IL PERSONAGGIO – Taro Daniel è nato negli Stati Uniti, gioca per il Giappone ma vive in Spagna. E’ esploso a Vina del Mar, ma gli piacerebbe vivere negli anni 70.
Taro Daniel è un grande appassionato di musica anni 70
Di Riccardo Bisti – 8 febbraio 2014
“Se non avessi fatto il tennista, mi sarebbe piaciuto vivere negli anni 70 e conoscere le grandi band musicali dell’epoca, come i Queen, i Led Zeppelin e i Deep Purple”. Basta questo per fare di Taro Daniel un gran personaggio. Ma il giapponese, grande protagonistal al torneo ATP di Vina del Mar, ha una storia tutta particolare, che non si limita a una passione nata quando aveva 9 anni e guardava una serie TV giapponese, la cui sigla finale (una canzone dei Queen) lo ha fatto appassionare alla musica retrò. Anni fa, prima che emergesse la stella di Kei Nishikori, il team giapponese di Coppa Davis arrivò a giocarsi uno spareggio per il World Group. Pescarono il Cile fuori casa: sulla terra battuta facevano quasi tenerezza, sembravano bagnanti gettati in acqua senza saper nuotare. Invece Taro è un terraiolo puro, e non solo perché ha superato le qualificazioni proprio in Cile, azzannando i quarti grazie alle vittorie su Thomaz Bellucci (ex campione di questo torneo) e Federico Delbonis. Lui è un cittadino del mondo: papà Paul è americano, mentre mamma Yasue è giapponese. Lui è nato a New York, ma la famiglia si è trasferita in Spagna quando lui era ancora piccolo. E’ così nata l’opportunità di allenarsi a Valencia presso la mitica accademia TenisVal, la stessa di David Ferrer e della nostra Sara Errani. Se date un’occhiata alla scheda di Daniel sul sito ATP, vedrete che come coach è ancora indicato Josè Altur, che oggi siede all’angolo di Ferrer. E il preparatore atletico è David Andres, lo stesso di Ferrer e della Errani. “All’inizio il tennis non mi piaceva molto. Sono stati i miei genitori a mettermi una racchetta in mano. Ma poi, con il tempo, è scattata la passione”. Un dritto arrotolato e un buon rovescio a due mani solo la base di un giocatore che predilige la terra battuta, forte di tante esperienze nei tornei minori. Mentre i suoi coetanei giocavano gli eventi junior, lui si è subito buttato nel mondo future, come accade a quasi tutti gli spagnoli.
Classe 1993, Daniel è il terzo meglio piazzato tra i suoi coetanei: gli stanno davanti soltanto Jiri Vesely e Dominic Thiem. Daniel è un ragazzo molto simpatico. La passione per gli anni 70 è cresciuta dopo aver letto un libro su John McEnroe. “C’era scritto che suonava la chitarra e ha avuto l’opportunità di esibirsi davanti a parecchia gente. Mi sarebbe piaciuto molto vivere in quegli anni e conoscere le star musicali dell’epoca. Ma non so se giocherei con le racchette di legno! Sarebbe molto strano, soprattutto sui campi veloci”. Per la sua carriera, Daniel non si è posto neanche un obiettivo. “E sapete perché? Perché capita che la testa possa fissarsi delle idee che non sono realistiche. Da parte mia, provo a godermi il momento e lavorare duro. Credo che sia la cosa giusta da fare”. Daniel non è un tipico giapponese: è alto 190 centimetri (i geni statunitensi si notano…) e adotta un tennis molto diverso rispetto ai connazionali. Anche per questo, potrebbe essere una valida alternativa in Coppa Davis. Difficilmente capitan Ueda lo chiamerà per il quarto di finale contro la Repubblica Ceca (che potrebbe diventare molto interessante in caso di forfait di Tomas Berdych), ma per tante trasferte sulla terra battuta, questo ragazzo potrebbe essere una pedina fondamentale. Ed è curioso che la sua stella sia nata proprio in Cile, laddove il tennis giapponese sembrava totalmente allergico al rosso. Adesso è arrivato Taro, il samurai che parla spagnolo.
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