Dall'inviato a Ginevra, Riccardo Bisti – 14 settembre 2014
“Si va alla terza giornata? Meglio per il pubblico”. Quando Stan Wawrinka ha pronunciato questa frase, cercando di trovare un lato positivo alla sconfitta nel doppio, forse non era consapevole (o lo era solo in parte) di aver detto una grande verità. Se le cose vanno come da pronostico, con Roger Federer nettamente favorito su Fabio Fognini (i bookmakers lo danno a 1.05), oggi potrebbe essere una giornata memorabile per tanti tifosi di Roger. Parlando con i giornalisti dopo il successo in doppio, Fognini ha dato un altro splendido assist per un titolo. Gli hanno chiesto se aveva intravisto il San Gennaro invocato 24 ore prima: “Adesso ci vorrebbe la Madonna di Lourdes!” ha scherzato, consapevole che l'impresa è disperata. E i precedenti non lo aiutano, visto che contro Federer ha raccolto otto game in cinque set, frutto di due sfide piuttosto remote (Montreal 2007 e Wimbledon 2012). Tuttavia, il termine “Madonna di Lourdes” si addice perfettamente a Roger Federer, l'uomo che ha richiamato oltre 18.000 persone nel capannone famoso per il Salone dell'Auto. Si discute, e si discuterà ancora, sul tennista più forte di sempre. Ma girovagando per Ginevra, dal lungolago al Palexpo, passando per la celeberrima sede delle Nazioni Unite, scompaiono i dubbi su chi sia il più amato di sempre. Roger è avvantaggiato dalla modernità, che ha reso più facili comunicazioni e spostamenti. Ma ogni sua partita, ogni suo impegno, viene vissuto e seguito come un'apparizione della Madonna. Il Palexpo di Ginevra come Fatima, come Medjugorie, magari proprio come Lourdes. Sono venuti da ogni parte del mondo per sostenere il loro idolo. Dalla Svizzera, con le sue ramificazioni linguistiche, dall'Italia (e tanti non hanno avuto remore nel dire che avrebbero tifato Svizzera, in barba al nazionalismo sfrenato). Ma ci sono anche britannici, scandinavi, gli immancabili occhi a mandorla. “Tutte le razze, tutte le facce” avrebbe cantato Piero Pelù.
LA CALLIGRAFIA TONDEGGIANTE
Forse non è un caso che per arrivare al Palexpo con i mezzi pubblici bisogna passare davanti all'Ufficio dell'ONU, il più importante dopo il palazzo di vetro di New York. Non è un caso perchè Roger Federer è il simbolo dell'unità e della fratellanza tennistica. Nessuna bandiera, nessun confine. Non potremo mai sapere se Rod Laver, Bill Tilden, Bjorn Borg, John McEnroe e gli altri campioni del passato avrebbero avuto un seguito paragonabile se avessero giocato nell'epoca di internet, dei social network, dei fans club virtuali che si conoscono sul sito ufficiale e poi si ritrovano in giro per il mondo. Non ce ne vogliano gli azzurri, e nemmeno Stan Wawrinka, numero 4 ATP, ma il clamore e per questa partita è dovuto a Roger Federer e alla sua mistica. Salire sull'autobus verso la Coppa Davis è un'esperienza quasi sconvolgente. Già in mattinata, per le vie del centro, ci sono decine di gruppi con le loro inconfondibili divise rosse con la croce bianca, la scritta “Suisse” (più utilizzata di “Schweiz”), i cappellini griffati “RF” e persino gli zaini Wilson con l'autografo di Sua Maestà. Che poi Federer ha una calligrafia tondeggiante, gradevole…persino i suoi autografi emanano classe. Non è un caso che al recente Us Open sia risultato il tennista che impiega più tempo (3,5 secondi) a firmare un autografo. Per non parlare delle sciarpe, roba da ultrà calcistici. Beh, dicevamo: l'autobus ginevrino fa entrare in un mondo nuovo e affascinante. Il mondo dei tifosi di Roger Federer. C'è la ragazza da sola (da sola!) che riconosce le tifose incontrate il giorno prima e le saluta, poi si mette a chiacchiere in una lingua che non è chiaramente la sua con altri fan. L'argomento, ovviamente, è Roger.
