Cresciuta nel club “alternativo” di Mosca, lontano dal famoso Spartak, la Makarova centra la seconda semifinale consecutiva in uno Slam. Ma è stata aiutata da una disastrosa Simona Halep.  Dopo 27 presenze senza squilli veri e propri, Ekaterina Makarova ci ha preso gusto. Semifinalista allo Us Open, si è ripetuta in Australia, dove ha dato continuità alla tradizione: nelle ultime quattro edizioni aveva perso due volte negli ottavi e due nei quarti. In realtà partiva sfavorita contro Simona Halep, ancora imbattuta nel 2015. La rumena aveva vinto a Shenzhen e non aveva giocato a Sydney a causa di una gastroenterite. Ma nulla lasciava pensare al terribile 6-4 6-0 finale, maturato in poco più di un’ora. Non c’è mai stata partita, con la Halep sempre in svantaggio, sempre in affanno, incapace di trovare una chiave per leggere il tennis della russa. O meglio: la chiave l’avrebbe anche avuta, ma ha commesso una miriade di errori gratuiti. Forse aveva qualche problema, o forse era soltanto una cattiva giornata. Poco importa: la russa approda tra le prime quattro e non affronterà Serena Williams come le è capitato quattro mesi fa a New York. Chiunque vincerà tra Sharapova e Bouchard sarà perlomeno giocabile. La Makarova ha mostrato le qualità che le hanno permesso di compiere il salto di qualità a 26 anni: grande puntualità con i colpi da fondocampo, soprattutto il rovescio. E il dritto è stato regolare a sufficienza per mascherare i problemi. Ekaterina è piombato rapidamente 3-0 nel primo set, poi la Halep ha dato l’impressione di poter tornare in partita. E’ salita 2-3, ha avuto la grande chance di acciuffare l’avversaria sul 4-4. Non l’ha sfruttata e il set è terminato al decimo game.
 
IL CROLLO DI SIMONA
Chi si aspettava la riscossa rumena è rimasto deluso. Non solo dalla Halep, ma dalla partita nel suo complesso. Si è visto poco tennis, poco spettacolo e tanti – troppi – errori. In avvio di secondo, la Halep ha preso a sbagliare una palla dopo l’altra. Strano, per una come lei. Ha impressionato vederla così sfasata. A un certo punto ha giocato un paio di palle corte, peraltro con esito positivo. Tuttavia, non è il suo gioco. Le ha tentate perchè era in confusione tattica e ha cercato un improvvisato piano B. Il problema, per Simona, è che nelle corde ha solo un tipo di gioco, almeno ad alti livelli. Quando ha sciupato un paio di occasioni per restare almeno attaccata al match, ha completamente “sciolto”. Alla Makarova è bastato un modesto bilancio di 10 vincenti e 20 errori. Nel secondo set, in particolare, non ha avuto bisogno di fare nulla. Le sono bastati appena 68 minuti per sigillare la vittoria. La russa ha detto di avvertire più o meno le stesse sensazioni dello scorso Us Open. Una maggiore fiducia nei propri mezzi, la certezza di poter giocare contro le migliori. In fondo c’è la parolina magica, “Top 10”, che sa dare energie inattese (anche se adesso è scesa in 11esima posizione, ma salirà). Saranno orgogliosi di lei presso il Club Luzhniki di Mosca, incapace di sfornare tennisti di grande livello a differenza del mitico Spartak, da cui sono usciti quasi tutti i i migliori russi degli ultimi 20 anni. Oggi è seguita da Evgenia Manyukova, brava a tenerla tranquilla e a farle capire che poteva fare grandi cose in singolare e non soltanto in doppio (dove ha vinto tre Slam, uno un misto). Non è la più spettacolare del tour e non è nemmeno un gran personaggio. Ma queste cose, al momento di vincere le partite, non contano nulla.
 
AUSTRALIAN OPEN 2015
Quarti di finale DONNE

Ekaterina Makarova (RUS) b. Simona Halep (ROM) 6-4 6-0