Djordje Djokovic, “condannato” da una vecchia frase di Novak: “E’ lui il più talentuoso della famiglia”. Per ora non ha risultati: eviterà una fine tipo Hugo Maradona? 
Djordje Djokovic segue un match del fratello insieme alla "cognata" Jelena Ristic

Di Riccardo Bisti – 1 marzo 2014

 
Una punizione all'incrocio dei pali, durante i mondiali under 16, accese la fantasia. Diego Armando Maradona, in tribuna, disse: “Mio fratello Hugo diventerà più forte di me”. Peccato che fosse un "bidone" di prima categoria. Pare che Diego abbia fatto carte false per farlo arrivare in Italia, convincendo il Napoli a prestare i soldi all’Ascoli per consentirne l'acquisto. Verità o leggenda che sia, nel 1987 giocò effettivamente 13 partite con i marchigiani, poi sparì, trovando gloria nel munifico Giappone. Oggi, quasi 30 anni dopo, Hugo Maradona è ricordato unicamente come il fratello scarso (peggio: bidone) del Pibe de Oro. E' appena maggiorenne, ma rischia di fare la stessa fine Djordje Djokovic. Se è difficile essere “il figlio di”, è ancora più complicato essere il fratello di un grande sportivo. I paragoni sono più crudeli, perfidi. Il destino di "Djole" è segnato dall’Australian Open 2008, quando si trovava nel box del fratello ai tempi della sua prima vittoria Slam. Aveva 12 anni ed esultava come un pazzo, o meglio, come un dodicenne. L’investitura, così simile a quella di Diego Maradona, fu più o meno questa: “Il futuro della famiglia Djokovic è il terzogenito Djordje – disse Novak – è lui il più talentuoso”. Forse era sincero, o forse voleva solo essere gentile. Di certo, lo ha caricato di pressioni. E non è bastato nemmeno il fratello Marko a fargli da cuscinetto. Il Djokovic “di mezzo”, 22 anni, oggi veleggia al numero 1262 ATP ed è stato al massimo n. 581. E’ offensivo definirlo “pippa”, ma la tentazione è forte. Il suo momento di gloria risale a qualche anno fa, quando gli diedero una wild card per il torneo di Dubai. Non aveva alcun merito sportivo, se non un cognome pesantissimo. Pare che “Nole” l'avesse posta come condizione: "Se non date la wild card a mio fratello, non vengo". Fu accontentato, per la delusione di Malek Jaziri, miglior giocatore dell’area araba (lui è tunisino), sacrificato in nome del marketing.
 
Ma tutti aspettavano Djordje, “il più talentuoso della famiglia”. Oggi ha 18 anni e la sua carriera non è ancora decollata. Le porte aperte che ha trovato in virtù della parentela, sono state compensate dalla rabbia degli avversari. “Gli altri vedono il mio nome e sono più determinati. Faccio del mio meglio, ma questo rende più difficile la mia carriera. Sul campo ho la sensazione che tanti giocatori provino più soddisfazione nel battere me piuttosto che chiunque altro”. Djordje è numero 1675 ATP in virtù di 2 punti, conquistati vincendo un paio di partite in altrettanti futures serbi. “Credo che i futures non siano mai stati così difficili. Capita di trovare giocatori compresi tra i top-200. A volte mi verrebbe da esclamare ‘che ci fate qui? Andate a giocare i challenger, lasciateci spazio’. Inoltre è difficile psicologicamente: mi verrebbe da trattare alcuni giocatori con deferenza, ma poi mi ricordo che dovrei batterli. A differenza dei tornei junior, qui c’è una grande pressione. E poi sbagliano meno”. Djordje ha avuto il suo momento di notorietà anche in Italia, quando lo scorso anno ebbe una wild card per il challenger di Bergamo. Anche in quel caso, il cognome ebbe più peso rispetto al reale valore. Perse al primo turno contro il moldavo Radu Albot, mostrando un paio di evidenze: veste esattamente come il fratello (abbigliamento Uniqlo, racchetta Head) e lo scimmiotta nelle movenze. Servizio, dritto, rovescio…tutto ricorda Nole. Solo che è decisamente inferiore. A Bergamo, forse in preda all’emozione, tirò alcuni servizi che non arrivarono neanche alla rete.
 
Lui sembra un ragazzo intelligente. E’ consapevole del suo destino e guarda ogni interlocutore con gli occhi un po’ spauriti, come a implorarti di non fare domande sul fratello. Ma è inevitabile. Presso alcuni forum specializzati, qualcuno lo ha definito Djordje “wild card” Djokovic. Nel solo 2013, gliene hanno date dodici. “In alcuni casi ho potuto giocare nel tabellone principale di un challenger”. Vero: oltre a Bergamo, lo hanno invitato a Kosice e Banja Luka. Anche in quel caso, sonore sconfitte. “Onestamente, mi sembra di poter reggere il livello di un top-300, ma mi mancano esperienza e fiducia”.  Forse sarebbe opportuno giocare qualche qualificazione in più ed evitare scorciatoie. Il piccolo Djordje, tuttavia, non la pensa così. “Sto mantenendo buoni contatti e relazioni con alcuni direttori di torneo. Spesso mi vedono allenarmi con mio fratello. Magari gioco molto bene, ma poi si aspettano molto da me”. Aspettative che nascono dalla famosa dichiarazione del fratello. A differenza di Maradona, che piazzò Hugo ad Ascoli e poi proseguì negli eccessi napoletani, Nole prova ad aiutare Djordje in ogni modo. Lui apprezza e ringrazia. “Condivido con Novak la stessa flessibilità, anche io sono in grado di fare le spaccate. E’ ottimo perchè c’è un rischio minore di infortunarsi. Novak mi ha svelato gli esercizi e le sue operazioni di riscaldamento”.

A differenza del fratello, ha nel dritto il colpo migliore (“Ma amo giocare il rovescio”), ed è convinto che il talento sia appena il 2% di quello che ci vuole per sfondare nel tour. Djole ha avuto il vantaggio di allenarsi nelle migliori strutture, con i migliori allenatori. Lo scorso anno si è trasferito a Praga, mentre quest’inverno ha effettuato parte della preparazione a Bordighera, nello stesso club dove fa base Andreas Seppi e ogni tanto arriva Milos Raonic. La prima preoccupazione di Djokovic Jr. è l’indipendenza economica. In questo momento, è aiutato dalla famiglia. “Ma sto cercando qualche sponsor. Ho avuto alcune offerte, spero di potermi pagare almeno i viaggi. Vorrei conquistare il prima possibile la mia indipendenza economica”. Onestamente, non sembra avere le carte in regola per diventare un campione, e forse nemmeno un ottimo giocatore. Lui vorrebbe diventare numero 1 ATP. Non potrebbe dire altrimenti, essendo il fratello di una star planetaria, ma sembra difficile. Djordje lavora, per carità (lo scorso anno si è allenato anche in Spagna, dove ha fatto conoscenza con il britannico Matthew Short, con il quale ha vinto un titolo future in doppio), ma la facilità con cui ha avuto accesso al mondo pro fa tornare in mente la differenza tra Diego e Hugo Maradona: Diego arrivava agli allenamenti con le scarpe rotte, Hugo in Mercedes. C’è altro da dire?

Djordje e Novak Djokovic durante la festa per il successo di Nole a Wimbledon