Sempre più frequenti i casi di partite sospette, combinate, e non solo nei Challenger e nei Futures. Le agenzie di scommesse, però, sono sponsor di molti tornei e contrastare il fenomeno è più difficile.

Di Alessandro Mastroluca – 10 settembre 2014

 
Meerbusch è una piccola cittadina di 50 mila abitanti, nell'ovest della Germania. Dall'anno scorso ospita il Maserati Challenger. Gli organizzatori speravano di attirare un po' attenzione ma non si aspettavano certo di diventare il centro del mondo per migliaia di tifosi in quello che era partito come un tranquillo lunedì pre-ferragostano. Soprattutto non si aspettavano che l'unico match della giornata in programma su un campo non coperto dalle telecamere, e non è affatto un aspetto secondario, sarebbe diventato l'incontro clou. E per le ragioni sbagliate. In campo ci sono Boy Westerhof (nella foto in alto) e Antal van der Duim: sono molto amici, si sono affrontati già tante volte in passato nelle periferie della geografia tennistica. Prima del match, tra le 11.05 e le 11.36 la quota di Van der Duim scende da 2.70 a 1.83 su Pinnacle. Su Betfair, scende a 1.33. Ma non è questo l'aspetto più eclatante: la sua vittoria in tre set è pagata 1.95, ovvero per gli scommettitori, prima del match, la probabilità che Van der Duim vinca in tre set è del 51,3%. E nessuna situazione giustifica, in linea teorica, una percentuale così alta.
 
"UNA COMBINE DILETTANTESCA"
Soprattutto, non c'è ragione per cui, con quelle quote di partenza, allo sfavorito Westerhof venga riconosciuto il 60,2% di probabilità di vincere il primo set. Ma in questa partita la ragione non conta. In questa partita contano solo i soldi, tanti, troppi: 40 mila sterline puntate prima del match. Su nessuno degli altri incontri di Meerbusch il volume di giocate supera le 5 mila. La quota di Van der Duim continua a scendere, anche dopo che ha perso il primo set. Quando vince il secondo, le quote gli assegnano una probabilità di portare a casa il match del 97,1%. Che finisca effettivamente per vincere non stupisce nessuno. Per l'analista Ian Dorward “La combine è talmente dilettantesca e ovvia che non si può nemmeno parlare di match-fixing organizzato. Qui ci sono due giocatori che si sono messi d'accordo, forse con la complicità di amici che hanno piazzato le scommesse”. Altrimenti non si spiega perché su questa partita si siano puntati complessivamente 754 mila euro, più di venti volte il volume che si registra in media su un incontro di tennis. Eppure, nonostante il match sia stato riportato alla Tennis Integrity Unit, a un mese di distanza non è ancora partita nessuna indagine. Dunque, si può solo presumere che i due protagonisti abbiano ricavato dall'accordo vincite enormemente superiori al prize money vinto al torneo: 500 dollari per Westerhof, 800 per Van der Duim, battuto al secondo turno dalla testa di serie numero 1, Albert Ramos.
 
MONTEPREMI TROPPO BASSI
Ecco il problema. Lo spiega bene Wesley Koolhof. “A questo livello, se vincere una partita ti frutta poche centinaia di dollari e sai che con una combine puoi farne anche 20 mila, è difficile dire di no”. Ecco perché Van Der Duim e Westerhof si sono accordati, almeno così è se vi pare. Ecco perché, come rivela The Age, c'era un tennista che dava consigli ai sei arrestati a luglio in Australia, tra cui l'ex giocatore Matthew Fox, con una carriera breve tra Futures e Challenger scandita da parecchie partite dai punteggi quanto meno peculiari. Fox, l'unico accusato dei sei, che dovrà presentarsi in tribunale il prossimo 25 settembre, è stato anche head coach alla Universal Academy di Melbourne, dove si sono allenati anche l'ex numero 1 d'Australia Marinko Matosevic e la promessa Nick Lindahl che poi ha deciso di cambiare nazionalità e giocare per la Svezia. Secondo gli investigatori australiani, Fox e le altre cinque persone avrebbero vinto 50 mila dollari scommettendo su partite combinate. “E' assurdo che il prize money dei Futures e dei Challenger non sia cresciuto negli ultimi vent'anni” sottolinea ancora l'olandese Matwe Middelkoop. In effetti nel 1993 i premi oscillavano tra i 25 e i 125 mila dollari. Oggi si va dai 35 ai 125 mila, anche se Kermode ha imposto per i nuovi Challenger un montepremi non inferiore ai 50 mila dollari (o 42.500 euro). Ma se nel 2001 il circuito Challenger rappresentava il 12% del montepremi complessivo dell'ATP Tour, Slam a parte, oggi la percentuale si è leggermente abbassata a dispetto dell'aumento dei tornei. In questo modo, conclude Middelkoop, “Stiamo permettendo che questo sport venga rovinato da chi si è venduto l'anima al diavolo”. 
 
