US OPEN – La Bencic è la più giovane quartofinalista dai tempi della Hingis. Ancora oggi, è seguita part-time dalla madre di Martina. La sua avventura a NY può andare avanti: ora sfida Shuai Peng.

Di Riccardo Bisti – 1 settembre 2014

 

Il 6 settembre 1997, quando Martina Hingis maciullava Venus Williams nella finale dello Us Open, Belinda Bencic aveva appena sei mesi. Probabilmente nemmeno i suoi genitori, figli di immirati slovacchi proprio come Melanie Molitor (mamma coach di Martina), pensavano che la piccola Belinda sarebbe diventata una giocatrice di tennis, peraltro con ottime chance di diventare una campionessa. Il cerchio si è chiuso nell'ultima notte di agosto di 17 anni dopo, quando la Bencic è ufficialmente entrata nell'elite. Per carità, era questione di tempo. Lo scorso anno aveva vinto due Slam junior (Parigi e Wimbledon) e tutti, a partire dagli addetti ai lavori, le pronosticavano un grande futuro. Ma lei ha bruciato le tappe, con quell'espressione sorridente e rilassata che la distingue dalle teenager di oggi, fameliche e desiderose di spaccare il mondo. Non che Belinda non voglia, ma il suo modo di porsi, così silenzioso (in campo) e sorridente (fuori) la fanno apprezzare. E poi c'è quel legame profondo con la Hingis: durante il match contro Jelena Jankovic era nel suo box, inquadrata e fotografata a più non posso. Il motivo è presto detto: nel suo DNA tecnico c'è lo zampino di Melanie Molitor, che dopo aver accompagnato la figlia continua a insegnare tennis. E più di un osservatore ha notato una certa somiglianza proprio con la Hingis. “Non c'è dubbio che mia madre presti grande attenzione alla tecnica, poi lei ha un ottimo rovescio” ha detto la Hingis, che si è anche allenata con lei alla vigilia del torneo. Battendo la Jankovic (seconda top-10 di fila dopo la Kerber), ha azzannato, dove avrà un match tutt'altro che impossibile contro Shuai Peng. Ed è la più giovane ad andare così avanti allo Us Open dai tempi di…Martina Hingis! “Davvero? Sapevo di essere la più giovane negli ottavi dopo Tamira Paszek. Questo risultato mi rende orgogliosa”.


POTENZIALE DA TOP-5

Pochi exploit e tanta sostanza: ad oggi, la Bencic è cresciuta gradualmente, senza fare chissà quale botto. Si è fatta notare in Australia, quando battè al primo turno Kimiko Date in uno scontro più che generazionale (la giapponese ha 27 anni più di lei!), poi è cresciuta piano piano. A Charleston ha ottenuto una bella semifinale, poco considerata dalle nostre parti perchè era il weekend di Italia-Gran Bretagna, poi si è qualificata sia a Madrid che a Roma. Al Foro Italico, in una serata umidiccia, ha perso contro Flavia Pennetta. Neanche il tempo di finire la domanda, e Flavia ha risposto sicura: “Si, diventerà molto forte. Non le manca nulla”. La classifica l'ha issata al numero 58 dopo che era scattata al numero 212, ma ad oggi non si intravedono limiti. Secondo la Hingis, può tranquillamente arrivare tra le prime cinque. Poi si vedrà. Contro la Jankovic ha mostrato una maturità sorprendente: sempre in svantaggio nel primo set, ha saputo rimontare quando la serba ha servito sul 5-4 e sul 6-5, giocando un ottimo tie-break. “Non ho avvertito la pressione di giocare sull'Arthur Ashe, in fondo non avevo nulla da perdere. Era lei a dover vincere per forza. Il segreto? Non pensare troppo al punteggio, soprattutto nei punti importanti. Il campo è eccezionale, ho avuto bisogno di qualche game per abituarmi”.


L'ONNIPRESENTE PAPA' IVAN

Ma Belinda si abitua presto. Le hanno messo una racchetta in mano quando aveva due anni e mezzo e ha giocato il suo primo torneo a quattro, contro un'avversaria di dieci. “E ho perso 6-0 6-0, anche se mio padre mi diceva che se avessi vinto un paio di game per set era come se vincessi la partita”. La crescita è stata rapida, grazie all'aiuto di mamma Hingis che l'ha curata per otto anni, sotto gli occhi vigili di papà Ivan. Persino la TV svizzera, presa dalla suggestione di una bambina allenata dalla Molitor, mandò una troupe a Wollerau quando aveva 11 anni. I Bencic sono una famiglia normale, non troppo ricca. Per questo è stato fondamentale l'aiuto di un investitore, Marcel Niederer, che con il tempo è diventato il suo manager e non è stato sostituito nemmeno quando Belinda ha firmato col colosso Octagon. Quando ha capito che avrebbe potuto sfondare (“Anche se è stata una cosa graduale, non c'è stato un match in cui è scattato il click”), ha ampliato l'orizzonte. Melanie Molitor c'è sempre, ma con un ruolo marginale. Si allenano insieme un paio di giorni ogni due mesi, come a non voler recidere del tutto un legame che ormai è diventato simbolico. Nel periodo di offseason, svolge la preparazione presso l'accademia di Chris Evert a Boca Raton, dove sfrutta il caldo della Florida e sparring di alto livello. In estate, rifinisce la preparazione presso il Tennis Club Sparta Praga, vicino a casa e con tante top-juniors. In tutto questo, c'è l'onnipresente papà Ivan, che non la molla un attimo, forse preoccupato da un mondo che brucia con grande facilità le giovani stelle. In effetti, per ora, a parte qualche high-five con Stan Wawrinka e il desiderio di un selfie con Federer o Nadal, non c'è traccia di fidanzati. Tennis, solo tennis. Al massimo qualche libro giallo (“Quelli li leggo in tedesco, mentre ho letto le biografie di Agassi e Nadal in inglese”) e un po' di internet, dove mostra una passione quasi maniacale per il tennis. Quando accende il computer, infatti, i primi siti che visita sono quelli dell'ITF e della WTA. Di certo li guarderà lunedì prossimo, quando il ranking la porterà intorno alla 35esima posizione, ma solo se dovesse perdere dalla Peng. In caso contrario, l'elite pronosticata da Martina Hingis sarebbe ancora più vicina. Ma è solo questione di tempo.