Lo svizzero accetta di giocare contro la Serbia. Cerchiamo di capire le ragioni della scelta e spieghiamo perché un’eventuale “Campagna-Davis” sarebbe una gran bella storia. 
Roger Federer a Novi Sad con Wawrinka e il capitano Severin Luthi

Di Riccardo Bisti – 30 gennaio 2014

 
“Guardate un po’ chi ho trovato a Novi Sad”. Con questo tweet, accompagnato da una foto a tinte rossocrociate, Stanislas Wawrinka ha annunciato la presenza di Roger Federer nel team svizzero che nel weekend batterà la disastrata Serbia. “L’arrivo di Federer significa che gli svizzeri hanno preso molto sul serio la sfida contro di noi” ha detto il povero Bogdan Obradovic, capitano dei balcanici. Con Janko Tipsarevic ancora fermo a a causa dell’infortunio al piede e Viktor Troicki bloccato dalla squalifica per doping, sarà costretto a schierare Dusan Lajovic e uno tra Filip Krajinovic e Ilja Bozoljac. Un disastro. Lo immaginiamo sotto casa di Novak Djokovic, disperatamente attaccato al citofono, nella speranza di convincerlo a giocare. Sarebbe bello, venerdì, avere l’inatteso regalo di un Federer-Djokovic, ma è più probabile che per la Svizzera sia una passeggiata di salute. E il tabellone è amico dei rossocrociati, giacchè nei quarti se la vedranno con la vincente di Kazakistan-Belgio, non esattamente due potenze. E così la Svizzera potrebbe sognare, finalmente, di vincere l’insalatiera. Con Federer e Wawrinka, è curioso che non ci siano mai andati neanche vicini. I migliori ricordi della Davis svizzera restano legati alla finale del 1992, quando Marc Rosset e Jakob Hlasek andarono a Forth Worth accompagnati da un nutrito gruppo di tifosi armati di campanacci. Nonostante l’1-1 della prima giornata, non ci fu niente da fare. Federer ha esordito nel 1999, a Neuchatel contro l’Italia, scelto da Claudio Mezzadri. Esordì con un successo su Davide Sanguinetti. Prima di diventare numero 1, ha giocato spesso e volentieri. E nel 2003, quasi da solo, ha spinto la Svizzera in semifinale. Potevano farcela, ma perse un brutto match contro Lleyton Hewitt. Nel 2004 giocò il primo turno in Romania, poi è iniziato un rapporto di amore-odio. La Svizzera ha dipeso dalle sue lune, anche perché Stanislas Wawrinka non ha quasi mai avuto le spalle sufficientemente larghe per fare miracoli.
 
Dal 2005 a oggi, Federer ha giocato il primo turno soltanto nel 2012. La Svizzera ospitava gli Stati Uniti a Friburgo, e fu una caporetto. Roger perse contro John Isner e il sogno franò in fretta. In settembre, partecipò alla sfida contro l’Olanda per restare nel World Group. Fu la sua ultima apparizione, e qualcuno ha pensato che non ce ne sarebbero state altre. Invece, chissà perché, eccolo a Novi Sad, città natale della grande Monica Seles, pronto a giocare contro un paio di carneadi. Vien da chiedersi il perchè. E’ strano, per un giocatore metodico e attento ai dettagli come lui. Federer non impazzisce per la Coppa Davis, ma ama il clima di squadra, il cameratismo che gli ricorda gli anni junior, quando bazzicava il centro federale di Biel e gli capitava di fare da tassista a Michael Lammer, modesto giocatore da challenger che sarà ben lieto di cedergli il posto in squadra. Però, allo stesso tempo, la Davis non era compatibile ai suoi progetti da GOAT, alla sua caccia a tutti i record possibili e immaginabili. E così ha tenuto un atteggiamento contradditorio: niente primo turno (e conseguenti sconfitte per la Svizzera, costretta a mandare in campo i modesti Chiudinelli, Bohli e Laaksonen), ma tante presenze negli spareggi salvezza (uno perduto, tra l’altro), come a dire: OK, teniamo la Svizzera lassù, poi l’anno prossimo ne riparliamo.
 
Come mai Federer ha accettato di cedere alle pressioni di Swiss Tennis e dell’opinione pubblica svizzera? Secondo noi, molto dipende da Stanislas Wawrinka. Il campione dell’Australian Open non ha mai messo in dubbio la sua partecipazione all’incontro di Novi Sad. “Andrò al 100%, forse voi non lo sapete, ma per me è sempre stato un onore giocare per il mio paese”. Con appena 120 ore di tempo e tutto il mondo da attraversare, Wawrinka ha mostrato un attaccamento eccezionale. Federer – che è’ molto orgoglioso – deve essersi sentito punto proprio lì, sebbene anche lui abbia fatto più di un sacrificio per la Davis (ricordate lo spareggio contro l’Italia, quando scese in campo 4 giorni dopo la finale dello Us Open? Fece lo stesso anche nel 2011 per la trasferta in Australia). L’opinione pubblica lo ha pressato a dovere, mettendo a dura prova anche le sue spalle larghe. I trionfi di Wawrinka gli hanno messo addosso una pressione notevole. Per quanto Federer abbia una reputazione straordinaria nel suo paese, qualche critica non manca. E nemmeno i giudici amministrativi hanno un occhio di riguardo per lui, tanto che nei giorni scorsi lo hanno obbligato a risarcire (con 1.750 franchi a testa) un paio di vicini: nella casa che ha fatto costruire a Lenzerheide, infatti, ha fatto piantare un paio di alberi troppo alti che impediscono una corretta visuale del paesaggio. La sua presenza a Novi Sad ha anche un certa utilità in chiave olimpica, visto che per giocare a Rio de Janeiro dovrà accumulare almeno tre presenze nel quadriennio. E un anno se ne è già andato. Insomma, non vediamo chissà quale spirito patriottico nella scelta di Federer, ma la sua rincorsa alla Davis è una bella storia. La vecchia insalatiera, infatti, è l’unico grande trofeo che gli manca. I suoi grandi rivali, Rafael Nadal e Novak Djokovic, lo hanno già conquistato. La Davis è una sfida affascinante per Federer. E’ l’unico torneo che non gli consente di programmarsi a dovere, l’unico che lo fa uscire dalla sua amata confort zone. Per questo, al di là delle motivazioni, crediamo che la sua eventuale Campagna-Davis del 2014 sia una gran bella vicenda. Per una volta, il cuore avrà la meglio sul cervello?