SI ARRIVA ANCHE A WIMBLEDON
La sperequazione tra circuito Challenger e tornei ATP, che impediscono a chi fatica a sfondare di mantenersi e lo rendono così vulnerabile alle tentazioni, è un aspetto determinante del problema, ma non l'unico. È chiaro che per contrastare il fenomeno della corruzione, soprattutto per arginare le combine che nascono per lucrare sul mercato delle scommesse, non basta alzare il montepremi dei challenger. Perché di partite con andamenti innaturali delle quote se ne trovano anche nel circuito maggiore. Ad Amburgo è stato puntato più di un milione di euro su Gabashvili-Gimeno Traver, una delle otto partite considerate truccate e denunciate da Federbet. In più, secondo lo studio pubblicato sul Journal of Prediction Markets, realizzato da Ryan Rodenberg, professore alla Sports Law at Florida State University, e dallo scommettitore professionista Elihu Feustel, sarebbero a rischio 23 partite l'anno. E secondo gli autori, potrebbero essere state combinate almeno due incontri di primo turno a Wimbledon tra il 2011 e il 2012. Se il fenomeno arriva a Wimbledon, e non sarebbe la prima volta, l'allarme suona più forte. Perché se viene intaccata la credibilità del torneo più importante del mondo, viene intaccata la credibilità del sistema nel suo complesso. E i primi a non volerlo sono proprio le agenzie di scommesse, che però continuano ad avere un ruolo bivalente nel doppio processo di riduzione dei benefici e di aumento dei rischi che dovrebbe portare a contenere i casi di combine.
 
PARTITE A RISCHIO
Da un lato, infatti, allargano la visibilità dei tornei anche minori attraverso la trasmissione in diretta streaming. E questo, insieme alle meritorie iniziative come quelle della Crionet e di Youtennis, insieme alla decisione dell'ATP di offrire lo streaming gratuito di tutti i Challenger su Livestream, aumenta la platea degli spettatori che possono accorgersi se qualcosa “stona”. Dall'altro, però, moltiplicano le tipologie di scommesse live sui tornei minori, che sono quelle più a rischio perché si può lucrare anche su un game o su un set, senza truccare l'esito della partite, e l'accordo è tanto facile da concludere quanto quasi impossibile da scoprire. E soprattutto entrano in maniera decisiva come partner di tornei fino a diventarne main sponsor come Bet-at-Home a Kitzbuhel e Amburgo. Finché alle agenzie di scommesse converrà moltiplicare le giocate, anche a rischio di qualche mela marcia, sarà difficile aspettarsi dunque un'inversione della tendenza che ha portato ad essere squalificati a vita per match-fixing solo Daniel Koellerer, David Savic, Sergei Krotiouk e Andrey Kumantsov, non proprio quattro stelle di prima grandezza. In questa situazione, con i guadagni potenziali così superiori rispetto ai prize money e i rischi di essere scoperti così bassi, con la Tennis Integrity Unit che mantiene un livello di segretezza sulle partite sotto inchiesta e gli sviluppi delle indagini al limite del controproducente, niente potrà cambiare davvero. Forse servirebbe un grosso scandalo accertato in uno Slam perché qualcosa si muova. E potrebbe già essere troppo tardi.