Dopo i due interventi al polso sinistro, il Masters 1000 di Miami segnerà il rientro dell'argentinodopo più di un anno di assenza (a parte il tentativo di rientro a Sydney). Non è la prima volta che Juan Martin salta una stagione intera: come era stato il suo rientro nel 2011? 

Il momento tanto atteso è finalmente arrivato: il Miami Open segnerà il rientro (definitivo, si spera) di Juan Martin Del Potro. E l'argentino tornerà a esplodere il suo dritto come ai bei tempi. Sono ormai mesi che allena questo colpo e il servizio, mentre il rovescio a due mani, che tanti problemi gli ha causato, sarà ancora in fase di rodaggio, ma il polso è apparentemente guarito e "Palito" si sente ormai pronto. Il quadro è sostanzialmente diverso da quando era stato il polso destro ad essere operato nel 2010, quando ci volle molto tempo anche solo per tenere la racchetta in mano, figurarsi per tornare a colpire a tutto braccio. Stavolta è anche stato più prudente, non ha voluto affrettare i tempi, anche se la settimana di Sydney gli ha fatto capire che non poteva evitare un secondo intervento (dopo aver sistemato i legamenti rotti nel primo, a gennaio il dottor Richard Berger gli ha accorciato una struttura ossea che era troppo lunga e interferiva col movimento del polso). Per avere un'idea di come potranno essere i primi mesi di rientro sul circuito, ripercorriamo la sua stagione 2011 e la conseguente ascesa in classifica. A ottobre 2010 c'era stato il primo tentativo di rientro, in Asia, ma tra Bangkok e Tokyo Delpo ha rimediato due sonore sconfitte con Oliver Rochus e Feliciano Lopez, con lo spagnolo che gli ha lasciato solo tre giochi. Rendendosi conto di essere molto lontano da una forma minima per competere con i migliori, decide di tornare ad allenarsi e riprovarci in Australia. A Sydney il destino gli riserva di nuovo Lopez, e stavolta l'argentino lotta per più di tre ore, portando infine a casa la partita per 6-7(5) 7-6(9) 7-6(3). Esordio difficile, che non gli lascia scampo poi contro Florian Mayer al turno successivo. Anche all'Australian Open non riesce ad andare oltre al secondo turno, e dopo aver battuto Sela si arrende a Baghdatis in quattro set. Dopo quel torneo, il ranking tocca il punto più basso: numero 485 ATP.


QUELL'INTERRUZIONE CONTRO DJOKOVIC

A febbraio però comincia ad inanellare i primi risultati positivi, e in tre settimane conquista prima due semifinali a San Jose e Memphis, perdendo solo dai top-10 Verdasco e Roddick, e poi il titolo a Delray Beach su Tipsarevic in finale, con lo scalpo più prestigioso in Mardy Fish, n.16; risultati che gli fanno subito riconquistare la top-100 al n.89. A marzo, un tabellone favorevole gli permette di arrivare in semifinale anche ad Indian Wells, battendo ancora il n.16 (questa volta Ljubicic) agli ottavi, e dopo un walkover ai quarti cede solo a Nadal per 6-4 6-4, senza sfruttare un iniziale vantaggio di 4-1. A Miami gli va peggio, visto che perde agli ottavi con Fish, ma prima si toglie lo sfizio di battere per la prima volta dal rientro un top-10, il n.4 Soderling, peraltro con un sonoro 6-3 6-2. Sale così al n.46 del ranking. Dopo una meritata pausa, inizia la stagione sul rosso da Estoril, dove conquista il titolo battendo ancora Soderling nei quarti e Verdasco in finale. Al primo turno di Madrid però si procura uno stiramento inguinale; nonostante quello riesce comunque a battere Youzhny in tre set e poi Cilic, allora n.19, addirittura per 6-3 6-0, ma poi non riesce a scendere in campo contro Nadal e deve successivamente saltare anche Roma. Si presenta comunque al Roland Garros da n.26, ma la testa di serie bassa lo porta dritto sul cammino di Novak Djokovic al terzo turno, il Super Nole imbattuto dall'inizio dell'anno. Quella partita ha una storia particolare: doveva essere l'incontro di punta nel tardo pomeriggio sul Philippe Chatrier, ma il protrarsi delle partite precedenti fa sì che venga spostato sul Lenglen, senza avvertire gli spettatori. Questi, quando si sparge la voce, cercano di trasferirsi in massa sul secondo campo senza averne il biglietto apposito, provocando disordini e ritardi. Deve intervenire lo stesso Djokovic, che convince chi di dovere a far entrare il pubblico allungando un po' i tempi di un cambio campo. I primi due set sono giocati ad altissima intensità da parte di entrambi, e si chiudono in parità 6-3 3-6, con Del Potro che quando serve per il secondo set si trova sotto 15-40, ma sfodera una doppia sequenza ace-servizio vincente che non lascia scampo al miglior ribattitore del circuito. Intanto cala la sera e l'incontro viene sospeso, e il giorno dopo scende in campo l'ombra dell'argentino: dopo una buona partenza che lo porta ad avere due palle break nel quinto gioco, Delpo perde quelle occasioni e si sgonfia completamente, lasciando via libera al serbo che chiude 6-3 6-2.

 

DAVIS ALLORA, DAVIS ANCORA OGGI?

Dopo questo brillante inizio, che lo porta al n.22 del ranking, Del Potro si smarrisce un po'. A parte gli ottavi a Wimbledon (KO contro Nadal), non ottiene risultati di rilievo per tutta l'estate, US Open compreso: al ritorno sui campi che lo hanno consacrato campione due anni prima, raccoglie solo un terzo turno, uscendo di scena con Simon. Si ritrova in Coppa Davis, battendo Tipsarevic e, per la prima volta in carriera, Djokovic, anche se grazie al ritiro di quest'ultimo sul 7-6 3-0 per l'argentino. Dopodiché, con la squadra albiceleste in finale, probabilmente si ricorda delle liti con Nalbandian a causa della sua partecipazione al Masters prima della finale del 2008, e tira i remi in barca, saltando la stagione asiatica e ricomparendo un mese dopo per l'indoor europeo. Fa finale al 250 di Vienna, dove perde da Tsonga, poi a Valencia dopo tre facili vittorie dà l'impressione di non provarci più di tanto contro Granollers in semifinale, e non partecipa a Bercy forse per non “rischiare” di qualificarsi alle ATP World Tour Finals. Eppure aveva la possibilità teorica di riuscirci. Chiude l'anno al n.11, ma la finale di Davis vede trionfare ancora la Spagna, nonostante la lotta di cinque ore contro Ferrer il venerdì e altrettante contro Nadal la domenica, entrambe perdute. Insomma, dopo un paio di tornei di rodaggio non ci volle molto a tornare a livello da top-20, ma il salto di qualità finale è stato più complicato, e condizionato probabilmente dalla finale dell'agognata insalatiera d'argento. Come andrà stavolta? Da quel poco che si è visto a Sydney, parte già decisamente meglio, avendo potuto allenare senza problemi il braccio dominante. Nelle due vittorie, contro Stakhovsky e Fognini (quest'ultima molto importante per la fiducia), lo si era visto anche colpire il rovescio bimane progressivamente con maggiore fiducia, mentre al terzo incontro il dolore è riaffiorato, e Kukushkin ha cercato ovviamente sempre il suo lato sinistro, da dove gli tornavano solo slice. Ora dovrebbe essere guarito: riusciremo finalmente a riammirare questo sfortunato campione in tutto il suo splendore?