Sascha Zverev e Stefan Kozlov sono stati i protagonisti della finale junior a Melbourne. Ma promettono di ritrovarsi sulla RLA anche tra i pro… di LORENZO CAZZANIGA
Stefan Kozlov, grande promessa del tennis americano
Di Lorenzo Cazzaniga – 25 gennaio 2014
Due predestinati, di quelli che sono sui taccuini dei talent scout da quando l’età è arrivata in doppia cifra. Sascha Zverev e Stefan Kozlov si sono incontrati nella finale del torneo junior dell’Australian Open: ha vinto Zverev 6-3 6-0, perché è più maturo di tesa e di fisico e perché Kozlov si è procurato una distorsione alla caviglia su un bel contropiede dell’avversario, all’inizio del secondo set. Tuttavia, ricordando che Zverev aveva perso gli ultimi due confronti diretti, non serve cassandra per prevedere scontri importanti anche una volta che saranno passati pro. Zverev è tedesco, classe 1997, figlio e fratello d’arte (il padre Alexander ha giocato per l’Unione Sovietica prima di trasferirsi in Germania nel 1991, il fratello Mischa è stato n.45 ATP nel 2009). Gioca un tennis (abbastanza) facile, di buona pressione da fondo (con l’immancabile rovescio bimane), ottimo in fase difensiva, senza troppe varianti. Il prototipo del tennista moderno, alla Djokovic, volendo paragonarlo ad un fuoriclasse attuale. Piace perché, pur non volendo concedere troppo allo spettacolo, non disdegna di scendere a rete, dove mostra una mano educata. L’anno scorso ha vinto il Bonfiglio e fatto finale a Roland Garros Junior. L’anno prossimo potrebbe tornare a Melbourne Park per giocare tra gli under 18 ma l’impressione è che potrebbe già essere pronto per cercare le qualificazioni tra i pro.
Kozlov è americano di chiara origine russa, classe 1998. Nel 2002, il padre Andrei ha creato un’accademia a Penbroke Pines, nel tratto di Florida più suggestivo, tra Miami e Fort Lauderdale. Stefan è cresciuto con i consigli paterni (di cui si è avvalsa anche Camila Giorgi, stando alle referenze indicate su kozlovtennis.com), prima di lasciarsi aiutare dai programmi federali della USTA, che ha spesso fallito ma che dispone di risorse, economiche e umane non indifferenti. Il primo che mi ha parlato di Kozlov è stato Mosé Navarra. Un paio d’anni fa, lo raggiunsi sul campo 9 del Trofeo Bonfiglio, dove giocava Quinzi, che da anni segue per conto della FIT: “Come va?” mi affrettai a domandare, ricevendo in risposta un promettente: «Un fenomeno, è un fenomeno». Navarra è ragazzo di talento in tutto quel che fa, per questo mi sentii rassicurato, fino a ulteriore precisazione: «Oh, beninteso, parlo di quell’altro, di Kozlov. Gianluigi è forte forte, ma l’altro mi sembra un fenomeno». Va detto che i tipi come Navarra ammirano la dedizione di un Quinzi ma restano affascinati dai loro simili, da chi mostra qualità tecniche fuori dal comune. Kozlov è un esempio perfetto: il diritto è un po’ costruito, ma il rovescio (ahinoi bimane) è pazzesco, giocato con una facilità disarmante. Ha grande mano, capace com’è di trovare angoli impossibili o di scherzarti con smorzate e lob al volo. «Vede il gioco prima, un talento naturale» continuò Navarra, occhi sbarrati, come avesse assistito ad un miracolo..
La preoccupazione, se così vogliamo chiamarla, è quella che accomuna tutti i giocatori capaci di fare tante cose: non è banale mettere insieme un gioco tutt’altro che scontato («Per Edberg è facile giocare a tennis: lui è ignorante, batte e scende, risponde e scende. Becker invece sa fare tante cose ed è più difficile fare la scelta giusta» diceva il guru Ion Tiriac), ma se troverà un certo equilibrio tra genialità e robotica efficacia, diventerà fortissimo. Soprattutto dopo che avrà cresciuto un fisico che sembra ancora quello di un quattordicenne. Come traspare dall’entusiasmo di chi scrive, la speranza, pur augurando ogni successo all’incolpevole Zverev, è che sia l’altro a diventare un fuoriclasse. Ci farebbe divertire non poco.
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