo il loro leggendario incontro a Wimbledon 2010.
In effetti, sembra che gli uomini sappiano accettare le sconfitte con più facilità e applaudono senza problemi il vincitore. “Penso che per le ragazze sia più difficile – dice Boris Becker – noi abbiamo un approccio più semplice”. Secondo la Evert, è una semplice estensione della differenza tra uomini e donne, che si manifesta in vari aspetti della vita. “Se ci fate caso, gli uomini si abbracciano alla stretta di mano e chiacchierano amabilmente. Le donne fanno fatica a stringersi la mano e difficilmente si guardano negli occhi. Poi magari riescono a diventare amiche, ma ci vuole più tempo”. Ovviamente, anche il tennis maschile ha avuto profonde rivalità. Basti pensare a Connors-McEnroe, o anche a Sampras-Agassi, tenuta a bada in carriera e poi deflagrata dopo. Durante l’ultimo torneo di Wimbledon, ha fatto notizia la gelida stretta di mano concessa da Agnieszka Radwanska a Sabine Lisicki. “Che dovevo fare? Restare lì a ballare?” ha detto la polacca. Tuttavia, la competitività e la freddezza non sono quasi mai un difetto se relazionati agli obiettivi. “Capisco perfettamente che la Radwanska non abbia voluto abbracciare la sua avversaria in un momento così delicato – conclude la Shriver – allo stesso tempo capisco la scarsa solidarietà di Serena Williams verso le giovani e la freddezza della Sharapova. Serena sta cercando di diventare la più forte di tutti i tempi. Perché dovremmo aspettarci abbracci calorosi alle avversarie?”. Già, perché?
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