Si chiama Hassan Ndayishimiye e arriva dal Burundi, uno dei paesi più poveri del mondo, devastato dalla guerra civile. Ma il programma di sviluppo ITF gli consente di provarci. 
Hassan Ndayishimiye impegnato sui sacri campi di Wimbledon

Di Riccardo Bisti – 11 dicembre 2013

 
Dopo l’atletica leggera, il tennis è lo sport più internazionale. Tuttavia, salvo rare eccezioni, il continente africano resta un terzo mondo non solo sul piano economico, ma anche su quello tecnico. Sud Africa, Zimbabwe e Marocco sono gli unici paesi ad over offerto ottimi giocatori. Per il resto, rarissime eccezioni e la quasi totale assenza dell’Africa Nera. Il più forte è stato il senegalese Yahiya Doumbia, vincitore di due titoli ATP negli anni 80 e 90, poi si ricorda il keniano Paul Wekesa. La grande speranza di oggi arriva dal Burundi e si chiama Hassan Ndayishimiye. Un nome impronunciabile, secondo solo a quelli che arrivano dalla Thailandia. Il ragazzo ha 19 anni, si trova al numero 909 ATP dopo aver ottenuto il suo best ranking (853) circa un mese fa. Ndayishimiye ha avuto il suo momento di gloria un paio d’anni fa, quando gli hanno dato una wild card per le qualificazioni del torneo junior di Wimbledon. Le passò e giunse addirittura al secondo turno del tabellone principale. Ma neanche del momento di massima popolarità non ha dimenticato le origini. I giornali e le TV di tutto il mondo (compresa la nostra Sky) lo cercarono, desiderose di qualche dichiarazione ‘esotica’. Lui sapeva che la eco si sarebbe spenta presto. E’ stata la sua fortuna, perché adesso sta affrontando con il giusto spirito la dura gavetta dei tornei futures. L’ingresso tra i top-1000 è già un primo traguardo. Adesso che ha 19 anni racconta con maggiore serenità la sua infanzia, quella di un bambino cresciuto tra le bombe della guerra civile del quartiere Buyenzi, angolo della capitale Bujumbura, nel Burundi Occidentale. Di mattina andava scuola, m non più di tre ore. Trascorreva buona parte del tempo in un tennis club denominato “Entente”.
 
In quel club insegnava il padre, capace di trasmettergli una grande passione per il nostro sport. Tuttavia, c'erano problemi impensabili alle nostre latitudini. Non si tratta di retorica per intenerire o strappare chissà quale compassione. E’ la semplice realtà. Mancavano le scarpe, e i campi in terra battuta erano disseminati di pietre. E poi c’era il problema delle incordature. Termini come ‘ibrido’, ‘monofilamento’ e ‘multifilamento’ erano sconosciuti. Allora si era ingegnato, insieme agli amici: recuperavano le corde buttate dai soci del club e le legavano insieme nelle loro racchettine. Sembrano leggende, licenze narrative. Nulla di tutto questo. Così come una quotidianità plasmata dalla guerra civile. Le granate cadevano di giorno e di notte, ma un bel giorno è caduto anche un aiuto. Fu quello del Grand Slam Development Fund, un fondo organizzato dall’ITF e dai tornei del Grande Slam, il cui obiettivo è sviluppare il tennis nei paesi più poveri. Qualche migliaio di dollari gli ha consentito di spostarsi a Pretoria, in Sud Africa, dove c’era un centro tecnico. Il GSDF è stato fondato nel 1986 e oggi fornisce sostegno a 170 giocatori in 70 paesi. Lo sforzo maggiore, ovviamente, si concentra nell’Africa Nera. Ad oggi esistono tre centri di formazione (in Marocco, Burundi e Figi), dove attualmente risiedono 50 ragazzi con il sogno di diventare professionisti.
 
Ndayishimiye si trova nel centro in Marocco insieme alla sorella ("E’ forte, datele un’occhiata"), sotto gli ordini della coach Rosemary Owino. “Avere un allenatore al fianco, in grado di seguirmi torneo dopo torneo, è fantastico. Senza coach è durissima. Inoltre mi conosce bene”. L’aveva già addocchiato quando si allenava in Sud Africa. Grande tifoso di Lleyton Hewitt, inizia a farsi conoscere anche in patria. Il Burundi, in effetti, è un paese senza grossi nomi in ambito sportivo. “Mi è capitato che il presidente mi riconoscesse. La gente parla di me, è una sensazione incredibile”. Appassionato di calcio (tifa per il Manchester United), si è già posto degli obiettivi. Il primo è fallito: voleva chiudere l’anno tra i top-700, ma difficimente ce la farà, anche se dovesse vincere l’ennesimo future di Sharm El Sheikh. Tuttavia, in un tennis sempre più anziano, il tempo non gli manca. Quando gli hanno chiesto di esprimere un desiderio, lui ha risposto: “Ne vorrei due: diventare numero 1 del mondo e che mia madre e mia sorella stiano bene”. Quando cresci in mezzo alle granate, hai una visione diversa della vita.