Gilles Simon parla a ruota libera sul mondo degli allenatori. Il francese è convinto che non debba esserci il coaching in campo. “Un tennista deve sapersela cavare da solo”.
Gilles Simon è convinto di avere una profonda conoscenza della tattica
TennisBest – 21 febbraio 2014
Gilles Simon è un personaggio interessante. Appassionato di musica, si diletta a suonare il pianoforte. La delicatezza con cui suona stride con il coraggio nell’esprimersi. Insieme a Sergiy Stakhovsky (che in questi giorni ha polemizzato con Roger Vasselin per aver fatto un po’ di scena durante il loro match a Marsiglia), è forse il giocatore con meno peli sulla lingua. Il francese ha rilasciato un’intervista al sito francese welovetennis,fr, in cui ha parlato del ruolo dei coach e tirato una frecciata non proprio amichevole a Robin Soderling. Queste dichiarazioni fanno il paio con quelle di un mese fa prima dell’Australian Open, quando non le mandò a dire. Ecco le frasi più significative di Gillou.
“Non sono d’accordo con il coaching nel tennis. Si cambierebbe il gioco. Il giocatore deve essere in grado di trovare le soluzioni da solo. Nessun terzo deve intervenire: consentendo il coaching, si toglierebbe uno degli aspetti che rendono molto interessante il tennis”
“Il ruolo del coach è comunque molto importante. Deve facilitare la vita al giocatore, creare degli obiettivi, migliorarlo tecnicamente, discutere con il fisioterapista e il preparatore atletico”.
“L’influenza del coach varia da giocatore a giocatore. Per esempio, Tsonga non ne ha un gran bisogno, mentre per Nadal è tutto il contrario. Toni è molto importante per lui”.
“Non tutti i giocatori hanno le stesse possibilità. Il numero 80 ATP non può avere lo stesso team di Djokovic. Per questo abbiamo lottato affinchè ci sia una crescita dei montepremi. Vogliamo che tutti i top-100 possano permettersi un team di buon livello, non solo l’allenatore”.
“Come si spiega il successo di Wawrinka a Melbourne? “click”. E’ stato un click mentale. Questa è la mia spiegazione. Lo stesso è successo a Soderling. Tuttavia, io so perché Soderling è passato dal numero 30 al numero 5. Quello non è stato un semplice click. Se ci limitassimo a quello, non potremmo capire cosa è successo e come mai è giunto due volte in finale al Roland Garros”
“Tanti aspetti del lavoro restano segreti. Anche a costo di sembrare arrogante, credo di sapere molto di tattica. Potrei spiegare le mie previsioni sulle partite del weekend. Potrei anticipare le cose, ma non lo faccio. In Davis è complicato, perché potrei dare dei pareri a un compagno che magari posso affrontare la settimana dopo. Parlo spesso con i giovani perché prima o poi mi seppelliranno, così condivido con piacere le mie conoscenze”.
“Le mie doti, tuttavia, non sono sufficienti per fare l’allenatore. Un allenatore deve sobbarcarsi un mucchio di viaggi. Certo, Magnus Norman viaggia meno di Toni Nadal, ma bisogna girare spesso per il circuito per avere un’idea e imprimere un ritmo al lavoro”.
“Se dovessi scegliere un allenatore, mi terrei il mio: Jan de Witt. Certo, non ne conosco altri…sarebbe intrigante lavorare con Magnus Norman, ma sono convinto che Jan sarebbe in grado di migliorare anche Wawrinka. Ne sono certo”.
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