Nuria Llagostera Vives squalificata per due anni: le hanno trovato una metanfetamina nel suo corpo. Nessuno sconto per lei: carriera finita? Ma il doping è davvero questo? 
Brisbane 2012, penultimo successo nella carriera di Nuria Llagostera Vives

Di Riccardo Bisti – 12 novembre 2013

 
E' giusto parlarne, certo. Ma chi chiede chiarezza sul doping nel tennis non può essere soddisfatto da casi e sentenze come questa. In effetti, leggendo le 18 pagine che compongono la sentenza del Tribunale ITF sul caso di positività di Nuria Llagostera Vives, qualche dubbio permane. I fatti: la 33enne spagnola è stata squalificata per due anni, a partire dall’8 settembre 2013. Le hanno trovato tracce di metanfetamina, la stessa sostanza che 16 anni fa rischiò di inguaiare Andre Agassi. Nuria Llagostera Vives è una giocatrice spagnola di medio livello, vincitrice di due tornei in singolare e mai oltre il numero 35 WTA. E’ stata più forte in doppio, vincendo 16 tornei ed accomodandosi al numero 5 del mondo. Nel 2009 ha vinto i WTA Championships nella specialità. E’ una delle tenniste più piccole del circuito (è alta appena 158 centimetri), e qualche anno fa fece parlare di sé perché aveva posato nuda. Non essendo alta come la Sharapova o sensuale come la Ivanovic, non fu presa troppo sul serio. Ma ne approfittò per raccontare quanto fosse difficile trovare anche un solo sponsor. Qualche anno fa, si ruppe il polso destro durante il torneo di Miami. E’ stata ferma per un anno, ma al ritorno non è più stata la stessa. “Però alcuni dottori mi avevano detto che non avrei mai più potuto giocare, quindi mi sono accontentata”. Per lei, “accontentarsi” è significato dedicarsi solo al doppio. Il polso, tuttavia, non le dava tregua. “Ho giocato per mesi sotto infiltrazioni, e l’effetto degli anti-dolorifici era sempre meno duraturo” ha raccontato in aprile, qualche settimana dopo l’operazione effettuata il 19 marzo. Allora, pensava ancora di tornare in tempo per il Roland Garros, magari in coppia con Jie Zheng.
 
Ma un interveto chirurgico è una cosa seria, e l'attesa si è prolungata. Il rientro era previsto per il torneo di Stanford, al via il 22 luglio. Avrebbe dovuto giocare con la nostra Francesca Schiavone, e si è recata in California il 19 luglio. Alla vigilia, l’azzurra le ha comunicato che non avrebbe giocato. La coppia diede forfait, ma gli ufficiali la informarono che era stata sorteggiata per un controllo antidoping. La spagnola vi si è sottoposta nel pomeriggio del 23 luglio, subito dopo aver partecipato a un evento Pro-Am organizzato dagli sponsor. Il momento cruciale, quello che l’ha condannata, è arrivato prima del controllo. L’ufficiale antidoping le ha consegnato un modulo in cui avrebbe dovuto dichiarare se aveva preso qualche medicazione negli ultimi sette giorni o se aveva una qualche esenzione scopo terapautico per alcune sostanze (tecnicamente definita “TUE”). La Llagostera ha scritto “no” e ha effettuato il test. Un mese dopo, il laboratorio di Montreal ha individuato la d-metanfetamina, inserita nella lista degli stimolanti proibiti. Una settimana dopo, una lettera informava la Llagostera Vives della positività e della sospensione precauzionale a partire dall’8 settembre. Da quel momento, è iniziata la serie di analisi, controanalisi e testimonianze. La Llagostera ha portato con sé, al processo londinese del 29 ottobre, la testimonianza di Giuseppe Pieraccini, un medico italiano (lavora presso l’Università di Firenze) il quale ha sostenuto che la quantità di stimolante trovato nel suo corpo era talmente basso da pensare che fosse stato ingerito 48 ore prima del test e che fosse evidente la totale involontarietà della Llagostera. Il problema è che Nuria non è stata in grado di spiegare come la sostanza sia finita nel suo corpo. In udienza, ha detto di averci pensato a lungo ma di non essere in grado di ricordare. Ha ipotizzato una contaminazione avvenuta bevendo una bottiglia d’acqua su un campo d’allenamento che era stato frequentato anche da amatori. Una difesa un tantino debole: il tribunale ha stabilito che la metanfetamina si trova in alcune droghe ricreative (il famoso Cristal Meth di Agassi) oppure in alcune particolari medicazioni. Tutte sostanze da cui gli atleti restano decisamente lontani.
 
Per questa ragione, non ci sono stati sconti. Pur riconoscendo che una squalifica di due anni avrebbe messo fine alla carriera della spagnola, il tribunale le ha comminato il massimo della squalifica. Due anni e carriera che potrà riprendere soltanto il 7 settembre 2015. La Llagostera è stata condannata per la violazione dell’articolo 10.5.1 del codice mondiale antidoping, e non ha ricevuto sconti (previsti dall’articolo 10.5.2) perché non ha mostrato alcuna prova che certificasse il modo in cui la sostanza è entrata nel suo corpo. Al contrario, le hanno dato un contentino: non le sono stati tolti i punti e i dollari conquistati nei cinque tornei giocati dopo Stanford. In quelle settimane, tra l’altro, è stata sottoposta a due test, risultati negativi. Dovrebbe terminare così, dunque, la carriera di una giocatrice di buon livello ma incapace di muovere sponsor e particolari interessi. Non c’era riuscita nemmeno posando nuda. Leggendo la sentenza, è curioso il post-scriptum in cui la Llagostera dice di  essersi ricordata di aver preso ibuprofen o paracetamolo per combattere il mal di testa dovuto al jet-lag dopo il lungo viaggio. Li avrebbe ingeriti due giorni prima del test (il 21 luglio), così come tre supplementi vitaminici offerti dalla USANA (uno degli sponsor WTA). Quando il tribunale le ha chiesto come mai non aveva indicato queste cose, nel form compilato prima del test, ha detto di non averlo ritenuto importante. Più in generale, ha evidenziato una certa ignoranza nelle procedure e nei regolamenti antidoping, affermando di non aver mai ricevuto nessun avviso ufficiale da WTA e ITF su come compilare certi moduli. Ma sospettiamo che il punto della questione non sia questo.