Il croato domina Berdych 62 64 76, tirando 19 ace e 46 vincenti. E’ la seconda semifinale Slam in carriera, a quasi cinque anni dalla prima. Goran Ivanisevic, che coach!

Di Alessandro Mastroluca – 5 settembre 2014

 
In semifinale Ivanisevic, Chang e Becker. Ancora in corsa Edberg per l'ultimo posto. Lo Us Open 2014 si trasforma nella rivincita delle leggende, nella seconda chance per i campioni diventati coach. L'impatto maggiore è senza dubbio del croato: la trasformazione del servizio di Cilic è merito suo. Come i 19 ace con cui si è aperto di forza la strada verso la seconda semifinale Slam in carriera dopo l’Australian Open 2010. “Ivanisevic è una persona incredibilmente perbene – ha raccontato Cilic a Sports Illustrated – c'è sempre, qualunque cosa succeda. Forse chi l'ha visto solo in tv pensa che sia un po' matto, che abbia un temperamento esplosivo. Ma non è così, per quello mi diverto tanto a lavorare con lui”. E il ritorno di fiamma, Ivanisevic l'ha già seguito all'epoca del suo trionfo al Roland Garros junior del 2005, ha prodotto grandi risultati. E chissà che, nella sua accresciuta brillantezza tattica di queste settimane che l'ha portato anche a superare lo stratega Simon, non l'abbia aiutato l'aver giocato molto a Football Manager, il videogame manageriale di calcio per cui ha confessato di aver maturato una recente quanto intensa passione. Berdych, invece, sembra non essersi mai ripreso del tutto dalla botta dell'eliminazione contro Gulbis al Roland Garros. Da allora non ha praticamente mai giocato davvero bene nelle occasioni importanti, e il modo in cui ha perso senza combattere a New York non fa certo eccezione. Non aveva mai perso il servizio negli ultimi sei set giocati, ma ha iniziato con un doppio fallo sulla palla break al primo game, e tenendo un solo turno di battuta sui primi cinque: non esattamente la maniera migliore di cominciare un quarto di finale Slam. “Quando il tuo gioco si basa sul servizio, e hai una giornata così, è difficile provare a fare qualcosa di diverso. Oggi certo non ho giocato come avrei voluto ma questo il tennis”.
 
MARIN FA TUTTO MEGLIO
Dall'altra parte c'è un avversario che gli gioca a specchio, che mette da subito la partita sulle sbracciate e sulla ricerca del vincente da fondo, praticamente senza variazioni tattiche di rilievo, e da subito fa tutto meglio. “Era chiaro che oggi la chiave fosse mettere pressione all'avversario – ha detto Cilic – e credo di averlo fatto meglio di Berdych. Ho risposto più aggressivo, ho attaccato di più sulla seconda. Soprattutto credo di aver usato più a mio vantaggio il vento”, che non è certo ai livelli della semifinale 2012 ma infastidisce molto il ceco. Berdych non trova il suo gioco e in 28 minuti è già sotto 6-2 con la pesante zavorra di 13 gratuiti. Cilic non è superstizioso, ma evidentemente il 13 gli porta bene. Perché tanti sono i minuti che gli servono per allungare 2-0 in apertura di secondo set. Nei due turni di battuta successivi, Berdych deve salvare due palle del doppio break, si salva prima con un servizio vincente finendo per aggiudicarsi il game più lungo del match (12 punti), poi grazie all'errore di dritto di Cilic. Ma l'unico break basta e avanza al croato, che perde solo 3 punti al servizio in tutto il set, per completare il 6-4: nell'ultimo game stampa il nono e il decimo ace, e il primo doppio fallo. Così Berdych ha di fronte una montagna da scalare. Perché Cilic non ha mai perso da un vantaggio di due set, e lui non ha mai rimontato da una situazione simile negli Slam (con la sconfitta di stasera, il bilancio è di 0-30): gli è riuscito solo due volte, ma sempre in Coppa Davis, e l'ultima nel 2005. Un'era fa.
 
STAVOLTA LOUISE NON SBAGLIA
Il doppio fallo di Cilic sulla terza palla break del game che consegna a Berdych il 2-0 sembra preludere a un cambio di paradigma in un match in cui potrebbe bastare una folata di vento per riscrivere il finale, per sparigliare destini e fortuna. Ma è solo un ultimo gattopardesco giro di giostra che lascia tutto com'è. Nemmeno allungare 4-1 consente a Berdych un finale di partita, di set nello specifico, in discesa. Perché si mette a contestare Louise Engzell per una decisione de facto giusta. Non che Engzell sia immune da errori di valutazione, anzi. Ma stavolta giudica bene quando vede il doppio rimbalzo prima di una spettacolare, quanto ininfluente, controsmorzata di Berdych “alla Bahrami”, con palla che torna nel suo campo dopo aver toccato terra (è il punto del 4-2 30 pari). Il ceco non la prende bene, ed è un evidente eufemismo. Sostiene che un colpo così non si può tirare dopo un secondo rimbalzo. “Sei sicura che non sei stata troppo tempo sotto il sole? Hai mai preso una racchetta in mano?” le grida, e questa è solo una ristretta antologia delle rimostranze più garbate verso Engzell che, comunque, ha difeso la decisione con l'aria impaurita di chi vorrebbe essere da ogni altra parte del mondo fuorché su quella sedia. Il resto è un appendice verso un finale a quel punto chiaro a tutti nella sostanza. La forma è un tiebreak in cui Berdych spreca un minibreak in avvio e dal 2-1 subisce un parziale di sei punti a due. Cilic piazza l'ultimo dritto sulla riga, il 46esimo vincente della partita contro i 21 di Cilic, e si gode il meritato trionfo. È il primo croato in semifinale allo Us Open dal 1996. E non c'è bisogno di aggiungere chi sia stato l'ultimo.