E' disponibile in 36 negozi selezionati la nuova Babolat Play, la prima racchetta connessa. Ecco tutti i dettagli.

Di Lorenzo Cazzaniga – 20 maggio 2014

 
Quando un paio d'anni accettai l'invito di arrivare a Roland Garros con un certo anticipo per scoprire quella che all'epoca era stata annunciata come Babolat Play & Connect, mi azzardai a paragonarmi a John Landau che il 22 maggio del 1974 lanciò una delle previsioni più azzeccate scrivendo sul The Real Paper: «Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen». Con gli opportuni paragoni, quel giorno di maggio del 2012 sul campo Suzanne Lenglen di Parigi, pensavo di aver assistito ad un’esibizione che avrebbe cambiato il mondo del tennis. Ci sono voluti altri due anni di studi e sperimentazioni, ma alla fine quel sogno nato undici anni fa in Rue André Bollier a Lione, è diventato realtà. «È come passare da un film muto ad uno moderno» mi disse compiaciuto Eric Babolat. Il nome è stato asciugato in Babolat Play ma la sostanza è rimasta uguale: all’interno dell’impugnatura è stato inserito un sensore in grado di trasmettere una lunga serie di dati tecnici che aiutano a determinare le vostre capacità tecniche e, di conseguenza, a intervenire sui punti deboli. Con la differenza che non si tratta più di un’opinione soggettiva (vostra o del maestro a cui vi affidate) ma di precise rilevazioni che non ammettono repliche. Solo riflessioni e lavoro per migliorarvi, con un aspetto social che la rende ancor più appetibile.
 
Ma andiamo con ordine. Chiediamo di ricevere la Play nuda e cruda, senza ricevere aiuti nella configurazione dell’applicazione, per capire quanto sia pratica. Scarichiamo sull’iPhone la app e, con il bluetooth, la facciamo parlare con la racchetta. Bastano pochi secondi e siamo pronti a testarla. Scambiamo quattro palle per evitare che il sensore registri anche il pittino di riscaldamento, quindi la accendiamo, per dirla alla Gerry Scotti. Il telaio è una comune Pure Drive GT, con inserti di color arancione, quello scelto dai designer Babolat per indicare i prodotti connected. Qualcuno di chi ci ha preceduto, dice che ha notato sottili differenze. Forse un filo suggestionati, ci pare di avvertire un impatto più secco (che peraltro determina un maggior controllo, sensazione tutt’altro che spiacevole) ma stiamo parlando di dettagli. Di sicuro peso e bilanciamento restano inalterati: la scheda madre pesa circa 20 grammi e sostituisce i 20 grammi di pesini che solitamente sono inseriti per equilibrare l’impugnatura. In questo sta la differenza con altri sistemi di questo genere: quello della Sony (che dovrebbe essere applicato alle racchette Yonex ma che rumors dicono possa pesare fino a 10 grammi e nel manico non sono pochi), o della Zepp, che arriva a 18 grammi e con un aggeggio da montare in fondo al manico che rende fastidiosa la presa.
 
Il sensore dovrebbe registrare dati abbastanza elementari (quanti diritti, rovesci e servizi si è colpito) e altri decisamente più evoluti. In definitiva, sono tre le circostanze che mi interessano maggiormente. Il primo è l’impact locator. L’ovale della racchetta è stato suddiviso in cinque parti; quella centrale, il perfetto sweet spot e intorno altre quattro zone che indicano un impatto meno preciso. Il secondo riguarda le rotazioni: finalmente saprò quante volte sono costretto a difendermi in back e se il top può davvero far male. Già, perché a determinarlo è un giroscopio che rileva quando il braccio colpisce un diritto e poi sale su verso l’alto. Un po’ alla Nadal, per intenderci. Si potrebbe obiettare che c’è chi riesce a dare una bella frustata in top utilizzando bene l’avanbraccio e chiudendo più verso il basso. Verissimo: è il limite del giroscopio. Diciamo che viene rilevata una forte rotazione: l’accenno di top spin, quello che poi sostanzialmente non fa male all’avversario, si trasformerà comunque in colpo piatto. Il terzo focus è dato (ovvio) dalla potenza, il dato a cui nessuno sa rinunciare. Ma come si può misurare l’esatta velocità della palla senza l’ausilio di telecamere che possono calcolare tempo e spazio? Hanno trovato un sistema semplice quanto ingegnoso. Hanno preso i loro testimonial top 20 al mondo (parliamo di Nadal, Tsonga, Fognini, eccetera) e hanno rilevato i loro dati ai quali è stato dato un valore pari a 100. Il sensore potrà dunque paragonare la vostra velocità esecutiva con quella pre-determinata dei giocatori pro e fornire un dato in percentuale. In buona sostanza, quando la mia prima di servizio ha raggiunto un valore di 73, vuol dire che viaggia al 73% di quella di uno Tsonga (applausi, thanks).
 
