LA STORIA – Il pakistano vorrebbe giocare almeno un altro match di Davis nel suo paese. Lo scorso anno, in Myanmar, intascarono una discussa sconfitta a tavolino per la pericolosità del campo. Un weekend che ha fatto giurisprudenza.
Di Riccardo Bisti – 17 settembre 2014
Aisam-Ul-Haq Qureshi ha tanti sogni. Il tennis gli ha dato fama e una certa sicurezza finanziaria, ma vorrebbe di più. Quando faceva coppia con l’indiano Rohan Bopanna avevano inventato il “doppio della pace” e la campagna “Stop War, Start Tennis” che gli è valsa il premio ATP per le attività umanitarie, intitolato ad Arthur Ashe. Ha anche giocato per qualche tempo con l’israeliano Amir Hadad, prendendosi le lamentele della sua federazione, che lo invitò gentilmente a cambiare partner. In effetti, il Pakistan dei musulmani e l’Israele degli ebraici sono due paesi agli antipodi, con vicende politiche che si insinuano in quelle tecniche. Tempo fa, la federtennis tunisina (altro paese musulmano) aveva impedito a Malek Jaziri di affrontare l’israeliano Amir Weintraub. Qureshi avrebbe voluto giocare un match con Bopanna su un campo costruito al confine tra India e Pakistan, con metà in un paese e metà nell’altro. Per ora non è stato possibile. Chissà se lo sarà mai. Nel frattempo, ha un altro sogno. Vorrebbe giocare un match di Coppa Davis nel natio Pakistan. Già, perchè i tumulti politici e la scarsa sicurezza nel paese tengono lontana la Davis dal 2005, con la nazionale costretta a giocare sempre in trasferta o – al massimo – in campo neutro. Se avessero battuto la Thailandia, i pakistani sarebbero tornati nel Gruppo I, categoria immediatamente inferiore al World Group. Non è andata bene: hanno perso 4-1 al National Tennis Development Center di Nonthaburi, rimandando i sogni di gloria. L’infortunio di Ageel Khan, unico giocatore di livello insieme a Qureshi, lo ha lasciato praticamente solo e contro Udomchoke, Isarow e i gemelli Ratiwatana non c’è stato nulla da fare. Un successo sarebbe stato il modo migliore per cancellare i fatti dell’anno scorso, quando al Pun Hlaing Country Club di Yangon, in Myanmar (l’ex Birmania), si è scritta una delle pagine più nere nella storia del tennis. Una pagina che vale la pena raccontare, anche perchè ha fatto giurisprudenza, un po’ come accadde 34 anni fa dopo la finale tra Cecoslovacchia e Italia: i furti perpetrati dall'arbitro Antony Bubenik furono talmente evidenti da convincere l’ITF ad abolire i giudici di sedia “domestici” e spedire sempre uno staff neutrale.
ERBA COME IL TONNO RIO MARE
Il Pakistan avrebbe dovuto giocare in casa, ma l’impossibilità di farlo li ha costretti a cercare un campo neutro. La scelta è ricaduta sul Myanmar anche grazie ai buoni uffici di Robert Davis, coach di Quureshi che è anche direttore tecnico della federazione del Myanmar. Il paese ha voglia di crescere e ha trovato sponsor e risorse per ospitare la serie contro la Nuova Zelanda. Dopo una settimana vissuta sul filo del rasoio a causa della pericolosità dei campi in erba, il referee Asitha Attygala, un australiano nato in Sri Lanka, ha sospeso la serie durante il secondo singolare, dando vittoria a tavolino alla Nuova Zelanda per impraticabilità del campo. Il match era iniziato con la vittoria di Ageel Khan su Artem Sitak, numero 1 neozelandese. Khan è un personaggio da raccontare, perfetto protagonista di una storia-thriller come questa. 34 anni, senza ranking ATP, non avrebbe avuto mezza chance su un'altra superficie. Ma lui gioca sull’erba 12 mesi l’anno e ha infilato il miracolo grazie al suo stile di gioco pressochè unico: destro, gioca il rovescio a una mano (quasi sempre in slice) e il dritto…a due mani! In realtà, sembra quasi il rovescio bimane di un mancino perchè tiene la mano sinistra nella parte bassa del manico. Quando arriva in ritardo sulla palla, stacca la mano e gioca un dritto “classico”. Nel secondo match, sono scesi in campo Daniel King Turner e Aisam-Ul-Haq Qureshi. Sul punteggio di un set pari e 3-0 per Qureshi nel terzo, Attygala è sceso in campo per verificare una buca che si era creata nei pressi della riga di fondo. Una buca larga sei pollici. Si è chinato sull’erba spelacchiata e ha infilato una penna nel terreno. Marcus Daniell, giocatore neozelandese che avrebbe dovuto giocare il doppio il giorno dopo, ha detto che la penna è totalmente sprofondata nel terreno. Dopo la verifica, Attygala ha stabilito che il match era terminato 4-1 per la Nuova Zelanda per la pericolosità del campo.
