COPPA DAVIS – Il carneade britannico, n. 175 ATP, batte Querrey e spedisce la Gran Bretagna a un passo dai quarti. Disastro USA, Murray e compagni adesso faranno il tifo per l’Argentina.
L'abbraccio tra James Ward e capitan Leon Smith
Di Riccardo Bisti – 1 febbraio 2014
Si dice che ognuno abbia diritto al suo quarto d’ora di gloria. In verità, James Ward aveva già contribuito alla clamorosa rimonta con cui l'anno scorso la Gran Bretagna battè la Russia. Stavolta è diverso. La gloria è reale, varca i confini del Regno Unito e apre prospettive clamorose. Il numero 175 ATP ha massacrato alla distanza Sam Querrey sulla terra di San Diego, portando i britannici sul 2-0. Adesso, soltanto un miracolo può salvare gli americani. Ammesso che i gemelli Bryan accorcino le distanze, è difficile pensare che Sam Querrey possa sorprendere Murray. Nel surreale scenario dove giocano i San Diego Padres di baseball, il figlio di un tasssta ha rimontato uno svantaggio di 4-2 nel quarto set, vincendo 10 degli ultimi 11 giochi. E pensare che quest’anno aveva vinto appena un match. E in teoria non avrebbe nemmeno dovuto giocare: Daniel Evans è considerato più forte di lui (di sicuro è più talentuoso), mentre il futuro è rappresentato da Kyle Edmund. Ma il primo è in pessime condizioni di forma, l’altro è ritenuto ancora acerbo. E così Leon Smith si è affidato a lui, al ragazzo che non tradisce mai, che qualche anno fa ebbe l’occasione di effettuare una pre-season con Rafa Nadal. “Amo giocare per il mio paese – ha detto – ogni volta che lo faccio, mi sembra che emerga qualcosa di nuovo in me. C’è un gruppo di ragazzi che mi sostiene molto, poi Leon mi ha detto di uscire dal mio guscio. Quando lo faccio, il mio tennis raggiunge un livello tutto nuovo”.
Quando hanno scelto San Diego come sede di questa partita, gli americani non sapevano di fargli un favore. “E’ il mio posto preferito al mondo, ci vengo sin da quando ero bambino, perché abbiamo degli amici qui”. E così ha infilato un’impresa irrazionale, peraltro sulla terra battuta, superficie appositamente scelta per mettere in difficoltà Murray. Ma poi è arrivato l’infortunio di Isner a complicare i piani a Jim Courier, che si ostina a stare in panchina in giacca e cravatta. Il match spacca-serie è stato guidato per tre set e mezzo da un Querrey piuttosto nervoso, forse travolto dal ruolo di numero 1. Sul 4-2 nel quarto, si è improvvisamente bloccato e si è trovato sotto 0-4 al quinto. Non c’era più niente da fare. Per Ward è il nono successo in un singolare di Davis, il più importante, anche se l’anno scorso aveva colto una bella vittoria contro Dmitry Tursunov. In precedenza, Murray aveva fatto il suo dovere contro Donald Young. L’ex grande promessa del tennis americano non ha fatto nulla per togliersi di dosso l’etichetta di “bluff”, cedendo con un netto 6-1 6-2 6-3. Murray ha detto di apprezzare la location, nonostante il campo piuttosto scivoloso. La sua presenza in doppio dipende esclusivamente da lui. Fosse per il capitano, lo schiererebbe in tutte le partite. Murray può scegliere: fare coppia con lo specialista Colin Fleming per chiudere la pratica, oppure non rischiare in vista del match contro Querrey.
Questo match mette a nudo l’enorme difficoltà del tennis americano, ormai non più mascherabile. Murray non aveva mai giocato nel World Group di Coppa Davis, sembra sinceramente coinvolto nel clima Davis. In effetti, lo aveva già detto: sarebbe tornato nel momento in cui fosse nato un team competitivo. A quanto pare, si ritiene soddisfatto. E la Gran Bretagna può tornare a sognare. Oltre a chiudere la pratica a San Diego, faranno un gran tifo per l’Argentina. Contro di noi dovrebbero venire in Italia, e sarebbe una sfida piena di incognite. Contro gli argentini, terraioli puri, giocherebbero sull’erba. E sarebbe una grande (grandissima) chance per raggiungere le semifinali dopo 33 anni. Ci arrivarono nel 1981, anno dell’introduzione dell’attuale format, quando persero proprio con l’Argentina. Da allora, salvo un quarto di finale nel 1986, la Davis britannica è stata costellata di delusioni e sconfitte umilianti. Adesso può cambiare qualcosa.
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