Dopo solo una mezz’oretta, la curiosità di conoscere i dati è troppo forte. Riprendo l’iPhone e col bluetooth scarico direttamente i dati sul cellulare (in dotazione c’è anche un cavetto che viene collegato al sensore da un piccolo plug posto nel tappo, per chi non è dotato di smartphone e vuol scaricare i dati sul computer). Il sistema mi chiede di scegliere tra sessione di allenamento e partita, se ho giocato indoor o all’aperto, su quale superficie e… il mio stato d’animo. Non sono dati obbligatori ma significativi se poi volete estrarre un profilo storico più preciso. Lo accontento e finalmente la sincronizzazione sputa i dati sul mio palmare. Scopro che la mezz’oretta di gioco sono stati in realtà 21 minuti effettivi, che ho eseguito 246 colpi di cui 151 diritti, il 60% dei quali perfettamente nello sweet spot, il 29% verso la testa (e fin qui ci siamo), il restante 10 sparsi qui è là, ma comunque dove non si dovrebbe. Ho volutamente estremizzato il top spin e infatti ben oltre la metà dei miei diritti è rilevata con quella rotazione, mentre il back compare solo nel rovescio.
 
Il tutto si traduce in un grafico, diventato il mio miglior amico del week-end: il pulse. Provo a scaricare… non funziona. Già, bisogna scaricare almeno due sessioni. Detto, fatto: torno in campo, questa volta per la miseria di 13 minuti , ai quali aggiungerò una terza sessione da 4 minuti e 24 servizi. E finalmente posso avere il mio Pulse. Il sistema riassume i vostri dati in tre valori: 1. la tecnica, data dalla precisione dell’impatto; 2. l’endurance, che dipende dal tempo e dal numero di colpi giocati; 3. la potenza. Viene poi calcolata una semplice media aritmetica: il vostro Pulse, appunto, che conteggia le ultime sei sessioni scaricate. È rappresentato da un grafico, una sorta di triangolo che visivamente vi permette di verificare se c’è equilibrio nei tre valori o se è il caso di lavorare su uno in particolare. Certo, non è un indicatore definitivo del vostro livello di gioco, ma ci si avvicina. Esco con un 63,20%. Mi pare perfino un buon risultato. Per scoprirlo clicco sul tasto community, giusto per vedere la mia posizione nel classifica mondiale della Babolat Play: 132° su oltre 2.000 iscritti. Non vale come quella ATP ma son sempre soddisfazioni. Chiaramente, davanti ad un risultato positivo, impossibile resistere alla tentazione di postarlo su Facebook e Twitter e condividerlo con gli amici (oh, in caso di prestazione negativa, potete anche mantenere il segreto di stato).
 
