Le imprese isolate, le battaglie notturne alla periferia del centrale, le risse e il contorno di Roma. La storia del Foro Italico è costellata di episodi a loro modo unici. Ne abbiamo scelti dieci.

Di Alessandro Mastroluca – 18 maggio 2014

 
Nel giorno delle finali, ci fa piacere darvi appuntamento alla prossima edizione degli Internazionali BNL d’Italia con una carrellata di episodi che hanno segnato la storia (proibita) di questo torneo. Perché ogni volta che metti piede al Foro Italico può succedere di tutto, ben oltre un dritto e un rovescio.
 
Pistolesi-Cierro, ovvero il lato oscuro del tifo
Oggi ci sono i fischi a Fognini, per restare al tennis, e i tifosi di Roma e Napoli che tirano fuori le armi prima di una finale di Coppa Italia. Ieri, nel 1990, le due “curve” si trasferirono per un giorno su uno dei campi laterali del Foro Italico dove l'organizzazione, certo poco lungimirante, aveva programmato il derby tra Claudio Pistolesi e il napoletano Massimo Cierro che l'anno prima aveva messo in crisi per un set Jimmy Connors con palle radenti sulla terra umida. Pistolesi è in tabellone grazie a una wild card, Cierro ha superato le qualificazioni. La tensione è altissima, il supervisor lontano, i controlli praticamente assenti. Sugli spalti si vedono le sirene, le bandiere delle squadre di calcio, poi la tensione esplode. Pistolesi rivolge un insulto poco elegante nella zona dove c'è il fratello di Cierro, che fa lo stesso verso la fidanzata dell'epoca di Claudio. Alla fine Cierro vince l'unico confronto diretto in un main draw ATP. I due si chiariscono comunque dopo un paio di giorni e restano grandi amici, ma quella rissa rimane la testimonianza del lato peggiore del tifo tennistico. E non sono certo gli unici giocatori che a Roma hanno “perso la brocca”.
 
Neuro Canè
Le fioriere, un cartone d'acqua, i posacenere, due o tre estintori. Nulla resiste alla furia di Paolo Canè, che perde la testa dopo essersi fatto rimontare da Jakob Hlasek al primo turno dell'edizione 1991. Era partito bene, l'azzurro, che vince il primo set 6-3 portando a casa cinque game di fila e facendo buon viso al primo di una serie di richiami per fallo di piede. Nel secondo però si deconcentra, inizia a litigare con tutti, soprattutto un giudice di linea, che gli ha chiamato i falli di piede e ha visto fuori la palla di Canè sul punto del possibile 5-5 nel secondo set. Il match di fatto finisce qui. E inizia lo show.
 
“L'ho fatto apposta”
Nel 1996, dove ora ci sono i campi 1 e 2, c'era solo il campo 5. Qui 2500 spettatori assistono al primo turno fra Mark Philippoussis e Roberto Carretero, che arriva dalla vittoria a Amburgo. È una guerra, gli spalti si riempiono subito e perfino dalle tribune dei campi adiacenti la gente si volta per seguire il match. Carretero innervosisce l'australiano che gli tira un paio di pallate addosso. Durante un cambio campo lo spagnolo si avvicina a Philippoussis, più alto di 20 centimetri, e lo affronta a muso duro: “Potresti almeno chiedermi scusa”. “Macché scusa, t'ho colpito apposta!” ammette l'australiano che vince 63 46 76.
 
Pozzi e la seconda ora
Tre anni dopo, sullo stesso campo, non c'è partita tra Gianluca Pozzi e lo slovacco Dominik Hrbaty, che nel 2000 costringerà Agassi a dare un arrivederci molto anticipato a Roma. Il barese, in tabellone grazie a una wild card, riconoscimento degli organizzatori alla sua lunga carriera, non può nulla. Sul 6-0 5-1 per il suo avversario, uno spettatore gli grida: “Pozzi, sbrigate, sennò te fanno pagà a seconna ora!”. La partita dura solo qualche punto in più, il ricordo di quella frase dura ancora oggi.
 
La notte in caserma di Rios
Il ritorno romano di Marcelo Rios nel 2001 inizia nel modo peggiore possibile. Perde in due set una partita triste da Ferrero e con quattro amici si dedica a esplorare la vita notturna della capitale. In discoteca, litiga con il buttafuori e il gruppo viene messo alla porta. A via Orti, a Trastevere, chiamano un taxi. L'autista prova a convincerli che non può caricarli tutti assieme, poi capisce che è inutile. Dopo poco incrocia un collega, così due passeggeri scendono e sul taxi restano Rios, il suo preparatore atletico e un dirigente dell'ATP. Il viaggio dei tre, evidentemente fin troppo su di giri, prosegue tra scherzi pesanti e schiaffi per gioco. L'autista non si diverte per niene e chiama i carabinieri, che incrociano l'auto a piazza Risorgimento. Rios viene fatto scendere, insieme agli altri due, e se la prende contro i militari. Viene così portato in caserma e denunciato per aggressione a pubblico ufficiale.
 
