L’OPINIONE – La sfrenata esaltazione per la vittoria di Errani-Vinci a Wimbledon ha lasciato a bocca aperta. La portata tecnica del successo non meritava tale risonanza. O qualcuno pensa che valga più di un quarto di finale in singolare?

Di Riccardo Bisti – 8 luglio 2014

 
Sara e Roberta sono nella storia: un orgoglio italiano (Gazzetta dello Sport)
Errani e Vinci nella storia: Wimbledon e Slam (Corriere dello Sport)
Errani e Vinci regine: trionfano in doppio e sono nella storia (Tuttosport)
Errani-Vinci: le prime italiane ad espugnare Wimbledon (Repubblica)
Errani e Vinci nella storia: primo trionfo azzurro a Wimbledon (Corriere della Sera)

 
Sono i titoli delle prime pagine di alcuni quotidiani, sportivi e non, di domenica scorsa. Ma la carrellata avrebbe potuto andare avanti. La vittoria di Sara Errani e Roberta Vinci a Wimbledon ha scatenato una glorificazione senza precedenti. Nello scorrere la rassegna stampa, c'era da restare francamente interdetti. Brave, bravissime, ma davvero meritavano una risonanza del genere? Davvero meritavano foto giganti, condite da editoriali e contro-editoriali? La risposta è scontata: no. Attenzione, non vogliamo in nessun modo sminuire il successo di Sara e Roberta, meritato e meritevole di attenzione. Completare il Career Grand Slam è un risultato di prestigio, e riuscirci a Wimbledon ne ha alimentato il fascino. Una vittoria a Wimbledon, laddove l’Italia non aveva mai trionfato (junior a parte), ha un sapore speciale. Lo sa bene Jamie Murray, fratello di Andy, che per anni ha scherzato dicendo di essere “l’unico in famiglia ad aver vinto Wimbledon” in virtù di un remoto successo in misto. Campioni di Wimbledon lo si resta per tutta la vita, anche se si tratta del torneo junior o del doppio misto. Quindi, le azzurre sono state brave e meritano i dovuti complimenti. Vederle giocare, inoltre, è piacevole. Sono una della poch(issim)e coppie ad adottare schemi classici, in cui la volèe è prevista nel disegno tattico. Senza contare che sanno adottare con efficacia anche la “I formation” all’australiana, schema sconosciuto a tante coppie per…manifesta inadeguatezza. Il problema è che il doppio femminile, ancor più del maschile, è una specialità di basso livello. Una specialità che nessuno (nessuno!) seguirebbe se non avessimo una coppia italiana al vertice. Trovarsi lassù va benissimo perchè le partite vanno vinte e nessuno regala niente, però non è dal doppio femminile che si valuta lo stato di salute di una nazione. Non ci risulta che in Ungheria abbiano esaltato la finale ottenuta da Timea Babos, o che in India facciano i salti di gioia per la quinta posizione di Sania Mirza, riciclatasi come doppista. Lasciando perdere il caso di Kimiko Date in singolare, il doppio femminile non è certo una specialità proibitiva: tra le top-50 troviamo Liezel Huber (38 anni), Martina Hingis che ha preso a vincere tornei mentre allenava la Lisicki, nonchè la 41enne Lisa Raymond, la cui attività non conosce pause da 25 anni!
 
FRASI E PAROLE ROBOANTI
Queste cose, evidentemente, sono sconosciute a titolisti e caporedattori che hanno dedicato così tanto spazio al successo delle azzurre. Sara e Roberta sanno bene che le difficoltà del singolare sono ben altra cosa, e magari sarebbero liete di avere la stessa considerazione quando ottengono un risultato di rilievo nei tornei individuali. E sanno bene che un quarto di finale (ma anche un ottavo…) in singolo avrebbe un valore tecnico ben più elevato. Se il successo a Wimbledon ha scatenato entusiasmo e parole roboanti (“storia”, “orgoglio italiano”, “espugnare Wimbledon”), cosa avrebbero dovuto titolare quando la Errani ha centrato per tre volte di fila i quarti a Roland Garros (peraltro con una finale e una semifinale), o ha raggiunto la semifinale allo Us Open? E come avrebbero dovuto celebrare la lezione di tennis inflitta dalla Vinci ad Agnieszka Radwanska allo Us Open 2012, quando la polacca era numero 2 del mondo? Secondo questa logica, queste imprese avrebbero dovuto scalzare il Dio Pallone dall’apertura dei quotidiani sportivi. Intendiamoci: è (molto) positivo che il tennis trovi spazio nei media, nei TG e sia sempre più popolare, come peraltro è certificato dai dati sui tesserati agonisti, in continua crescita. Ma tale popolarità dovrebbe essere accompagnata da una maggiore cultura tennistica, in grado di riconoscere la portata di un successo. I toni trionfalistici per questo successo, francamente, hanno superato il limite. Diventa dunque necessario spiegare chi hanno battuto prima di sollevare il trofeo e stringere la mano al Duca di Kent.
 
