Di Luca Bottazzi – 10 gennaio 2015
Negli anni venti il tennis era giocato solo da tennisti dilettanti. La grande campionessa francese Suzanne Lenglen è stata la prima tennista a passare professionista. La sua scia fu subito seguita da Bill Tilden in ambito maschile. Suzanne ha saputo lanciare il tennis nel firmamento mondiale dello sport e dello spettacolo come nessun’altra campionessa è mai riuscita a fare. Questo fatto ha comportato per la Lenglen il soprannome “Divina”. Nei successivi anni cinquanta è invece il momento di una campionessa particolare, l’americana Althea Gibson. La Gibson è stata la prima giocatrice di colore a vincere un titolo Slam, Parigi nel 1956 e addirittura Wimbledon l’anno successivo. Il suo successo ebbe un enorme impatto nell’America del tempo, alle prese con enormi problemi razziali. Un periodo, quello di Althea, che non ha nulla in comune con quello attuale delle afroamericane Williams. Tuttavia, il caso più eclatante si sviluppa negli anni settanta con l’avvento di un'altra giocatrice americana, l'intramontabile Billie Jean King. A questo punto, nella speranza di far cosa gradita ai lettori, non resta che rivivere la storia della King traendo ispirazione dagli scritti incantevoli del mitico scriba Gianni Clerici. Ebbene, Billie Jean Moffitt (poi King) nasce nel novembre del 1943 a Long Beach negli USA, protagonista di una vita burrascosa che lascia una traccia umana irripetibile nella storia del gioco del tennis e nel movimento americano femminista, Womens Liberation. Vincitrice di tutte le prove dello Slam, trionfa per ben 6 volte nel singolare a Wimbledon, il suo “giardino di casa”. Gli avvenimenti più importanti nella vita della King e di tutto il tennis femminile si collocano a cavallo tra il 1970 e il 1973. In quegli anni divampavano guerriglie tra la Federazione Internazionale e il WCT, l’organizzazione del ricchissimo petroliere texano Lamar Hunt che tentava di insidiare il monopolio del gioco. In quell’epoca i dirigenti del tennis affermavano che gli spettatori andavano alle partite quasi esclusivamente per gli incontri maschili; era quindi ovvio che il 90% dei premi andasse ai maschi. Le giocatrici erano furenti ed il problema tanto atteso esplose in occasione del South West Open diretto dal vecchio campione di Wimbledon del 1947 Jack Kramer che offriva 1.500 dollari alla vincitrice del singolare femminile contro i 12.500 del primo premio maschile.
LA BATTAGLIA DEI SESSI
La King e le giocatrici minacciarono di boicottare il torneo e di li a poco aiutate dal magnate della Philips Morris, Joseph Cullman, quasi tutte le tenniste più forti iniziarono una nuova tournèe. Questa iniziativa duplicò i loro premi e condusse la King, prima donna dello sport, a superare i 100.000 dollari di incassi alla fine del 1971. In seguito la King seppe navigare l’ondata femminista che sommergeva in quegli anni gli USA. Involontariamente le diede un bell’aiuto un tipo che, dei diritti della donna, se ne fregava sicuramente. Questi era Ferdie Pacheco impresario del mondiale di boxe tra Muhammed Alì e Joe Frazier, che organizzò la partita tra i sessi, la King contro il vecchio campione di Wimbledon 1939 Bobby Riggs. Il 20 settembre 1973 di fronte a 30.472 paganti, la King annientò quello che le spettatrici dell’Astrodome di Houston definivano sonoramente Pig, il maiale. Il successo e la riaffermata parità dei sessi avrebbe fornito una grande spinta al tennis femminile. Ormai le donne giocavano un loro circuito, soprattutto negli USA. All’inizio degli anni settanta avvenne però il fatale incontro tra Billie Jean e Marlilyn Burnett, una parrucchiera, presto inseparabile compagna della campionessa. Nel 1981 la Burnett, dopo pochi anni di convivenza, trascinò in tribunale la King richiedendo, in un certo senso, gli alimenti per le disattese promesse. La campionessa era si una donna emancipata ma rimaneva, al contempo, figlia di onesti piccolo borghesi, moglie di Larry King e soprattutto simbolo del Womens Liberation. Billie Jean ne uscì da consumata attrice, affermò col magone di aver sbagliato, di essere pentita. Il suo carisma subì una bella scossa ma, nel tirare le somme, va detto che il suo percorso giovò alle donne e alle tenniste ben più di quanto abbia pagato personalmente. Ritiratasi dal tennis nel 1983 è successivamente ritornata sui suoi passi separandosi dal marito e dichiarando pubblicamente la sua omosessualità. Oggi è un’affermata telecronista per la TV americana. Il centro sportivo che ospita oggi gli US Open è a lei intitolato. Tuttavia, questo passaggio finale reclama alcune riflessioni. Per motivi di sintesi mi limito ad esprimerne una soltanto. Ebbene, mi chiedo perchè la federazione a stelle e strisce non abbia mai dedicato un campo principale, un museo o almeno uno spazio, all’interno dell'area degli US Open, in onore di William Tatem Tilden, uno dei più grandi, se non addirittura il più grande campione americano che la storia del gioco abbia mai conosciuto. Il fatto merita decisamente più di un approfondimento.
Luca Bottazzi: ex Nazionale, top 130 ATP, tra i giocatori battuti il campione di Wibledon Jan Kodes. Sparring di Bjorn Borg, allenatore di campioni italiani under 12,14,16,18, e vincitore di un Trofeo FIT. Docente alla facoltà di scienze motorie alla Statale di Milano e socio fondatore di R.I.T.A., associazione culturale e di ricerca in ambito motorio e tennistico con all’attivo varie pubblicazioni, alcune riconosciute a livello internazionale dall’ITF. Attuale direttore della scuola di R.I.T.A. Tennis Academy e voce tecnica per SKY ed Eurosport. Autore con Carlo Rossi del libro “Il Codice del Tennis” Bill Tilden arte e scienza del gioco. Edito da Guerini Next, sarà disponibile in libreria da febbraio 2015.