Finita qui? Nemmeno per sogno. Se non vi accontentate de dati dell’ultima sessione, il computer crea dei grafici per verificare i progressi, le giornate storte e quelle più felici. Con le prossime evoluzioni, potrete entrare ancor più nel dettaglio e crearvi grafici a seconda della superficie di gioco, selezionando solo le performance in allenamento o in partita, e così via. Rispetto a quanto mi era stato mostrato due anni prima, sono state aggiunte nuove funzionalità ma è stata cancellata la verifica live. A Roland Garros ci avevano dotato di un tablet sul quale comparivano i dati colpo dopo colpo, in diretta. Volevi sapere quali colpi avevi giocato su una palla break? Bene, il coach/accompagnatore che stava sugli spalti poteva verificarlo. Era un punto molto discusso perché sostanzialmente era una nuova (e pericolosa) forma di coaching. Il giocatore non avrebbe diritto a parlare durante il match col suo allenatore, anche se è una regola tollerata, se non si esagera. Ora, la Federazione Internazionale si è adeguata ai tempi e ha introdotto una norma che consente di applicare (determinati) inserti tecnologici nella racchetta, ma evidentemente si è voluto porre dei limiti alle informazioni che coach e giocatore potrebbero trasmettersi durante una partita. Scelta saggia, prima di vedere stormi di genitori a bordo campo nei tornei giovanili che urlano al proprio figlio: “Non aver paura che l’ultimo diritto l’hai tirato solo al 43%!”. Sia lodata la tecnologia, a patto di poterne fare buon uso.
 
Ma chi può trarre i maggiori benefici da questa tecnologia? Ma, onestamente bisognerebbe girare la domanda. Chiaro che per il veterano i risultati sono più oggetto di curiosità visto che è difficile cambiare gli aspetti del proprio gioco o della propria tecnica. Per il giocatore junior (e per il suo coach) è invece manna. Si possono scoprire i lati deboli, lavorarci e verificare i risultati. Funziona come stimolo all’allenamento e alla competizione, e soprattutto consente ad uno sport definito troppo tradizionale di adeguarsi ai nuovi strumenti social. Per i maestri è uno strumento fondamentale: l’applicazione sviluppa anche una funzione coach dove si possono inserire tutti i propri allievi e tenerli continuamente monitorati. A livello di club, il maestro non può seguire gli allievi in tutti i tornei che giocano, ma la Babolat Play gli consentirà di avere un tracciato tecnico di come si sono comportati in partita. E di valutare il rendimento nel corso dell’intera stagione. Spesso un maestro vede come gioca un allievo in allenamento o nelle partitelle al club; ora ha la possibilità di avere dei dati precisi di ciò che riesce a mettere in pratica in un torneo anche senza avere la possibilità di vederlo live.
 
Ci sono anche dei limiti, va detto. Il sistema ci dice tutto di come abbiamo impattato la palla ma non… se è finita in campo o fuori. Nella mia sessione di 24 servizi, ho ottenuto un punteggio molto alto, anche se ne avrò messi in campo non più del 40%. Quello è un aspetto che dovrete comunque verificare di persona. Già rileva i colpi al volo ma, fino alla prossima versione, non fornisce ancora nessun dato. Così come non sarà facile distinguere un diritto da un diritto al volo, anche se parliamo di colpi che in percentuale rappresentano meno dell’1% delle possibili esecuzioni. Il rischio per personalmente prevedo è quello del… Pulse. Chiaro che crescere in classifica (o all’interno della community che vi potete creare con gli amici) è stimolante, ma in assoluto non vuol dire che chi ha il pulse più alto è il giocatore più forte. L’aspetto più importante è la possibilità di verificare la vostra tecnica, il vostro modo di impattare la palla, le rotazioni che riuscite a imprimere, la regolarità e la costanza negli allenamenti, l’equilibrio tra i vari colpi (a questo proposito, se giocate una partita contro un amico sarebbe interessante verificare i suoi dati: quanti rovescio sono riuscito a farti colpire? Quanti back sei stato obbligato a giocare?). Il lato social è divertente (e utile se giocate contro qualcuno che conoscete poco) ma quello tecnico è ancora più utile.
 
Per adesso la tecnologia Play è disponibile solo su Pure Drive e in alcuni negozi specializzati. Entro fine anno si allargherà la scelta anche agli altri modelli top. L’obiettivo è stato fissato all’anno 2020, quando tutte le racchette Babolat sfrutteranno questo sistema, compresi i telai junior. Piaccia o meno, viviamo in un mondo perennemente connesso. Ora, finalmente, anche sul campo da tennis.