US OPEN – La Pennetta ilude per qualche minuto, sale 3-0, poi viene travolta da una ruspante Serena Williams, raramente concentrata come oggi. Difficilmente avrebbe potuto fare di più.
Di Riccardo Bisti – 4 settembre 2014
Per qualche minuto abbiamo sperato di vivere una nottata epica. Abbiamo sperato che Flavia Pennetta regalasse all’Italia una delle imprese più belle della sua storia. Prima di perdere 6-3 6-2, l’azzurra si è trovata avanti 3-0 (con doppio break!) su Serena Williams nel catino dell’Arthur Ashe, svuotato e riempito a tempo di record dopo che Nishikori-Wawrinka aveva sforato l’orario previsto. Avrebbero dovuto scendere in campo alle 19 locali, invece erano le 20. Una prime-time vera e propria per Flavia, proprio come cinque anni fa, quando rimase agganciata a Serena fino a mollare la presa perchè certe vette, per lei, sono impossibili da raggiungere. Ma mica perchè non è capace: semplicemente, se un motore ha una certa cilindrata, non può andare oltre. Altrimenti si rompe. Però, nei dieci minuti iniziali, Flavia è scesa in campo con una carica eccezionale. Uno, due, tre pugnetti hanno lasciato allibiti avversaria e pubblico. Il piano tattico era perfetto e funzionava. Palle profonde, tanta aggressività e qualche regalo (ma mica tanti!) di Serena. “Lei giocava in modo incredibile – ha ammesso Serena a Pam Shriver – io non facevo nulla di sbagliato, tanto da aver pensato che se andava avanti così non avrei avuto chance”. Ma Flavia era già al limite, ed anche solo restare a certi ritmi sarebbe stato miracolo. Serena ha lentamente trovato la misura dei colpi e il feeling con il campo (e con il completino: un abito leopardato e cortissimo, forse persino lei avrà provato un pizzico di imbarazzo nell’indossarlo). Dopo l’inizio terrificante, dove le rimaneva in campo qualsiasi cosa, Flavia ha perso la base per sperare nel successo: la prima di servizio. La percentuale è improvvisamente calata e Serena si è avventata sulle seconde, ma anche sulle prime meno incisive. Sei giochi di fila ci hanno riportato sulla terra e a più miti consigli.
RISULTATO GIUSTO
Flavia ha ritrovato il servizio in avvio di secondo, dove ha provato a fare gara di testa. Ha tenuto bene i primi due turni di battuta (2-1 per lei), ma a quel punto Serena ha rotto gli indugi è si è presa 20 degli ultimi 25 punti. Il match è entrato nei binari a lei più favorevoli: bum, bum, bum, senza quasi scambi da fondocampo. Non è un caso che la partita sia durata appena 64 minuti, uno in meno rispetto a Wozniacki-Errani, dove pure il punteggio era stato ancora più netto. Purtroppo per Flavia, diverse armi tattiche non sono bastate. Ha provato a giocare il dritto lavorato, nella speranza di far arretrare la Williams. Sulla terra hai qualche chance, ma sul cemento è impossibile. Se poi vai a stuzzicare il rovescio dell’americana, beh, c’è poco da fare. Colpisce la palla in fase ascendente e spesso trova il winner. Un varco si poteva trovare nel farle giocare il dritto in corsa, ma è facile a dirsi. Il punteggio finale, nel complesso, rispecchia i valori. Non c’è niente di male e nemmeno un disonore, se non un pizzico di recriminazione per essere finita nel quarto più proibitivo. Visti i nomi delle altre tre semifinaliste (Ekaterina Makarova, Caroline Wozniacki e Shuai Peng), il nome della Pennetta non avrebbe certo sfigurato tra le Last Four. Tutto sommato va bene così, anche se centrare le WTA Finals diventa un’impresa pressochè impossibile: attualmente è 15esima con 2577 punti, 1.000 abbondanti in meno rispetto ad Ana Ivanovic (ottava). La situazione potrebbe diventare ancora più complicata se Wozniacki e Makarova (che già le stanno davanti) dovessero incamerare altri punti. Ma se nè lei nè Sara Errani dovessero andare a Singapore (almeno in singolare) non è certo a causa dello Us Open.
A DUE MATCH DA CHRIS E MARTINA
Si conferma la tesi secondo cui Serena Williams è più vulnerabile nei primi turni piuttosto che nelle fasi decisive. In carriera ha raggiunto le semifinali per 24 volte: in 17 ha vinto il titolo, con una percentuale eccezionale. Significa che quando sente il profumo del titolo, del trofeo (o del piatto) da sollevare, la libidine dei servizi fotografici…diventa quasi imbattibile. Contro Ekaterina Makarova partrà favorita, anche se ci ha perso due anni e mezzo fa all’Australian Open. Ma erano gli ottavi di finale e Serena non era lei. Patrick Mouratoglou doveva ancora arrivare ed era infortunata alla caviglia per una storta presa due settimane prima a Brisbane. Il 6-4 6-0 dello Us Open 2012 sembra più indicativo dell’attuale divario tra le due. L’Italia, dunque, resta senza rappresentanti nei tornei di singolare. Non possiamo certo lamentarci delle donne, che per il terzo anno di fila sono arrivate in due nei quarti (e da sette edizioni ne piazziamo almeno una). I risultati degli ultimi anni, così scintillanti, ci avevano abituato troppo bene. Non sarà facile mantenere queste medie. Al contrario, la situazione tra gli uomini è decisamente migliorabile: gli azzurri hanno tutti perso al secondo turno, sia pure in circostanze diverse. Il lato positivo è che avranno più tempo per prepararsi per la semifinale di Davis a Ginevra. Proprio in chiave Davis, la sconfitta di Wawrinka contro Nishikori può essere una brutta notizia. Fosse rimasto qualche giorno in più negli States, beh, non sarebbe stato male. Ma questa è un’altra storia. Adesso è il momento di Serena e della rincorsa al sospirato 18esimo Slam, come Martina Navratilova e Chris Evert.
US OPEN 2014 – DONNE
Quarti di finale
Serena Williams (USA) b. Flavia Pennetta (ITA) 6-3 6-2
Ekaterina Makarova (RUS) b. Victoria Azarenka (BLR) 6-4 6-2
Shuai Peng (CHN) b. Belinda Bencic (SUI) 6-2 6-1
Caroline Wozniacki (DAN) b. Sara Errani (ITA) 6-0 6-1
Semifinali (venerdì)
Serena Williams (USA) vs. Ekaterina Makarova (RUS)
Caroline Wozniacki (DAN) vs. Shuai Peng (CHN)
Post correlati
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...