L’austriaco esalta la Caja Magica e batte Wawrinka in tre set. Coach Bresnik gli cambiò il rovescio bimane da ragazzino, proprio come fece Peter Fischer con Pete Sampras…

Di Riccardo Bisti – 7 maggio 2014

 
Il suo avversario nella finale del Roland Garros junior si chiamava Bjorn. I genitori del giovane Fratangelo avevano le idee ben chiare. Era un predestinato. La stella di Dominic Thiem, invece, vive di luce propria, almeno dal giorno in cui battè Thomas Muster a Vienna, nell’ultimo match di "Iron Man". Un affascinante passaggio di consegne tra il passato e il futuro del tennis austriaco. Curiosamente, all’angolo di “Dominator” (come è soprannominato il 20enne di Wiener Neudstadt) c’era Gunther Bresnik, ex allenatore di Boris Becker, che con Muster aveva avuto più di uno screzio. La storia di Dominic parte da lontano: aveva appena otto anni quando il padre bussò all’accademia di Bresnik (ex coach, tra gli altri, di Amos Mansdorf e Patrick McEnroe). Thiem senior voleva fare il coach: “Mio padre fu assunto presso l’accademia di Bresnik. A un certo punto gli disse che aveva un figlio con la passione per tennis, chiedendogli di darmi un’occhiata. Avrò avuto 11 anni”. Oggi Thiem è numero 70 ATP, miglior under 21 del circuito, e ha appena battuto Stanislas Wawrinka sul centrale di Madrid. Un risultato eccezionale: non aveva mai giocato su un campo così importante, contro un avversario così forte, peraltro finalista in carica. L’austriaco si è imposto 1-6 6-2 6-4, mostrando una maturità impressionante nell’ultimo game, quando ha brekkato Wawrinka grazie a uno spettacolare rovescio vincente (a una mano, come piace ai puristi) e una morbida palla corta, sempre di rovescio. Quando l’ultimo dritto dello svizzero è finito in corridoio, non ha esagerato nell’esultanza. Sa di essere forte. Lo aveva capito tanti anni fa, quando Bresnik lo mise sotto la sua ala protettrice. “Giocavamo una volta a settimana, poi gli allenamenti si sono intensificati fino a quando, un paio d’anni dopo, è diventato il mio coach a tempo pieno”.
 
IL DESTINO NEL ROVESCIO?
In Austria si è riacceso l’entusiasmo. ORF Sport Plus, canale sportivo della TV di stato, ha trasmesso in diretta il match nonostante fossero previste soltanto semifinali e finale. Segno che credono parecchio in questo ragazzo, boccata d’ossigeno per chi preferisce la tecnica alle bordate. Eppure non è sempre stato così. “Quando ho conosciuto Bresnik, ero un tennista difensivo e tiravo il rovescio a due mani. Lui ha cambiato tutto, a partire dal rovescio, per rendermi più aggressivo. E’ stata dura: ero il miglior giovane austriaco, ma il mio ranking è crollato a seguito di questi cambiamenti. Ma mi fidavo ciecamente di Gunter”. Ha fatto bene: prima di lui, aveva svolto un percorso del genere anche Pete Sampras, quando Peter Fischer gli insegnò un rovescio a una mano che fu fondamentale per vincere sette volte a Wimbledon. A proposito di paragoni, ha avuto problemi simili a quelli di Juan Martin Del Potro: tra i 16 e i 17 anni è cresciuto di ben 16 centimetri, esponendo il sistema immunitario a una malattia dopo l’altra. Tuttavia, la finale a Parigi e la vittoria all’Orange Bowl gli fecero capire che la strada era giusta. Il passaggio ai professionisti non è stato facile. “Tra i junior sei protetto, poi ci sono pochi giocatori di livello. Ti senti come un pesce enorme in una piscina piccola. Ma nei futures non importa a nessuno, anzi sono ancora più motivati a batterti. La vita nel circuito pro è completamente diversa: essere un top-junior non significa assolutamente che avrai successo tra i professionisti”. Thiem lo ha scoperto sulla sua pelle: pensava che fosse tutto facile, invece ha raccolto un mucchio di sconfitte al primo turno.
 
BENEDETTE QUALIFICAZIONI
Ha impiegato un anno intero per capire che avrebbe dovuto lavorare ancora più duramente. Eppure, neanche cinque primi turni di fila lo hanno scoraggiato. “Devo dare un grande merito a Bresnik: ha trovato il giusto equilibrio tra il farmi capire le cose da solo e dispensare consigli dettati dalla sua esperienza”. E così lo scorso anno è arrivata l’esplosione: partito al numero 304 ATP, ha chiuso in 121esima posizione, vincendo un paio di challenger e cogliendo i quarti a Kitzbuhel e Vienna, i suoi tornei preferiti. Quest’anno ha fatto bene anche fuori dall’Austria, cogliendo un ottimo quarto a Rotterdam, perdendo solo in tre set da Andy Murray. “Dover giocare le qualificazioni piuttosto che avere tante wild card è stata un’ottima esperienza – racconta Thiem – nel circuito ATP le partite sono spesso decise da 2-3 punti, quindi giocare tanti match mi consente di crescere mentalmente”. Grande tifoso del Chelsea (mercoledì scorso era a Stamford Bridge per la semifinale di Champions League), si allena con Ernests Gulbis, il quale ha già promesso che gli avrebbe insegnato…come lanciare le racchette! Scherzi a parte, sembra che il team funzioni alla grande. Da una parte il folle lèttone, dall’altra il posato austriaco. Meglio di così non si può. Anche a Madrid ha passato le qualificazioni, ma i quarti sembrano un obiettivo tutt’altro che impossibile: giovedì sfiderà il vincente di Youzhny-Lopez. Per chi ha battuto il numero 3 ATP, mostrando una così grande maturità, tutto è possibile. A breve, l’inferno delle qualificazioni sarà solo un ricordo. E l’Austria torna a sognare. 

MASTERS 1000 MADRID – IL TABELLONE