L'ITF CAMBIA REGOLE
“Non mi piace parlare di discriminazione o razzismo – dice Qureshi – anche se mi è capitato spesso di provarlo in prima persona, visto che sono musulmano. Ma ad altri paesi non sarebbe mai successo”. In 113 anni di storia, non era mai capitato che un giudice arbitro sospendesse a tavolino una partita. “E’ vero che non sarebbe successo ad altri paesi – ha replicato Kris Dent, responsabile del tennis professionistico per conto dell’ITF – ma non per i motivi che pensa Qureshi. E’ stato tradito dalla sua federazione, che ha preparato un campo in pessime condizioni”. Poco dopo, la Federazione Internazionale ha modificato il regolamento: oggi, nessun giudice arbitro ha la facoltà di interrompere una sfida. La decisione può essere presa solo dall’ITF dopo la consultazione con il referee. Secondo Qureshi, è il segno tangibile che Attygala ha sbagliato; secondo l’ITF, è solo una misura cautelare per proteggere il referee dall’eventuale rabbia del team penalizzato. Nonostante le richieste di vari giornalisti, Attygala non ha mai commentato la vicenda. Lavora con l’ITF da 15 anni ed è diventato “Gold Badge”, massima categoria per un arbitro. Da allora, continua ad operare senza sosta in vari eventi. Ma cosa è successo veramente a Yangon nell’aprile 2013? Attygala è arrivato in loco al lunedì, quattro giorni prima della sfida, e ha trovato appena due campi (numero insufficiente per un match di Davis, anche se era stata concessa una deroga). A suo dire, sin da subito, i campi erano morbidi, sabbiosi e umidi. In altre parole, pericolosi. E così ha preso la decisione di far giocare la partita sul campo secondario, ritenuto in condizioni migliori anche se non aveva le dimensioni regolamentari. Al giovedì ha avuto un colloquio con i capitani, dicendo che avrebbe sospeso la sfida del il campo fosse diventato troppo pericoloso.
"ATTYGALA, NON SEI MICA DIO"
Tuttavia, un paio di giorni prima (al martedì) aveva ordinato di lavorare sul campo, facendoci passare un rullo per ben 4 ore. Non era presente nessun rappresentante della federtennis pakistana. “Ma che diavolo hai combinato?” gli hanno detto quando si sono accorti di cosa era successo. In effetti, i campi in erba asiatici sono ben diversi da quelli di Wimbledon, dove l’eliminazione della festuca perenne nella mescola li ha resi più lenti ma anche più resistenti. In Asia si gioca su un fondo molto sottile, alto non più di un quarto di pollice. Chi lavora i campi in erba, sostiene che quando un campo si sporca, l’utilizzo di un rullo può fare più danni che altro. In un clima di tensione assoluta, sono scesi in campo Khan e Sitak. Attygala ha stabilito che il campo non era pericoloso, ma che lo è diventato durante il secondo singolare. “Non c’è alcun modo per continuare a giocare, la serie termina qui” ha detto ai diretti interessati. In effetti, già nel primo singolare c’erano stati dei problemi. Artem Sitak fa strisciare il piede in avanti nel gesto del servizio, e il piede gli sprofondava nel terreno. “Ho dovuto cambiare movimento, ma in Davis si fa qualsiasi cosa” ha detto. Qureshi ha detto che si sarebbe ritirato dal match in corso per dare tempo agli addetti di sistemare il campo in tempo per gli ultimi due giorni. “Ero sicuro che avremmo comunque vinto la sfida. Invece Attygala mi ha detto che il campo sarebbe soltanto peggiorato. Gli ho detto che non era Dio e che non poteva sapere cosa sarebbe successo. Il suo ruolo era quello di risolvere i problemi e non limitarsi a dire che non si può giocare”. Il team neozelandese, capitanato da Alistair Hunt, è tornato in hotel in un clima surreale. Era giunta voce che qualcuno si sarebbe presentato in albergo armato di pistola. E così Artem Sitak ha immediatamente prenotato un volo ed è scappato via. Poco dopo, Hunt ha ricevuto una telefonata da Robert Davis (il coach di Qureshi), in cui gli chiedeva se erano disposti a completare la serie sul cemento. Un cambio di superficie non è contemplato a serie già iniziata, ma l’ITF avrebbe fatto un’eccezione in questo caso. Tuttavia si sentì dire che un giocatore era già andato via.
DAVIS SENZA PACE
Non è la prima volta che in Coppa Davis ci sono problemi di questo tipo. Tutti ricordano i campi assurdi dove giocava il Paraguay negli anni 80, prima sul legno e poi sulla sabbia. Lo scorso anno, la Serbia giocò in belgio su un campo che Novak Djokovic definì “il peggiore dove abbia mai giocato. E’ molto, molto pericoloso”. Anche quest’anno, a Napoli, la pioggia della vigilia aveva reso pericoloso un pezzo del campo di Italia-Gran Bretagna (comunque lontano dalla linea di fondo). Parlando di erba, anche l’India giocava i match interni sul verde. Ma erano campi in condizioni pietose (come dimenticare la caterva di doppi falli commessa da Francesco Cancellotti nel 1985?), tanto che dal 2008 l’hanno abbandonata e da allora giocano sul classico cemento. Insomma, la Davis non trova pace. E’ notizia di pochi giorni fa la proposta di alcuni cambiamenti che potrebbero snaturare i match (abolizione della seconda palla, due set su tre), anche se l’ITF sta valutando ogni aspetto con cauela. “La Davis si può approcciare in tanti modi – ha detto Kris Dent – ma dobbiamo ricordare che per molte federazioni è la principale fonte di guadagno. E noi, a differenza di quanto accade nel tour, investiamo nel tennis ogni singolo centesimo che incassamo. Un cambiamento al format potrebbe ridurre le risorse a disposizione dei paesi partecipanti". In mezzo a questo mare di regolamenti e cavilli, Aisam-Ul-Haq Qureshi vorrebbe giocare almeno una partita nel paese natale. A suo dire, il Defence Club di Lahore è perfetto. Ci sono le giuste condizioni di sicurezza e ci sono ottimi campi in erba nel suo hotel. “Si potrebbe fare, anche se sarebbe una scommessa convincere la gente a venire in Pakistan” ha detto. Volendogli credere, non ci sarebbe nemmeno il rischio di trovare un campo in pessime condizioni. Non sarebbe mica un dettaglio. Ma con la squadra nel Gruppo II sarà dura convincere l'ITF…
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