Il medico gli aveva suggerito un piccolo intervento per sistemare un problemino osseo: lui ha rifiutato perchè non voleva operarsi di nuovo. Ma il dolore non va via, non giocherà l’Australian Open e il futuro è una nube.
Di Riccardo Bisti – 19 gennaio 2015
E’ bastato l’annuncio della conferenza stampa per capire quello che sarebbe successo. Lo sapevano tutti ancor prima che parlasse: Juan Martin Sel Potro non giocherà l’Australian Open. Il dolore al polso sinistro non passa, è una tortura che lo limita in campo e lo tormenta nella testa. Nemmeno le discrete sensazioni al torneo ATP di Sydney sono servite. Il ragazzo soffre, non si sente all’altezza di uno Slam e allora saluta tutti, a partire da Jerzy Janowicz, suo avversario al primo turno. Il polacco se la vedrà con Hiroki Moriya. “E’ stata una decisione difficile ma corretta – ha detto del Potro – giocare un torneo così importante, nelle condizioni in cui mi trovo, non sarebbe la scelta ideale per il futuro. Devo pensare alla mia carriera, non al torneo”. Ha anche provato ad essere positivo, sia con il linguaggio verbale che con quello del corpo, ma i fantasmi sono tanti. E fanno paura. A 10 mesi dall’operazione, non è normale che il polso gli faccia ancora male. I problemi sono iniziati sabato pomeriggio, lontano da occhi indiscreti, sul Campo 26 di Melbourne Park, distante circa 400 metri dalla Rod Laver Arena. Intorno alle 3 del pomeriggio, Palito si stava allenando con Pablo Cuevas e accanto a lui c’erano i soliti angeli custodi: coach Franco Davin e il preparatore atletico Martiniano Orazi. Accanto a loro, Daniel Orsanic, neo-capitano di Coppa Davis. Dopo una ventina di minuti, Del Potro ha chiesto a Cuevas di abbassare il ritmo. Poi si è voltato verso il suo clan e ha detto: “Mi fa male”. Si è seduto, ha infilato la racchetta nella borsa ed è andato via, a testa bassa. Il suo Australian Open è finito in quel momento. E pensare che al mattino era di ottimo umore, al termine di un intenso allenamento con Teimuraz Gabashvili (allenato dal connazionale Guillermo Canas). “Ho deciso ieri sera, dopo che avevo capito di non sentirmi come avrei voluto. A Sydney è andato tutto bene, ma è un ritorno molto complicato. Ci vuole tempo, è un recupero con alti e bassi. Non è facile”.
IL CONSIGLIO DI RICHARD BERGER
Il dolore va e viene. Concede momenti di tregua, ma può apparire in qualsiasi momento. Ed è anche intenso. Questi continui alti e bassi stancano, impediscono di prepararsi a dovere e concentrarsi sul tennis. Del Potro non era sicuro di andare in Australia, ma aveva un gran bisogno di competere. Per questo è andato a Sydney. Durante il match perso contro Kukushkin sono comparsi i primi dolori. Il giorno dopo si è sottoposto a un ciclo di fisioterapia e si è recato a Melbourne. Ma non c’è stato niente da fare. “Abbiamo dovuto fermarci perchè non poteva colpire con il rovescio – ha detto coach Davin – è un momento difficile perchè Juan viene da due operazioni, e l’ultima ha richiesto un lungo recupero. Con lui siamo stati chiari: quando siamo tornati ad allenarci gli abbiamo chiesto la massima intensità, ma ci siamo subito fermati non appena sentiva dolore”. Hanno provato ulteriori terapie, sono stati acquistati alcuni macchinari per fare fisioterapia. Ma non servono a molto, e comunque non si può andare avanti così. “Abbiamo un calendario, ma possiamo solo vivere alla giornata perchè il polso gli dà fastidio” ha aggiunto Davin. L’operazione al polso sinistro risale allo scorso 24 marzo. Gli allenamenti sono ripartiti dopo quattro mesi, con calma, senza accelerare i tempi. La pazienza non ha pagato perchè i dolori sono tornati. Pare che qualche mese fa abbia consultato nuovamente Richard Berger, il medico americano che lo aveva già operato al polso destro. Berger avrebbe suggerito un altro piccolo intervento per correggere un piccolo callo osseo che gli crea difficoltà al momento di colpire in topspin. Sarebbe un intervento meno invasivo rispetto ai precedenti, ed anche i tempi di recupero sarebbero inferiori. Tuttavia, Del Potro non vuole operarsi di nuovo. Almeno non ora. Il problema è che i guai fisici sono tornati. E adesso?
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