Sara batte le tensioni e coglie un risultato storico: battendo Jelena Jankovic riporta l'Italia in finale al Foro Italico 64 anni dopo…una vedova tedesca!
Da Roma, Riccardo Bisti – 17 maggio 2014
C’è una storia immensa dietro alla finale di Sara Errani al Foro Italico. In primis quella di Sara, con tutte le sofferenze, le fatiche e le umiliazioni dei primi anni di carriera, quando faticava a trovare spazio persino nelle riviste specializzate. Bassa, poco spettacolare, non accendeva le fantasie. Quando raggiunse la finale al Roland Garros, papà Giorgio disse che il primo pensiero corse alle sofferenze del passato. Qualcosa di simile alla commozione, insomma. Gli Errani avranno provato questa sensazione anche oggi, quando l’ultimo rovescio di Jelena Jankovic si è schiantato in rete e ha sigillato il 6-3 7-5 che riporta l’Italia in finale dopo 29 anni. E qui inizia l’altra storia, quella dei libri e delle “memories”. Nel 1985, gli Internazionali furono vinti da Raffaella Reggi. Con tutto il rispetto per “Raffi” (romagnola pure lei), il torneo non valeva quanto oggi. Si giocò all’Italsider di Taranto ed erano gli anni neri del torneo. Gli anni 80 furono spettacolari per la società italiana, desiderosa di divertirsi dopo il terrorismo e le brutture del decennio precedente. Ma non fu così per il nostro torneo. Il maschile ebbe alcuni tabelloni modesti, mentre le donne furono costrette a emigrare. Per cinque anni si giocò a Perugia (dal 1980 al 1984), poi dopo Taranto ci fu addirittura un anno di buco. Poi è iniziata la rinascita, sublimata dalle ultime edizioni, una più scintillante dell’altra. Nel 1985 portammo tre italiane in semifinale: oltre alla Reggi, c’erano anche Laura Garrone e Caterina Nozzoli. Niente di paragonabile alle vittorie di Sarita contro Na Li e Jelena Jankovic, due top-10, una dopo l’altra. E allora, per trovare una finale “pesante” dobbiamo andare fino al 1950, quando non c’era ancora la TV e i sogni della gente filtravano attraverso la radio. Una vedova tedesca vinse il torneo, ma nessuno immaginava che avremmo dovuto aspettare così tanto, addirittura l’era dei social network.
LA BELLEZZA DELL'IMPORTANZA
Annelies Ullstein è nata a Dresda, nella Germania Est, nel 1919. Ma divenne italiana in virtù del matrimonio con il tennista Renato Bossi, poi scomparso in un incidente aereo nel 1947. Non rinunciò al nostro paese, e in seconde nozze sposò Giorgio Bellani, uno dei primi telecronisti sportivi. C’è una foto che la ritrae al Foro nel 1950. Soltanto il gonnellone svolazzante ricorda le immagini di oggi. Per il resto, si vede qualche spettatore sullo sfondo e l’inconfondibile cornice dei campi sotto i pini. In finale battè la britannica Joan Curry con un doppio 6-4, e rimase per un paio d’anni tra le top-10 nelle classifiche stilate dal giornalista Lance Tingay. Sara Errani ha fatto esattamente come lei: due anni tra le prime 10 (ma non vuole fermarsi) e finale a Roma. L’unica differenza, in fondo, sta nella tecnologia. Prima di scendere in campo per il doppio con Roberta Vinci, ha condiviso la sua gioia via Twitter. Per il resto, è tutto uguale. Una gioia immensa, talmente grande da faticare ad esprimerla davanti a un Centrale quasi gremito. Gli abbracci sono arrivati nel tunnel sotterraneo, immortalati dalle telecamere di SuperTennis: Angelo Binaghi, Giovanni Malagò, Roberta Vinci, Pablo Lozano, David Andres, il fratello Giorgio…tutti volevano prendersi un pezzo di Sara. Con questo risultato, è certa di restare al numero 1 azzurro, respingendo l’assalto di Flavia Pennetta. La difesa ripartirà al Roland Garros, ma adesso è presto per parlarne. Oggi bisogna raccontare un match che ha trovato la bellezza nella sua importanza. Sarita ha giocato partite più belle, ma la posta in palio blocca il braccio e annebbia le idee. Neanche il tempo variabile di Roma aiutava a sciogliersi. Per sua fortuna, la Jankovic non era nella sua versione migliore, se non a sprazzi.
IL GRIMALDELLO DI PABLO LOZANO
E’ stato molto importante l’aiuto di coach Pablo Lozano: Sarita l’ha chiamato un paio di volte, e in entrambe le occasioni il match è cambiato. L’ha voluto addirittura dopo tre game, sul 2-1 Jankovic. Risultato? Quattro giochi di fila. Il più importante è stato il break del 4-2, sigillato alla quinta opportunità, con un passante stretto di dritto. Il 6-3 dopo 49 minuti era logica conseguenza. Lo scorso anno, dopo lo 0-6 contro Victoria Azarenka nel primo set, gli altoparlanti del Centrale passarono “Try” di P!nk, una specie di invito a non mollare. Stavolta hanno messo “I gotta feeling”, ben più allegra e protesa verso una vittoria che sarebbe arrivata un’ora dopo, al termine di un tribolato secondo set. Non sappiamo cosa le abbia detto il fratello Marko alla fine del primo set, ma nel secondo abbiamo trovato una Jankovic più propositiva, specie con il lungolinea. La Errani si salvava da 0-40 nel secondo game, ma poi doveva cedere il passo. Il break del 3-1 era sigillato da un gran rovescio lungolinea. Sul 4-1, ecco l’intervento magico: Pablo Lozano torna in campo e Sarita si prende quattro giochi di fila, tornando in scia con un game eccezionale (quello del 4-3), condito da tre punti strepitosi. Quando ha firmato il 5-4 sembrava tutto finito, ma anche lei è un essere umano. Giocava un brutto game di servizio e regalava il 5-5 alla Jankovic. Ma il grimaldello per sfondare la cassaforte, ormai, l’aveva trovato. Negli ultimi due game dominava e non esultava con la stessa intensità dei giorni scorsi. Perché l’espressione di gioia non sempre corrisponde all’intensità della stessa. Ma Sara aveva un mondo intero dentro di sè.
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