Il panino di Koevermans
L’Italia è stato il campo di conquista preferito di Alberto Mancini. L'ex capitano di Davis argentino ha vinto a Roma nel 1989 in finale su Agassi “versione toupé” e perso in finale nel 1991. Quell'anno, con il Foro Italico in piena “Gabylandia”, impazzito per Gabriela Sabatini, uno spettatore lo salva al terzo turno contro Mark Koevermans. Sul 5-4 per l'olandese nel terzo set, un tifoso lancia una rosetta ai piedi di Mancini che ha appena tirato una debole risposta. Koevermans chiude il punto e si procura due match point, almeno crede. L'arbitro Richard Ings, però, fa ripetere il punto. Mancini vince quel punto, il set e il match prima di ritirarsi in finale contro Emilio Sanchez per un infortunio muscolare all'inguine.
 
Gli straccetti di Stepanek
Il binomio tra Roma e la gastronomia è noto. Chiedere per conferma a Radek Stepanek, che nel 2008 si prende il lusso di battere Federer e firmare così la sua prima vittoria contro un top-3. È un'edizione segnata dagli infortuni: martedì la contrattura di Del Potro contro Murray, mercoledì le vesciche che fermano Nadal, giovedì lo strappo alla coscia di Gonzalez, venerdì il polso di Almagro. Sabato la prima semifinale dura venti minuti: dopo tre game una contrattura scapolo-toracica costringe Andy Roddick al forfait contro Wawrinka. È un ritiro che resta sullo stomaco, è proprio il caso di dirlo, del ceco che a tavola non si trattiene: ricca pasta al sugo, straccetti con i piselli, gelato. Stepanek però non aveva previsto che sarebbe tornato in campo così presto e con 27 gradi. Sotto 6-0 1-0, deve arrendersi all'indigestione e ritirarsi. Le due semifinali durano in complesso 49 minuti. La pasta al sgo di Na Li, dunque, aveva un bel predecessore.

Trilussa: un must
A proposito di cucina romana, la Taverna Trilussa a Trastevere è un cult non solo per i cittadini e i turisti alla ricerca di folklore gastronomico. L'anno scorso, dopo aver perso da Richard Gasquet, Murray ha twittato: “Se siete a Roma non perdete l’occasione di andare al ristorante Taverna Trilussa, qui ho gustato una delle cene migliori dell’anno, la cucina è davvero la migliore del mondo”. L'amatriciana servita nella pentola di rame, con cui qualche giorno fa si è fatta fotografare Ana Ivanovic, ha stregato Federer, Djokovic, Haas e tutti i campioni che fanno sognare i tifosi al Foro Italico e hanno bloccato tutti i tavoli per tutta la settimana.
 
Sugli alberi per Borroni
Su un campo centrale messo su in fretta e furia, che sarebbe stato ricostruito l'anno dopo, per due giorni Corrado Borroni diventa l'idolo del Foro Italico. In un martedì speciale, in cui Santoro fa impazzire un fischiatissimo Sampras, Corrado Borroni vive il suo giorno alla Steve McQueen eliminando Kafelnikov, numero 9 del mondo, in rimonta: 3-6 7-6 6-3. Milanese, orfano di padre, ha iniziato a giocare grazie allo zio. Passato in Austria e per quattro anni in retroguardia alle Pleiadi con Riccardo Piatti, ha deciso di tornare nella sua Milano. È un B1, n.411 del ranking, si allena sui campi dietro San Siro. “I soldi mi servono per pagare il coupé che ho appena comprato” confessa a fine partita. Nonostante questa grande vittoria, gli organizzatori piazzano il secondo turno contro Roberto Carretero sul campo 2, che può contenere non più di 600 spettatori. Ma tutti vogliono vederlo e qualche temerario si arrampica sugli alberi per avere una visione migliore. Borroni continua a giocare su una nuvola e vince 7-6 7-6. La magia però finisce presto e al terzo turno raccoglie solo pochi game contro il suo idolo Stefan Edberg.
 
A mezzanotte sai…
Rugantino le voleva in suo soccorso. Ma per i tennisti, ritrovarsi a giocare sui campi laterali sotto le stelle più brillarelle di Roma è un'esperienza straniante. Quando le luci artificiali illuminano spalti deserti, con i tifosi concentrati sul Centrale per la sessione serale, e un'umidità che penetra nelle ossa, inizia un torneo diverso, che ha per protagonisti doppisti spesso oscuri. Ma a volte la pioggia può ritardare i programmi, come accaduto nel 2005 quando Davide Sanguinetti ha vinto una partita surreale, infinita, al tiebreak del terzo set contro Max Mirnyi. Ha finito a mezzanotte e mezza, ha chiuso al tiebreak del terzo set dopo aver salvato tre match point. Peccato che si sia trovato a giocare una partita così praticamente in privato, davanti a qualche decina di spettatori irriducibili.