Jelena Jankovic – Alisa Kleybanova (ranking combinato: 79)
Lyudmyla Kichenkok – Nadiia Kichenkok (179)
Shuko Aoyama – Renata Voracova (117)
Ashleigh Barty – Casey Dellacqua (25)
Andrea Hlavackova – Jie Zheng (36)
Timea Babos – Kristina Mladenovic (56)
 
Nomi perloppiù sconosciuti al grande pubblico, salvo Jelena Jankovic che però sull’erba fa grande fatica. L’unica coppia davvero ostica incontrata è stata Barty-Dellacqua, molto competitive negli Slam e duo australiano di Fed Cup. Non cadremo nel tranello di dire: “Ah, se ci fossero state le big, Sara e Roberta non avrebbero tutte queste vittorie”. Non esiste controprova: se è vero che contro le sorelle Williams avevano raccolto una brutta sconfitta alle Olimpiadi, si erano vendicate all’Australian Open 2013. Ma i numeri sono chiari: soltanto diciotto giocatrici sono comprese tra le top-50 sia del ranking di singolare che in quello di doppio. Tra loro, una sola top-10 (Jelena Jankovic, 9 in singolare e 27 in doppio). E’ dunque un dato di fatto che la concorrenza sia inferiore di un buon 65%. Errani-Vinci hanno trovato una grande alchimia tecnica e umana che le ha rese più forti del restante 35%, anche delle asiatiche Hsieh-Peng, che le avevano superate per qualche mese. Non era scontato che due ragazze sotto il metro e settanta, competitive anche in singolare, diventassero così forti in coppia. Per questo meritano i dovuti complimenti, anche se il maligno ricorderà sempre le difficoltà al servizio della Errani e si domanderà come faccia a vincere così tanto in doppio. Oppure…come rispondono le avversarie. Sabato scorso abbiamo assistito a una finale di rara bruttezza, non certo per colpa delle azzurre. Babos e Mladenovic ridevano isteriche ancor prima di scendere in campo (soprattutto l’ungherese), dando l’impressione di prendere la finale di Wimbledon come un pic-nic sul Centre Court. E hanno mostrato alcuni limiti francamente imbarazzanti, su cui le nostre hanno fatto bene a infierire. Qualcuno pensa che la Babos si sarebbe comportata così se avesse giocato la finale del singolare?
 
VERITA' ED EQUILIBRIO
Il messaggio più bello che emerge da questo Career Grand Slam, in fondo, sta proprio nella grande amicizia tra Sara e Roberta. Tra loro si è creato un rispetto tale da decidere di affrontare il doppio come se fosse una missione, anche a discapito (ogni tanto…) del singolare. Si è visto al Foro Italico, quando la Errani ha provato ugualmente a giocare la finale del doppio dopo essersi fatta male contro Serena Williams. Loro lo sanno bene e se la ridono, così come ride anche il loro conto in banca: la vittoria nel doppio a Church Road ha fruttato 325.000 sterline (oltre 400.000 euro) al lordo delle tasse, quindi è plausibile che abbiano intascato circa 100.000 euro a testa. Loro ridono, trasmettono un’immagine positiva e fanno bene a prendersi una “glorificazione” sportiva francamente esagerata. Sono le prime a saperlo ma non possiamo certo aspettarsi che siano loro a dirlo. Sanno troppo bene che alla prossima sconfitta saranno già dimenticate, e certe prime pagine resteranno ritagli di giornale per gli album di famiglia. Raccontare la verità spetta ad altri. Noi ci abbiamo provato.
 
GIOCATRICI COMPRESE TRA LE TOP-50 IN SINGOLARE E IN DOPPIO (*)
Jelena Jankovic 9 – 27
Flavia Pennetta 13 – 32
Sara Errani 14 – 1
Carla Suarez Navarro 16 – 35
Lucie Safarova 17 – 30
Samantha Stosur 18 – 41
Ekaterina Makarova 19 – 9
Andrea Petkovic 20 – 47
Anastasia Pavlyuchenkova 23 – 38
Roberta Vinci 24 – 1
Garbine Muguruza 28 – 33
Barbora Zahlavova Strycova 31 – 37
Klara Koukalova 32 – 36
Daniela Hantuchova 34 – 49
Casey Dellacqua 36 – 18
Caroline Garcia 45 – 45
Elena Vesnina 47 – 8
Shuai Peng 50 – 3

(*) sono riportate la classifica WTA in singolare e quella in doppio (ranking del 7 luglio 2014)