SENZA DOCCIA PER ROGER
E poi c'è chi racconta le sue storie. Come Catherine, donnone britannico sulla quarantina che ci ha raccontato l'esperienza dell'anno scorso ad Amburgo, quando è rimasta per una settimana in una stanza senza doccia nel bagno, con solo una vasca e un muro dove non c'erano ganci per attaccare il soffione. “Quindi lo tenevi sopra la testa con la mano?”. “Per Roger questo ed altro” ha risposto, non prima di aver ricordato quanto ci è rimasta male nel mettere piede in tribuna e trovare una finale tra Fabio Fognini e Federico Delbonis, giustiziere del suo Federer. La Svizzera, chiaramente, è terra di pellegrinaggio per i Federer Fans: allora la sua amica Mary racconta le vicissitudini durante una trasferta a Basilea e le lotte contro il tempo per far combaciare i match di Federer con gli orari dei voli. “Ma in fondo non era importante perdere l'aereo: l'importante era vedere Roger”. L'animo si addolcisce nel vedere una ragazza con la Sindrome di Down, seduta con un felpa di Swiss Tennis, il mitico cappellino “RF” (quello grigio) e una sciarpa della Svizzera legata allo zaino. La teneva a sè, accarezzandola come un cimelio. Vedendola, anche il più acerrimo detrattore di Federer spererebbe in un successo dello svizzero. E non perchè si è fatto travolgere da una lacrima facile tipo quelle che vediamo a “C'è Posta per Te” su Canale 5. Qui è tutto vero e genuino, una passione che i Sampras e gli Agassi non hanno mai saputo accendere. Pete non era un personaggio, Andre divideva. Roger unisce, ha un sorriso e una parola per tutti, è un poliglotta, è spiritoso ed emana fascino e carisma. Fossimo negli svizzeri, cercheremmo di capitalizzare al meglio questa manna dal cielo, perchè dopo il suo ritiro il contraccolpo sarà micidiale. Un campione planetario è nato nel loro paese, e loro ne hanno tratto enormi benefici. Forse aveva ragione Paolo Galgani, ex presidente FIT, quando diceva che il Campione con la C maiuscola lo manda il padreterno.
APPUNTAMENTO A LILLE?
Abbiamo pensato a questi tifosi quando hanno annunciato le formazioni del doppio, in cui Roger non c'era. Abbiamo pensato alla loro delusione e al timore di non poterlo più vedere, magari dopo aver fatto un lungo viaggio. “Questa sconfitta è meglio per il pubblico” ha sibilato Wawrinka. Magari qualcuno ha tifato per Bolelli-Fognini per avere ancora un po' di Federer. Senza lo stimolo della bandiera, è probabile che fossero in tanti (nonostante il tifo sia stato molto caldo). Sono stati accontentati. E la fede laica del “federerismo” avrà un'altra apparizione. Oltre alle difficoltà tecniche, Fabio Fognini dovrà tapparsi le orecchie e isolarsi. “Veleno”, il protagonista della canzone “I duri hanno due cuori” di Ligabue, poteva contare soltanto "sul suo dolore, su sei colpi e infine su di sé”. Fognini conterà su capitan Barazzutti, lo staff azzurro, un pugno di tifosi…e infine su di sé. Dovesse andar male (per noi), il prossimo maxi-raduno sarà a Lille, dal 21 al 23 novembre. Quando questa meravigliosa comunità avrà modo di ritrovarsi, curiosamente riunita sotto la bandiera del paese più neutrale al mondo. Ma il tifo per Federer non ha bandiere, razze, colori o religioni. Loro lo sanno.