Da quando Serena Williams ha iniziato a lavorare con lui, ha vissuto le sue migliori stagioni, intascando in tre anni un terzo degli Slam ottenuti in carriera. E non ha nessuna intenzione di fermarsi. Per questa ragione, Patrick Mouratoglou è rapidamente diventato un “guru”, uno dei top-coach a livello mondiale nonostante la giovane età (ha appena 44 anni). Il coach francese ha deciso di ampliare il suo progetto, realizzando una maxi-accademia in Costa Azzurra, con la bellezza di 34 campi da tennis e tutto quello che serve a professionisti ed aspiranti tali: scuola, palestra, piscina, spa e altro ancora. “Mou” ha rilasciato una lunga e interessante intervista agli americani di Tennis Now, mostrando il suo pensiero e un vivo pragmatismo. Oltre a rivelare qualche dettaglio del suo incarico professionale con la numero 1 WTA. Di seguito, le dichiarazioni più interessanti.
"Ho scelto Nizza perchè è il luogo in cui tutte le esigenze di una nuova accademia sarebbero state soddisfatte. Ci sono le migliori condizioni climatiche della Francia e siamo vicini a un aeroporto importante. Voglio dare a più persone possibili la possibilità di diventare professionisti, avere una borsa di studio nelle università americane o semplicemente allenarsi una settimana per migliorare le loro capacità. Potremo ospitare fino a 130 giocatori a tempo pieno".
"Credo che la terra sia la superficie migliore per imparare a giocare, perchè è la più impegnativa. Questo è il motivo per cui abbiamo soprattutto campi in terra, 16 all'aperto e 4 al coperto, ma i giocatori devono essere in grado di competere dappertutto. Per questo abbiamo anche 9 campi in duro".
"Sono d'accordo con i luoghi comuni sulle varie nazioni, in effetti gli americani hanno un gioco abbastanza prevedibile. Credo che sia una combinazione di tre fattori: il primo è che ogni paese stabilisce il proprio metodo per formare i giocatori. In Spagna si gioca molto sulla terra e si lavora molto sul fisico. Questo fa in modo che si crei un tipo di gioco che richiede grande forma fisica e necessità di essere combattenti. Il secondo è la cultura. In certi paesi vengono privilegiati alcuni comportamenti anzichè altri. In Francia, per esempio, si dà credito a chi gioca bene ma non ai combattenti. Per questo la Francia è piena di giocatori talentuosi ma di pochi vincenti. Il terzo è l'influenza dei migliori giocatori del paese: è normale che i bambini cerchino di imitarli: se in Repubblica Ceca tirano piatto, i giovani faranno altrettanto".
"La sfida più impegnativa nel lavoro con Serena Williams è stata la capacità di tenerla competitiva a 33 anni. Viene da 17 anni di professionismo, è una vera e propria sfida. E' sempre difficile lavorare con lei perchè ha più pressione degli altri. Tutti si aspettano che vinca, e ogni sconfitta è vista come un fallimento. Il momento più difficile è dopo ogni sconfitta, perchè le vive con grande delusione"
"Un match di tennis è un'incredibile fonte di informazioni. E' il momento in cui vedo cosa ha funzionato e cosa no degli allenamenti, e capisci su cosa bisogna lavorare. Quando prendo appunti, scrivo della strategia che ho consigliato a Serena e vedo cosa ha funzionato e cosa no. Inoltre scopri tante informazioni sulle avversarie: il tennis è in continua evoluzione ed è utile appuntarsi informazioni che possono esserle utili in futuro. Gli appunti di Serena? Un segreto. Posso solo dirvi che prima di ogni match le faccio un discorso e lei ama segnarsi quello che vuole ricordare durante il match".
"Il coaching in campo ha lati positivi ed altri negativi. Credo che abbia un impatto positivo sullo spettacolo, ed è molto interessante per gli spettatori. Tuttavia, visto che molti parlano nella loro lingua, sarebbe importante avere la traduzione in inglese. Ma credo che sul lungo termine possa avere un effetto negativo, perchè le giocatrici si abituano a chiedere aiuto al coach e non imparano a trovare le soluzioni per vincere quando le cose si fanno difficili".
"Hanno abbandonato il Team Serena due figure importanti come la fisioterapista Esther e lo sparring Sascha. La prima voleva tornare a una vita normale, mentre per il secondo è stata una questione tra loro due. La cosa buona è che abbiamo mantenuto una buona stabilità anche se sono andati via due elementi storici. Da allora, non ha più perso una partita".
"Agassi e Navratilova dicono che il tennis cambia ogni 5-7 anni? Difficile capire dove andrà a finire il tennis. I campioni di oggi sono fortissimi a coprire il campo e sbagliano pochissimo. Sono bravi a difendere ed anche ad attaccare. Credo che la prossima generazione sarà ancora più brava a colpire la palla in anticipo. Il tennis sarà più aggressivo ma con meno errori. In accademia lavoriamo sul topspin per limitare gli errori, ma anche sulla capacità di accelerare".
"Alcuni coach sono bravi sul piano tecnico, altri sono più capaci su tattica e strategia. Altri ancora si occupano soprattutto dell'aspetto mentale. Credo che un buon coach debba saper padroneggiare tutti gli aspetti. In fondo non sappiamo in anticipo le necessità di un giocatore, quindi dobbiamo usare lo strumento giusto al momento giusto. E se non l'abbiamo non possiamo aiutare il giocatore. Per questo ci vuole una combinazione di queste tre capacità, oltre a quella fisica".
"La scomparsa del serve and volley è diretta conseguenza della standardizzazione delle superfici. Mi spiace, ma non credo che torneremo indietro. Il tennis dovrebbe avere diversi stili, personalità, età….uccidere le differenze non lo ha reso uno sport migliore".
"Dimitrov è sia lontano che vicino dal vincere un torneo del Grande Slam. E' vicino perchè il suo livello è impressionante, vicino ai migliori. In semifinale a Wimbledon ha perso un match molto equilibrato contro Djokovic. Ma è anche lontano perch ci sono tanti dettagli che fanno la differenza tra un top-player e un campione. Lui può ottenerli. Sono convinto che possa farcela. La combinazione di questi dettagli, conoscere il proprio gioco e imporlo senza fretta, il miglioramento del suo servizio…lo portaranno a crescere".