Fognini si arrende in semifinale allo spagnolo, tra i giocatori più migliorati del 2014. Una sconfitta che non deve preoccupare, ma accendere gli stimoli in vista di Amburgo.
Di Riccardo Bisti – 12 luglio 2014
La serie positiva si è interrotta contro un grande giocatore. Sarebbe facile criticare Fabio Fognini per non aver mantenuto la striscia vincente a Stoccarda, ma in semifinale ha trovato un avversario che è probabilmente il giocatore più migliorato del 2014. In sei mesi, Roberto Bautista Agut ha guadagnato una cinquantina di posizioni e si è attestato al numero 23 ATP. Salirà ancora e non è da escludere un piazzamento tra i top-20 a fine stagione, forse anche qualcosa meglio. Bautista è un tipo serio, diverso dal clichè degli spagnoli. Attenzione: non è il banale assioma “spagnolo atipico” che è uno dei luoghi comuni meno azzeccati del tennis. Parliamo delle sue peculiarità caratteriali. E’ un tipo serio, riflessivo. E’ difficile trovare una foto in cui sorride. Ricorda un po’ David Ferrer per la serietà con cui affronta il mondo. Una serietà che sfocia nell’introspezione quando si scopre che è un grande appassionato di cavalli (ne possiede due), con i quali ha un rapporto molto…spirituale. Non deve stupire, dunque, che Roberto abbia scelto il tennis a 14 anni, un po’ come fece Nick Kyrgios. L’australiano aveva preferito la racchetta al basket, mentre Bautista era una promessa del calcio. A sentirlo parlare, era più promettente com calciatore che come tennista. “Giocavo da attaccante e segnavo in tutti i modi, anche con le orecchie”. Giocava nelle giovanili del Villarreal, squadra per cui tifa ancora. Ma il calcio, la vita di squadra, di collettivo, non facevano per lui. Con l’aiuto di Jorge Belles, suo mentore da quando era bambino, ha trovato la sua strada in un paese dove non è facile emergere. Sembra un paradosso, vista l’enorme quantità di tennisti spagnoli, ma la concorrenza riduce gli spazi. “In qualsiasi altra nazione giocherei in Coppa Davis, mentre in Spagna non sono nessuno” diceva un paio d’anni fa, quando si era infilato tra i top-100 nell’indifferenza generale.
I TRE SEGRETI DI BAUTISTA
L’esordio in Davis è arrivato comunque nel 2014, anche se non è stato positivo. La Spagna ha perso contro la Germania, ma Bautista non si è scomposto. Hanno iniziato a parlare di lui quando ha battuto Juan Martin Del Potro all’Australian Open, poi una serie di ottimi risultati (su tutti la semifinale al Masters 1000 di Madrid) lo hanno reso uno dei tennisti più trendy del momento. Si è aggiudicato il primo titolo ATP sull’erba di ‘s-Hertogenbosch, mostrando una certa completezza. Il 6-3 6-4 con cui ha battuto Fognini a Stoccarda è l’ennesima testimonianza della sua versatilità. Bautista è partito subito forte: 3-0, 4-1, poi l’incontro è stato sospeso per pioggia. Fognini era piuttosto nervoso, ma la colpa non era sua. Era soprattutto di Bautista, interprete di un tennis semplice ma ragionato, oltre che molto regolare. Ha arricchito il suo gioco con un interessante serve and volley che gli è tornato utile nelle fasi decisive del secondo set, quando Fognini ha avuto diverse palle break (due sul 4-3, tre nell’ultimo game). Un giocatore che ha compiuto il salto di qualità grazie a tre chiavi: l’impugnatura con cui gioca il dritto, molto meno esasperata rispetto agli altri spagnoli, la maturità che è sopraggiunta con l’esperienza e l’arrivo di uno staff tutto suo, che gli ha consentito di aggiustare tanti piccoli dettagli. Dopo aver lavorato 14 anni con lo stesso allenatore (Belles), ha effettuato una serie di cambi che oggi lo hanno portato ad avere un team guidato da Pepe Vendrell, di cui fanno parte anche preparatore, fisioterapista e psicologo. Insomma, per Fognini non è una brutta sconfitta. E’ un risultato che poteva starci (nonostante i precedenti favorevoli) e che dovrebbe motivarlo ancor di più in vista del grande happening di Amburgo, dove sarà chiamato a difendere un titolo ancora più pesante.
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