US OPEN – Serena soffre nei primi due set, sciupa un mucchio di occasioni, si fa riprendere dalla Azarenka e poi domina il terzo. Per lei è il 17esimo Slam. 
L'applauso di Serena Williams a Victoria Azarenka. Ma ha vinto lei anche stavolta

Di Riccardo Bisti – 9 settembre 2013

Il modo migliore per raccontare questa finale è anche il più impossibile.
Fossimo penetrati nei cervelli di Serena Williams e Victoria Azarenka, avremmo preso pagine di appunti e scritto cose molto interessanti. Il tennis è il più mentale degli sport, ma nelle due ore e 45 minuti dell’Arthur Ashe Stadium c’è stato un folle consumo di neuroni, che richiederà un lungo periodo di recupero per entrambe. Vince Serena Williams, ma Victoria Azarenka ha giocato una partita eccezionale prima che la benzina si esaurisse verso la metà del terzo set. Togliere un set alla Williams di oggi è un’impresa eccezionale. Vika c’è riuscita, strozzando in gola le ironie di chi prendeva in giro i suoi propositi di costruirsi un piano B, C, D, E…si pensava che il suo tennis fosse troppo monocorde per prevedere qualche variazione. Invece la bionda di Minsk si è inventata qualche discesa a rete e alcune palle corte che le hanno dato un mucchio di punti, oltre ad alimentare tanti dubbi nella mente di Serena Williams. E’ da qui che dovrà ripartire in vista delle prossime sfide. Ma l’8 settembre 2013, settantesimo anniversario della disfatta italiana nella Seconda Guerra Mondiale, gioisce Serena Williams dopo aver sigillato il 7-5 6-7 6-1 nella finale più lunga nella storia del torneo: battute le due ore e quaranta impiegate da Tracy Austin per battere Martina Navratilova nel 1981. Ma la Regina di Bielorussia non ha tagliato la corda come fece Re Vittorio Emanuele III. E’ rimasta in campo fino all’ultimo, prendendosi un 6-1 nel terzo set che rischia di oscurare una prestazione coraggiosa. Ma chiunque ha visto la partita sa che la Azarenka avrebbe meritato di vincere almeno quanto Serena.
 
Psicologia, dicevamo. Chissà cosa ha pensato Serena Williams sul 4-5 e 40-40, a due punti dal perdere il primo set. Il giudice di linea le ha chiamato un fallo di piede proprio nello stesso punto di quattro anni fa, quando il "foot fault!" esclamato da Shino Tsurubuchi fece scoppiare il finimondo. L’americana avrà pensato al complotto, alla maledizione, magari pure al razzismo. Ma in quattro anni cambiano tante cose, e Serena ha reagito da campionessa. Non ha degnato di uno sguardo il giudice di linea e si è aggiudicata il punto con un gran servizio vincente. Anche dopo aver conquistato il vantaggio, ha resistito alla tentazione di urlargli qualcosa o semplicemente incenerirlo con lo sguardo. Ha fregato la regia americana, che aveva puntualmente allargato l'inquadratura per riprenderli entrambi. Capiva che le energie dovevano essere spese in un’altra direzione. Con qualche fatica, peraltro contro un’ottima Azarenka, ha tenuto il game e ha conquistato il break nel game successivo: dal 30-30, un dritto vincente e una super-risposta sulla riga l’hanno mandata avanti. Nel dodicesimo game teneva il servizio a zero e volava via, come supportata dal vento che ha soffiato senza pietà per tutta la partita, facendo svolazzare il suo gonnellone e distraendola in più di un’occasione. Oltre alla gioia dei guardoni, il vento ha anche fatto intravedere un paio di cerottoni sugli addominali. Sullo slancio, Serena ha preso il comando delle operazioni nel secondo. Una gran risposta vincente la mandava 2-1 avanti di un break. La resa incondizionata sembrava arrivare nel quinto game, quando la Azarenka commetteva due doppi falli consecutivi. 4-1 e servizio. Sembra incredibile, eppure Serena ha perso tre dei successivi quattro turni di servizio. Nel primo si è distratta, ma negli altri due ci sono grossi meriti della Azarenka, il cui sguardo di ghiaccio faceva impressione. E’ riuscita nel miracolo di rimandare di là con sufficiente profondità le catenate di Serena. Che poi, “catenate” non è una parola buttata lì. Quando Serena alza il volume del gioco, sembra che agiti una catena, un atto di tortura agli schiavi. Lo sanno bene le avversarie che le hanno scippato 16 game in tutto il torneo. Victoria ne ha raccolti 13 in una sola partita. Se non è un’impresa questa…
 
