Il pressing della federtennis argentina per convincere Juan Martin a giocare in Davis nel 2014. I piccoli gesti, le dichiarazioni e un timore: ha giocato il primo turno solo nel 2007. L’Italia spera. 
Arturo Grimaldi, presidente della federtennis argentina

Di Riccardo Bisti – 30 ottobre 2013

 
E’ iniziato l’accerchiamento. L’Argentina ha capito che senza Juan Martin Del Potro non ha mezza chance di vincere la Coppa Davis. E allora la federtennis guidata da Arturo Grimaldi, aspetto british e dichiarazioni politically correct, sta provando a convincere il numero 1 argentino a dire si all’Insalatiera. In fondo, quando era ancora un junior, Palito disse che aveva tre sogni: vincere lo Us Open, diventare numero 1 ATP e vincere la Coppa Davis. La vicenda ci interessa molto, giacchè l’albiceleste affronterà proprio l’Italia nel primo turno del 2014. Salvo imprevisti, si giocherà a Mar del Plata, in riva al Mare Atlantico. Come vedremo, anche la scelta della sede non è casuale. Negli ultimi giorni, ogni mossa della Asociacion Argentina de Tenis (AAT) è finalizzata all’obiettivo di avere Del Potro in Davis. Adesso che il grande nemico David Nalbandian si è ritirato, c’è un ostacolo in meno. E per questo, Del Potro potrebbe avere un trattamento di favore rispetto agli altri. Con Nalbandian ancora in pista, non sarebbe stato possibile. In Argentina è iniziata una vivace campagna stampa per convincerlo a tornare. Non è un elemento da sottovalutare, giacchè da quelle parti la pressione dei media è piuttosto forte. E sono fiondati i paragoni con Lionel Messi. Quando allenava il Barcellona, Pep Guardiola concesse all’argentino alcuni privilegi solitamente negati agli altri. Ad esempio, gli ha concesso qualche giorno di vacanza in più e gli ha lasciato giocare le Olimpiadi di Pechino, mentre agli altri tesserati del Barca era vietato. Il concetto era semplice: “Non tutti i giocatori sono uguali sul campo: perchè dovrebbero esserlo fuori?”. Nel tennis argentino accade lo stesso: tra Del Potro e gli altri si è creato un divario abissale. Ci può stare che le sue richieste personali possano essere accolte, purchè non facciano a pugni con lo spirito di squadra.
 
Ma cosa sta facendo, nel concreto, la federtennis argentina per fargli indossare la tuta della Topper per qualche giorno? Ha provato a spiegarlo La Nacion, il secondo quotidiano più venduto del paese ma forse il più vicino alle vicende tennistiche. I primi segnali arrivano dal capitano Martin Jaite, mai troppo gradito a Del Potro perchè ex allenatore e buon amico di Nalbandian. Da parte sua, Jaite ha sempre ribadito che la porta è aperta. E ha chiesto di far giocare il match contro l’Italia in una sede dove si potesse approntare sia un campo in terra battuta che uno al coperto, sul veloce. Un dettaglio importante, poichè Del Potro giocherà alcuni tornei indoor dopo l'Australian Open. E un passaggio cemento-terra-indoor sarebbe poco gradito al giocatore. In altre parole, se arriverà la fumata bianca, si giocherà al Polideportivo Islas Malvinas, già sede della nefasta (per gli argentini) finale del 2008. In caso contrario, sarà allestito un campo in terra battuta al Patinodromo. “E’ una delle ragioni per cui abbiamo preso questa decisione” ha raccontato Hector Romani, vicepresidente AAT, che a differenza di Grimaldi è molto meno diplomatico. Un mese fa, polemizzò con Del Potro e il suo atteggiamento. Il secondo segnale riguarda una mail inviata da Martin Jaite a tutti i giocatori, in cui chiede la disponibilità alla Davis 2014. L’hanno ricevuta tutti: Monaco, Berlocq, Zeballos, Delbonis…e anche Del Potro. Nessuno si aspetta una risposta immediata, ma è un segnale di riavvicinamento. E’ un modo per fargli capire che c’è (molta) disponibilità. Per ora, dalla controparte, non arrivano segnali. “Non so nulla della Davis, adesso sono concentrato sul chiudere bene la stagione” ha detto, a precisa domanda di Ubaldo Scanagatta, un indispettito Del Potro durante il torneo di Basilea.
 
Chi sembra aver capito meglio la situazione è Arturo Grimaldi. Non pressa, sa che non servirebbe. Ma allo stesso tempo fa capire che il suo “si” sarebbe risolutivo. “Se vuole, vado a Londra a parlarci, altrimenti vado a Tandil direttamente a piedi. Ovviamente mi piacerebbe vederlo con noi, ma la scelta è sua. Lasciamolo tranquillo, facciamogli finire il Masters, poi aspetteremo finchè si potrà, visto che c’è una data limite”. Il giorno X è il 21 novembre, quando la AAT dovrà comunicare sede e superficie di Argentina-Italia. Con il Masters che termina l’11, la decisione andrà presa in dieci giorni. Dieci giorni caldissimi. “Qualunque sia la sua scelta, la rispetteremo – continua Grimaldi – non ha giocato in Davis nel 2013, ma da presidente AAT credo che ci rappresenti bene ogni settimana, sia nella vittoria che nella sconfitta, e nel comportamento dentro e fuori dal campo. Abbiamo compreso la sua scelta di privilegiare il circuito ATP. Adesso non lo chiamerò, non avrebbe senso e non servirebbe a cambiare la sua decisione”. Le parole di Grimaldi suonano come una resa quasi incondizionata alle condizioni che Del Potro potrebbe porre. Chissà fino a dove arriva quel ‘quasi’. “Non ho nessun problema a parlarci – ha concluso Grimaldi – se sono stati commessi degli errori, faremo autocritica per evitare che si ripetano, e penseremo al futuro. Ma voglio che sia chiara una cosa: la AAT appoggerà Juan Martin qualunque decisione prenda”. Molto difficile capire cosa succederà. Se la federtennis si è esposta parecchio, il riserbo del clan Del Potro è clamoroso. Non trapela nulla, ed anzi cresce il nervosismo ogni volta che si sfiora l’argomento. Volendo fare un’ipotesi a tutti i costi, potrebbe essere verosimile una disponibilità ma solo a partire dal secondo turno. La storia, infatti, dice che Palito ha giocato il primo turno soltanto una volta, nel 2007, nella trasferta in Austria. Ma era anche l’esordio assoluto e aveva da poco compiuto 18 anni. All’epoca, le priorità erano diverse. Il fatto è che l’Italia è più forte di quell’Austria. E senza di lui, l’Argentina rischia di perdere. A quel punto, la presenza in uno spareggio per non retrocedere (che l’albiceleste non gioca dal 2001) potrebbe diventare una beffa. Utile, ma pur sempre una beffa. La matassa si sbroglierà tra una ventina di giorni.