Al suo terzo challenger, Stefan Kozlov centra la finale. E' il più giovane americano dai tempi di Chang e Agassi. E' allenato da un papà fanatico, che ha chiamato i suoi figli in onore a Edberg e Becker.
Di Riccardo Bisti – 7 ottobre 2014
Non sappiamo se un’investitura di Sergio Giorgi sia il massimo dell’attendibilità, ma in tempi non sospetti (un'intervista con Spazio Tennis di un paio d'anni fa) il padre di Camila definì Andrei Kozlov “il migliore coach con cui abbiamo mai avuto a che fare”. E non c’è dubbio che, nel loro girovagare, i Giorgi ne abbiano visti diversi. Oggi, anche se non lo segue più in via esclusiva (la USTA gli ha messo alle calcagna Nicolas Todero), il figlio Stefan sembra pronto a una carriera da protagonista. Una carriera forgiata dal padre, un russo con l’amore per il duro lavoro e la ferrea disciplina. E un pizzico di follia. Grande tifoso di Stefan Edberg e Boris Becker, ha pensato bene di chiamare i suoi figli in onore ai due grandi campioni degli anni 90. Oltre a Stefan, infatti, c’è il secondogenito Boris, 14 anni e tennista pure lui. Tanto basta per inquadrare un personaggio che nel 1998 insegnava tennis in Macedonia, a Skopje, poi ha deciso di costruirsi il proprio American Dream. Insieme alla famiglia si è spostato negli Stati Uniti e ha creato la Kozlov Tennis Academy. Inizialmente a Pompano Beach, poi a Pembroke Pines, dove sorge ancora oggi e dove sono passati diversi giocatori interessanti. Nel frattempo si prendeva cura del primogenito, intuendone il potenziale da fenomeno. Quel bambino è diventato un adolescente e la scorsa settimana ha raggiunto la finale al ricco challenger di Sacramento, dove si è arreso soltanto a Sam Querrey dopo aver battuto Tim Smyczek, primo successo in carriera contro un top-100. L'exploit vale ancor di più degli ottimi risultati junior del 2014. Lo abbiamo visto in finale a Melbourne (dove ha perso da Alexander Zverev) e a Wimbledon (KO contro Noah Rubin), ma la storia del tennis è piena di finalisti negli Slam junior incapaci di sfondare tra i professionisti. Al contrario, soltanto due giocatori americani avevano raggiunto la finale di un challenger in età ancora più giovane: Michael Chang e Andre Agassi.
ALLENAMENTO SU CAMPI UMIDI
Tanto basta. Entrambi i genitori sono russi, ma Stefan è nato casualmente a Skopje salvo poi trasferirsi negli Stati Uniti quando aveva un anno. E’ cresciuto secondo il rigore tipico dell’Europa dell’est. E il pizzico di follia del padre. Anni fa, lo obbligò ad allenarsi su campi umidi per abituarlo a scivolare anche sul cemento. Aveva capito che il tennis avrebbe raggiunto questo estremo. “Si, i miei allenamenti erano molto duri – racconta Stefan – mio padre era molto esigente, adesso per fortuna si è calmato. Apprezzo tutto quello che ha fatto per me. Non lasciavamo mai il campo prima di aver fatto il massimo, anche sul piano fisico. E alla fine ci fermavamo a discutere sull’allenamento appena svolto". Quando aveva otto anni, il padre gli faceva giocare i tornei dei dodicenni, a 12 giocava il mondiale junior under 14 e un paio d’anni fa, tra un allenamento con Federer, uno con Nadal e uno con Del Potro, era già tra i top-100 ITF. Lo scorso anno, per poco, non batteva Michal Przysiezny al primo turno di Newport. Ce l’avesse fatta, sarebbe diventato il più giovane di sempre a vincere un match ATP. Ma tanto era già stato il più giovane a entrare nella classifica mondiale. Ma a lui interessa il punto d’arrivo, non certo quello di partenza. “Stefan possiede un grande senso del campo, un ottimo rovescio e una certa intelligenza tattica – ha detto Patrick McEnroe, che lo supervisionava prima di abbandonare la USTA – gioca ottime volèe, adesso deve migliore il dritto e crescere fisicamente”. L’argomento-altezza è piuttosto dibattuto, giacchè sono passati oltre 10 anni da quando un giocatore più basso di 1.85 ha vinto uno Slam (Gaston Gaudio, Roland Garros 2004). Attualmente Kozlov si attesta sul metro e ottanta, ma il suo medico sostiene che abbia un discreto margine di crescita. E’ probabile che arrivi al metro e ottantasei, grossomodo la stessa altezza di Rafael Nadal e Roger Federer (Djokovic è alto 1.88).
IL LAVORO DELLO PSICOLOGO
Sul piano tecnico, su di lui non c’è alcun dubbio. Smyczek, battuto a Sacramento, ha detto che ha un tennis inusuale e per questo di difficile lettura. “Utilizza molto bene il back, anche di dritto. Inoltre si presenta a rete con un fare furtivo e gioca ottime volèe. Difficile vedere una varietà del genere”. Con questo exploit, ha scalato la bellezza di 320 posizioni ed è salito al numero 443 ATP. Ci voleva giusto il servizio-bomba di Querrey per batterlo, ma la differenza è stata soprattutto fisica. Kozlov colpisce per il senso della famiglia: in questo ricorda Novak Djokovic. Non dimentica le sue origini, gli inizi difficili. “Non vivevamo nella casa più grande del mondo e mio padre non guidava auto di lusso – racconta – è stata una lotta quotidiana. Se le cose mi vanno bene, metterò da parte un po’ di soldi per la mia famiglia e mio fratello, così potrà viaggare per i tornei. Non gioco solo per me: gioco per per la mia famiglia e per molte altre cose”. Nella sua testa passano un mucchio di pensieri ed emozioni: per questo, la USTA gli ha messo accanto uno psicologo dello sport, il dottor Larry Lauer. “Mi ha detto che devo pensare a qualcos altro. Va bene pensare alla partita fino a 15 minuti prima del match, poi me lo devo dimenticare. In passato mi è successo di andare avanti di un set e di un break, pensare a cosa avrei fatto in caso di vittoria e così perdere la concentrazione”. A quanto pare, i consigli hanno pagato. A Sacramento ha vinto quattro partite al terzo set, rimontando da 1-3 e 15-40 nel terzo contro Smyczek, in semifinale. E non si è fatto prendere dall’entusiasmo: la finale a Sacramento gli avrebbe garantito uno special-exempt a Tiburon, invece ha preferito tornare ai box per allenarsi un po’. Octagon, che lo rappresenta, gli consentirà di giocare il torneo ATP 500 di Valencia. In Spagna ci sarà anche Sam Querrey, che ha già fatto sapere di non volerlo affrontare. Le investiture iniziano ad essere parecchie.
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