“Si, sono fidanzata. Il mio boyfriend si chiama tennis. Gli dedico tutto il mio tempo”.
Parola d Lesia Tsurenko, inattesa protagonista al Premier Mandatory di Indian Wells. Noi la ricordiamo tre anni fa, quando battè Schiavone ed Errani in Fed Cup. Anche allora, in conferenza stampa, mostrò una certa autostima. Si pensava potesse sfondare da un momento all'altro, ma non è mai andata oltre il numero 60 WTA. Oggi, a quasi 26 anni, è 85esima. Però ha centrato l'impresa contro Eugenie Bouchard, vincendo una super-partita e arpionando i quarti, dove partirà tutt'altro che battuta contro Jelena Jankovic. E allora questo lungo fidanzamento potrà essere coronato. Vedendola giocare, ci si domanda come mai non abbia ancora sfondato. Forse ha una personalità troppo complessa, quando un po' di semplicità non guasterebbe. Figlia di un'economista e di un addetto alle relazioni internazionali presso una centrale elettrica, Lesia non ha mai avuto passioni comuni. Le sue colleghe amano lo shopping, le uscite, il cinema…mentre lei è innamorata dell'architettura e della Svezia. Passioni curiose, insolite. Roba strana, non così compatibile con chi si deve spaccare la schiena sul campo da tennis. Fino a tutto il 2012 è stata un semplice rincalzo, modesta erede delle sorelle Bondarenko. Poi, l'anno dopo, è cambiato qualcosa. La fortuna l'ha baciata in fronte a Brisbane, dove è entrata in tabellone come lucky loser grazie al forfait della Sharapova, e ha colto la prima semifinale WTA. Sullo slancio, pescò il terzo turno all'Australian Open, dove peraltro fece una bella figura contro Caroline Wozniacki. Ma ben presto è emerso il suo problema: la discontinuità. La Fed Cup, che l'aveva esaltata un anno prima, divenne un dramma. 91 errori gratuiti la condannarono contro Sharon Fichman, poi perse anche contro Bouchard e il doppio. Risultato? Ucraina KO contro il Canada e di nuovo gruppi zonali. “In quei giorni sono sprofondata in una grande crisi. Non volevo andare in campo. Lo scorso anno mi sono anche rifiutata di giocare in Fed Cup. Non potevo badare a me stessa, figurarsi alla squadra”.
L'UCRAINA DILANIATA DALLA VIOLENZA
La crisi non finiva più: nella seconda metà del 2013 ha vinto appena tre partite, ed anche nel 2014 non è partita meglio. Tornata nel circuito ITF, la serie B del circuito, ha raccolto diverse sconfitte contro giocatrici fuori dalle top-300. La più umiliante è stata contro la peruviana Bianca Botto, n. 538 WTA. La resurrezione è arrivata a Wimbledon: si è improvvisamente ritrovata, ha passato le qualificazioni e si è spinta al secondo turno, dove ha fatto soffrire la futura semifinalista Simona Halep. L'ennesima inversione di marcia le ha regalato una bella finale al 100.000$ di Vancouver. Perse al tie-break decisivo contro Jarmila Gajdosova, ma durante la cerimonia di premiazione è scoppiata in lacrime. Non certo per la sconfitta, ma perchè non dimentica le sue origini. Lesia proviene dall'Ucraina, paese dilaniato dalla violenza. “Per me è molto difficile, sento che dovrei essere a casa – disse alla stampa canadese – è duro rendersi conto di quello che succede nel tuo paese. Ma devo fare il mio lavoro, giocare a tennis”. Frasi di chi ha una viva coscienza civile, che vorrebbe trasportare in Ucraina la civiltà e la tolleranza della sua amata Svezia. Di nuovo tra le top-100, a Indian Wells ha messo insieme i pezzi del puzzle. Ha battuto Andrea Petkovic al secondo turno, cogliendo la prima vittoria in carriera contro una top-10. Ha faticato molto per chiudere, ma è stata premiata. Ma nessuno pensava all'impresona negli ottavi contro la Bouchard, battuta 6-7 7-5 6-4 in quasi tre ore.
VENTO IN POPPA
Non si è arresa nemmeno dopo aver perso un rocambolesco primo set, in cui è stata avanti 5-3 e ha avuto un setpoint sul 5-4. Nel secondo, la Wozniacki ha servito per il match sul 5-4, ma Lesia ha capito che era la sua occasione. Il suo momento. Ha rimontato da 1-4 nel terzo e ha sollevato le braccia quando era quasi mezzanotte, a oltre 10.000 chilometri da Kiev e dalla nativa Vladimirec. La Bouchard ha detto che le gambe non funzionavano, non giravano come al solito. Però in avvio di terzo correva eccome. “In quel momento mi sembrava irraggiungibile – ha detto la Tsurenko – giocava molto aggressiva e non avevo tempo per tirare i miei colpi. Ma mi sono detta di continuare a lottare fino all'ultimo punto. L'ho fatto anche perchè adoro questo torneo”. Furbetta: l'aveva detto anche due anni fa durante l'Australian Open. Diciamo che le piacciono i tornei dove gioca bene. Ma difficilmente dimenticherà la sua avventura a Indian Wells 2015. Adesso sogna una clamorosa semifinale: contro la Jankovic si può fare. Lesia va a folate, e in questi giorni ha il vento in poppa. E poi, accidenti, c'è quell'amore da coronare…