Inizia la campagna rossa dello spagnolo, il più grande terraiolo di sempre. Due obiettivi: restare n.1 e…

Di Riccardo Bisti – 16 aprile 2014



E’ il gran giorno. E’ sempre un gran giorno quando Rafael Nadal inizia la stagione sulla terra battuta. Qualche pignolo potrebbe ricordare che ha giocato (e vinto) a Rio de Janeiro, ma non è la stessa cosa. La terra battuta vera, quella che profuma di storia, inizia a Monte Carlo. La sua leggenda è fortemente legata al Country Club. Undici anni fa, ancora ragazzino, passò un paio di turni prima di perdere contro Guillermo Coria. Si è rifatto con gli interessi, a partire dalla finale del 2005, quando si prese la rivincita in quattro set. E iniziò l’epopea del più grande terraiolo di tutti i tempi. A Monte Carlo, Rafa si è imposto per otto anni di fila. Soltanto Novak Djokovic, il guastafeste, lo ha bloccato nella finale dello scorso anno, impedendogli di centrare la nona sinfonia, come Ludwig van Beethoven. Nessuno ha mai vinto un torneo per nove anni di fila, ma il suo mito non è stato scalfito in alcun modo. Si è rifatto vincendo a Madrid, Roma e – soprattutto – al Roland Garros. Oggi Rafa è tornato. La sua corsa ripartirà contro Teimuraz Gabashvili, avversario di media difficoltà. “E’ certamente la mia parte preferita della stagione” ha detto, alludendo alla primavera rossa. Otto settimane in cui giocherà cinque tornei (tre Masters 1000, Barcellona e il Roland Garros), decisive per conservare lo status di numero 1 ATP, adesso come a fine stagione. “L’European Spring Swing” gli ha fruttato 34 dei suoi 62 titoli ATP, oltre il 50%. Ha vinto otto volte a Monte Carlo, otto volte a Barcellona, otto volte a Parigi, sette a Roma.
 
A CACCIA DI VILAS
“Negli ultimi 8-9 anni ho avuto ottimi risultati, sono stato capace di vincere tanti match e prepararmi al meglio per il resto della stagione sul rosso – ha detto Rafa – ogni volta che torno qui è una sensazione speciale. Questi tornei sono quelli che mi piacciono e ho grandi ricordi. Mi trovo bene in ogni evento, in ogni città”. Quest’anno, la finestra rossa ha un significato ancora più importante per Rafa. Come detto, sarà fondamentale per restare al numero 1. Inoltre potrebbe superare il record di tornei vinti sul rosso, appartenente a Guillermo Vilas (46, Rafa è a 43). Il vantaggio di Djokovic sembra rassicurante, ma non è così. I 2.000 punti di vantaggio sono azzerati dai 5.100 in scadenza da qui al Roland Garros. E Djokovic è l’unico che è stato capace di batterlo a Monte Carlo. “Lo scorso anno la finale è stata incredibile, soprattutto nel primo set. Nel secondo ho avuto le mie chance, ma non le ho sfruttate. Ho perso contro uno dei più forti di sempre, ci sta. Ma ogni anno è diverso – continua Rafa – l’unica certezza è che per competere bene bisogna rispettare al 100% ogni avversario. Bisogna giocare con la giusta motivazione e la giusta umiltà. Ogni punto è importante”. Con questa filosofia ha scritto la storia. Perchè cambiarla?
 
SCHIENA INFILTRATA
Curiosamente, non si è allenato molto sulla terra battuta. Per questo, sostiene di aver bisogno di tempo per adattarsi agli schemi del rosso. “Gioco solo 5-6 tornei all’anno su terra – dice – mi alleno pochissimo su questi campi, quindi ci vuole tempo per trovare il ritmo. Ogni volta devo imparare a costruire i punti per ottenere la vittoria. Non nego che sia più facile per me rispetto a quelli che sono cresciuti sul duro. Però anche a me serve tempo”. Dopo Miami, si è preso un po’ di riposo e ha ripreso a palleggiare sul rosso soltanto venerdì scorso. Si presenterà al primo match con pochi calzini sporcati. “Non so a che punto mi trovo, ma mi sento bene. Gli allenamenti sono andati bene. A Rio de Janeiro, per esempio, avevo giocato male. La schiena non era a posto e le condizioni erano difficili. Quella settimana non mi ha dato alcun aiuto”. A quanto pare, i dolori alla schiena emersi in Australia sono durati più del dovuto, tanto che dopo Rio de Janeiro si è sottoposto a un’infiltrazione. Lo ha detto sottovoce, per non darci troppa importanza. Ma questa piccola rivelazione getta un’altra luce sulla sconfitta di Indian Wells contro Dolgopolov. Ma allora era cemento. Niente a che fare con la polvere di mattone. Casa sua, dove sa diventare imbattibile.