Tre anni fa fu l’eroe della Davis serba. Stavolta resterà ai margini per un reato che sente di non aver commesso. “Mi hanno trattato come un criminale. Ma tornerò a giocare una finale di Davis” 
La gioia incontenibile di Viktor Troicki nel giorno del trionfo in Coppa Davis. Una scena che non si ripeterà nel 2013

Di Riccardo Bisti – 14 novembre 2013

 
L’ITF ha preparato un video di quasi sei minuti per presentare la finale di Coppa Davis tra Serbia e Repubblica Ceca. Normale che ci siano tante immagini relative al trionfo serbo del 2010. Una risposta incrociata di rovescio ha mandato in visibilio un popolo intero. La Serbia ha un gran bisogno di orgoglio nazionale, poichè i suoi 7,2 milioni di abitanti sono ancora scossi dalle ferite degli anni 90, quando la Guerra dei Balcani sgretolò la ex Jugoslavia. L’autore di quella risposta, tuttavia, non giocherà la finale del 2013. E non dovrebbe nemmeno entrare alla Belgrade Arena. Sono i duri regolamenti dell’antidoping, che hanno portato Viktor Troicki sull’orlo della disperazione. Tre anni fa, il suo manager Corrado Tschabuschnig raccontava di come Viktor si svegliò quella domenica mattina, sicuro di vincere il punto decisivo. Adesso lo deve proteggere da un’ondata mediatica che si divide in innocentisti e colpevolisti. “Quello che mi sta succedendo è un incubo – ha detto il diretto interessato – mi sono trovato dal cielo agli inferi. Non poter assistere alla semifinale è stato uno shock. Sono stato trattato come un criminale, spero di poter vedere almeno la finale”. Chissà se gli daranno il permesso in extremis. Nel frattempo, mentre alcuni colleghi gli hanno tirato qualche frecciata (Federer e Murray), ha incassato la totale solidarietà di Novak Djokovic. Il numero 2 ATP, leader incontrastato del team serbo, ha detto di non fidarsi più del sistema antidoping. “E sarò nervoso ogni volta che dovrò sottopormi a un test”. Non contento, ha già invitato Troicki a Monte Carlo per allenarsi con lui nel periodo di off-season. “Non dimenticherò mai questo gesto” ha detto Troicki.
 
Bogdan Obradovic è il capitano del team serbo. “Viktor è completamente distrutto emotivamente. Piangeva, si domandava cosa avesse fatto di sbagliato. Credetemi, è come quando muore qualcuno nella tua famiglia. Ma se uccidi qualcuno, da morto non potrà più dire niente. Uccidere qualcuno ancora in vita è la cosa peggiore che si possa fare”. Troicki sa che il danno d’immagine è incalcolabile, anche se si affretta a dire: “Chi mi conosce sa che sono sempre risultato negativo e non ho mai preso niente in vita mia”. Il serbo è allenato dal coach australiano Jack Reader. Nel loro accordo c’era una clausola: a Reader sarebbero spettati 100.000 euro se Troicki fosse stato ritenuto colpevole di una violazione ai codici antidoping. “Ma non ho nessuna intenzione di riscuotere. Non potrei mai fare una cosa del genere” ha detto Reader, che spera di continuare ad allenarlo. La stranezza di questa storia? Nessuno ha ritenuto che Troicki si dopasse. Nemmeno i tribunali che l’hanno condannato. Nella sentenza, infatti, c’è scritto che non esistono indicazioni secondo cui Troicki si sarebbe sottratto al controllo antidoping allo scopo di eludere una possibile positività. Tuttavia, è altrettanto certo che il 15 aprile non si è fatto infilare un ago nel braccio. Il nocciolo della questione è un altro: è stato davvero ingannato sulle conseguenze cui sarebbe andato incontro? Troicki sostiene di avere paura degli aghi sin dall’infanzia e che si sentiva piuttosto male dopo la sconfitta contro Nieminen. Temeva di svenire in caso di prelievo del sangue. A quel punto avrebbe chiesto all’ufficiale del controllo antidoping (la dottoressa Elena Gorodilova) se si poteva spostare il controllo, ricevendo da lei ampie rassicurazioni se avesse scritto una lettera a Stuart Miller (responsabile del programma antidoping dell’ITF), spiegando le sue preoccupazioni di salute. Troicki dice di aver scritto la lettera proprio con l’ausilio della Gorodilova. La dottoressa ha raccontato un’altra versione: non avrebbe potuto assicurare a Troicki che non sarebbe successo niente, e lo avrebbe avvisato che il campione va lasciato in ogni caso. Il giorno dopo, Troicki ha regolarmente effettuato il test, ma un test ritardato non cancella eventuali negligenze.
 
Il tribunale dell’ITF le ha dato pienamente ragione, mentre quello del CAS di Losanna l’ha bacchettata, dicendo che avrebbe dovuto fare di più per evitare malintesi. Tuttavia, la sanzione è stata ridotta, e non annullata, poichè Troicki ha regolarmente firmato un documento in cui era scritto: “Sono al corrente del fatto che l’eventuale rifiuto o la mancata presentazione a un test antidoping può essere trattato come una violazione alle regole”. Durante il processo, il serbo ha detto di aver firmato perchè aveva capito che tale documento fosse una semplice notifica. Tuttavia, la corte ha concluso che il giocatore non aveva una “spiegazione convincente” per non effettuare il test. Da parte dell’ITF, Miller ha difeso al 100% l’operato della Gorodilova, sostenendo che Troicki è sottoposto da anni al programma antidoping ed era “assolutamente chiaro quali fossero le sue responsabilità. Non è vero che un tribunale lo ha definito colpevole e l’altro innocente – ha detto – entrambi hanno riconosciuto che ha commesso una violazione. Chi dice cose diverse si sbaglia”. L’ITF, tuttavia, ha detto che nel 2014 potrebbe entrare in scena una modifica procedurale per evitare incomprensioni con i giocatori. Se un tennista dovesse avere problemi nel lasciare il campione, l’ufficiale antidoping dovrebbe dargli la possibilita di chiamare il referee o il supervisor del torneo. Quest’ultimo sarebbe preposto a ricordare al tennista le sue responsabilità. Nella sentenza, il CAS ha espresso “sorpresa” per il fatto che la procedura non sia già in atto. “Ma tanto per me è troppo tardi – ha detto Troicki – io sto pagando le conseguenze per quello che è successo, mentre la dottoressa è tornata al suo lavoro. Tre anni fa ero in cima al mondo, adesso sono in fondo a un burrone. E’ dura da accettare, ma proverò a tornare più forte di prima. E voglio giocare un’altra finale di Coppa Davis”. Sarà il grande obiettivo della sua seconda carriera. Possiamo scommetterci.