L’OPINIONE – Le agghiaccianti scelte tattiche di Djokovic durante la semifinale rendono Federer favorito. Per centrare l’impresa (e fare un regalo a Federer), il serbo ha solo una chance: non ascoltare i consigli del tedesco e giocare come negli anni passati.
Di Riccardo Bisti – 5 luglio 2014
Federer ha vinto Wimbledon. Lo avrà pensato ogni appassionato durante le semifinali. Se il torneo fosse finito venerdì, non ci sarebbero dubbi: Roger alzerebbe al cielo il trofeo per l’ottava volta, superando William Renshaw e (soprattutto) Pete Sampras. Il suo torneo è stato impeccabile. Un po’ fortunato, ok, ma regale. C’è l’asterisco del piccolo problema fisico di Stan Wawrinka, unico test davvero complicato. Ma gli asterischi, come le note a piè di pagina, non li legge quasi nessuno. E se davvero Roger dovesse intascare il 18esimo Slam, mettendo un fondamentale tassello tra sè e Rafa Nadal, nessuno ricorderà che Wawrinka ha giocato per tre giorni di fila a causa della testardaggine degli organizzatori. Lo esalteranno, a ragione, anche perchè diventerebbe il terzo giocatore più anziano dell’Era Open a vincere uno Slam. Meglio di lui hanno fatto solo Ken Rosewall (quattro volte!) e Andres Gimeno, che nel 1972 vinse un Roland Garros fuori da ogni logica. Ma c’è un problema: Wimbledon non è ancora finito. C’è ancora una partita da giocare, la più difficile. L'avversario si chiama Novak Djokovic, numero 2 ATP, prima testa di serie e capace di batterlo già 16 volte (su 34 scontri diretti). Entrambi avranno molto da perdere: Federer sa che ogni finale Slam potrebbe essere l’ultima, mentre Djokovic ha in palio il numero 1 ATP (scavalcherà Nadal in caso di vittoria) e la libidine psicologica di presentarsi al matrimonio con il titolo di Wimbledon in tasca. Cosa sarebbe il maxi-ricevimento nel paradiso terrestre di Sveti Stefan, in Montenegro, se davvero Djokovic intascherà il titolo? Lo possiamo solo immaginare, ammesso che si sposi veramente il 9 luglio, come sostengono diverse fonti.
UN GIORNO DI ANARCHIA
Ma Djokovic ha giocato un torneo così così. Ha lasciato un set a Radek Stepanek, ha rischiato di fare altrettato con Tsonga, mentre avrebbe potuto perdere contro Cilic e Dimitrov. La semifinale contro il bulgaro ha avuto un "non so che" di surreale. Nel box giocatori c’era Maria Sharapova, fidanzata di Dimitrov. Le figura in tribuna giocatori erano il simbolo del tempo che passa. Nel 2007, alla sua prima grande finale (Us Open, contro Roger Federer), Djokovic accolse proprio la Sharapova nel suo box. Presenza amichevole, anche se – ovviamente – si parlò di una possibile liason. La verità è che sono buoni amici, hanno girato insieme qualche spot per la loro marca di racchette. Ma oggi era tutto diverso: Masha era al fianco di Grisha, mentre Nole ha lasciato in appartamento la sua Jelena Ristic, in dolce attesa. Un incrocio che ha creato confusione, ma mai come il ruolo di Boris Becker. In sei mesi, Nole ha vinto un solo torneo (Roma) con Boris al suo angolo. Peraltro, al Foro Italico c’era anche Marian Vajda. "Djoko" ha detto e ridetto che l’esperienza di Becker gli sarebbe servita "nei momenti importanti, contro i grandi avversari". Ad oggi è stato un fallimento. Ha perso le partite più importanti, rischiando di perdere quelle dove era nettamente superiore. Eppure, come il Barcellona di Pep Guardiola, fedele al suo tiki-taka fino allo sfinimento (e all’autolesionismo), Nole continua con ammirevole costanza. Ma se vuole avere una sola chance di battere Federer, deve avere la personalità di fare la testa sua. Se vuole continuare con Becker, faccia pure. Magari avrà ragione e faranno il Grande Slam nel 2015. Ma domenica, per un solo giorno, deve dimenticarsi di avere Bum Bum al suo angolo e tornare il Djokovic degli anni passati. Un giocatore sicuro di sè, delle sue qualità, per nulla bisognoso di cercare cose nuove.
QUELLE TREMEBONDE VOLEE
Suggestionato dal clima del Centre Court, laddove Becker faceva quel che voleva, contro Dimitrov ha fatto cose agghiaccianti. Discese a rete senza senzo, persino serve and volley sulla seconda palla. Come se volesse dimostrare qualcosa a se stesso, a Becker, alla gente. Sappia, il simpatico Nole, che contro Federer non potrà permetterselo. Le sue volèe sono tremebonde, lo slice assomiglia a quello dei pedalatori sudamericani. Per battere “i grandi avversari nei grandi tornei”, Djokovic non ha bisogno di sfidare gli avversari nel loro terreno. Sarebbe persa in partenza. Su quel campo, Becker si tuffava come se fosse in piscina, faceva a schiaffi da fondo con Agassi…ma poteva permetterselo. Nole no. Nole deve riguardarsi il DVD della semifinale del 2012 e capire come ha fatto a perdere in quattro set. Le discese a rete non serviranno a nulla, se non a incrementare il divario a favore di Federer. Deve mettersi un bel paio di cuffie, come fanno gli operai mentre lavorano con il trapano. Dimenticare gli stimoli esterni e riprendere a martellare con i suoi colpi da fondocampo. Dai, dai, dai, la lunga distanza potrebbe dargli una mano. Non ci sono altre vie. Per gli esperimenti ci sarà tempo. Anche Becker – che non è uno stupido – sarebbe contento. Vincere questa finale significherebbe pareggiare i conti con Stefan Edberg, che lo battè in due delle tre finali consecutive che i due giocarono tra il 1988 e il 1990. Becker è stato più forte di Edberg (25-10 negli scontri diretti: il divario ricorda qualcosa?), ma le sfide a Wimbledon dice il contrario. Se persino Ivan Lendl è riuscito a coronare il suo sogno seduto nel players box, anche Boris può togliersi questo sassolino dalla scarpa, una libidine mentale che Stefan porta con sè da 24 anni. Ma per avere speranze, Boris dovrà fare solo una cosa: restare in silenzio. Battaglia persa in partenza, vero?
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