Serena ha servito due volte per il match: sul 5-4 si è trovata 15-40, ha annullato la prima palla break con il dritto ma poi ha commesso un brutto errore di rovescio. Nel game successivo brekkava ancora, generando un sorriso complice tra la sorella Venus e la mamma Oracene. Di nuovo 6-5 e servizio, di nuovo controbreak, addirittura sigillato da un doppio fallo. Nel tie-break, Serena è salita 3-1 con un bel cross di rovescio, ma lì la Azarenka ha tirato fuori il meglio: schiaffo al volo, passante sui piedi e un’altra bella discesa a rete firmavano il sorpasso. Il vento impazzava, e Vika lo gestiva meglio di Serena. Saliva 6-4, veniva riacciuffata sul 6-6 dopo un super-scambio in cui per poco Serena non si ribaltava. La Azarenka restava impassibile. Se non strillasse a 100 decibel su ogni colpo, non avrebbe detto una parola in tutto il match. Tanta fede veniva premiata con l’ennesimo errore di Serena che prolungava la pugna al terzo. La grande occasione arrivava nel primo game del terzo, quando si trovava 0-30 sul servizio di Serena. In quel momento interveniva la “Serena SOS”, che salvava il game e si dichiarava pronta per la guerra. Il match restava in equilibrio fino al 2-1, quando la Azarenka vinceva un bel corpo a corpo sotto rete. Poi, all’improvviso, crollava. Doppi falli ed errori di dritto segnavano la resa. Sul 5-1, prima del matchpoint, le telecamere della CBS hanno colto un sorriso d’intesa tra Patrick Mouratoglu e Sasha Bajin. Si erano finalmente rilassati. L’ultima risposta della Azarenka faceva saltare Serena come un’elefantessa alleggerita, colma di gioia e con 17 Slam in tasca. L’abbraccio è stato sincero: non saranno mai amiche, ma il rispetto c’è. Serena vince, è la più forte. Viva Serena. Ma questa partita, ancor più delle vittorie a Doha e Cincinnati, fa capire che la Azarenka è sulla strada giusta per agganciarla. Allora c’erano gli alibi, stavolta Serena ha giocato al top. Poteva vincere in due set, ma poteva anche perdere in due. Fossimo in Sam Sumyk, saremmo fieri della sua allieva. Magari non sarà affidabilissima nelle relazioni sentimentali (ha lasciato Sergei Bubka jr. dopo che lui ha avuto l’incidente, ha fatto piangere Redfoo in una trasmissione australiana…e il rapper non era nel suo box durante la finale), ma sul campo da tennis è un robot. Una scommessa su di lei è sempre ben spesa. Ma l’8 settembre doveva vincere un’americana. Forse loro ricordano solo lo sbarco in Normandia, ma 70 anni fa ci fu anche quello a Salerno. Noi italiani ce lo ricordiamo bene, in un mix di fastidio e vergogna. Senza saperlo, Serena ha festeggiato la ricorrenza.
 
GRANDE SLAM – LE PIU’ TITOLATE

Margaret Court – 24
Steffi Graf – 22
Helen Wills Moody – 19
Chris Evert – 18
Martina Navratilova – 18
Serena Williams – 17
Billie Jean King – 12
Monica Seles – 9
Maureen Connolly – 9
Suzanne Lenglen – 8
Molla Bjurstedt Mallory – 8
Maria Esther Bueno – 7
Evonne Goolagong – 7
Justine Henin – 7
Dorothea Lambert Chambers – 7
Venus Williams – 7
 
WTA – LE PIU' TITOLATE DI SEMPRE
Martina Navratilova – 167
Chris Evert – 154
Steffi Graf – 107
Margaret Court – 92
Evonne Goolagong – 68
Billie Jean King – 67
Serena Williams – 55
Lindsay Davenport – 55
Virginia Wade – 55
Monica Seles – 54

US OPEN DONNE – FINALE
Serena Williams (USA) b. Victoria Azarenka (BLR) 7-5 6-7(6) 6-1