A quarant’anni dal Roland Garros di Jannick Noah, ultimo francese a vincere uno Slam, esplode il talento di Arthur Fils, ai quarti a Montpellier. Un diciottenne che miscela tennis e personalità, e in poco più di un mese ha raggiunto 5 degli 8 obiettivi per il 2023. Può essere il nome giusto per lo Slam tanto desiderato?
L’ultimo Slam vinto dalla Francia? Sempre lo stesso, il Roland Garros 1983 di Yannick Noah prossimo a compiere 40 anni. Il miglior tennista francese nell’attuale ranking ATP? Benjamin Bonzi, numero 42. Due dati ideali per fotografare un movimento che sta attraversando uno dei periodi più difficili da parecchio tempo a questa parte, eppure trova sempre delle buone ragioni per sperare, riposte nelle ambizioni dei suoi giovani di punta. Negli ultimi giorni a prendersi la copertina è toccato ad Arthur Fils, classe 2004, capace a Montpellier di diventare il secondo giocatore più giovane – dopo Carlos Alcaraz – a raggiungere i quarti di finale in un torneo del circuito maggiore. Un traguardo, conquistato a spese del tre volte campione Richard Gasquet e di Roberto Bautista Agut, non esattamente due sconosciuti, che ha acceso i riflettori sulla crescita dirompente del diciottenne di Saint–Michel–sur–Orge, comune di ventimila abitanti nel dipartimento dell’Essone, nella regione dell’Île-de-France. Dodici mesi fa era fuori dai primi 600, a inizio anno numero 251, mentre lunedì prossimo sarà nei primi 150, o ancora meglio se venerdì riuscirà a ripetere le prestazioni dei giorni scorsi e prendersi la semifinale a spese del connazionale Quentin Halys. Un compito alla portata di un giocatore che ha mostrato power tennis ma anche una buona mano, un fisico già in grado di reggere i ritmi del tennis di alto livello, capacità di gestire i momenti delicati e anche la sfrontatezza tipica dei diciottenni, che non sempre è un bene ma nel tennis aiuta.
In Francia il loro ultimo figlio tennistico (fils significa appunto figlio) lo tengono d’occhio da un po’, da quando a fine 2020 ha vinto l’Orange Bowl senza che se l’aspettasse nessuno, mentre l’anno seguente è arrivato al numero 3 del ranking mondiale under 18, con una finale al Roland Garros juniores persa contro Luca Van Assche, il coetaneo e connazionale (di mamma italiana) col quale divide il peso delle aspettative di un movimento intero. Ma la svolta nella crescita del giovane è cosa recente, e coincide col cambio di coach dello scorso dicembre, quando sulla sua panchina – al CNE, il Centro Nazionale di Allenamento della Federtennis francese – è arrivato il tecnico Laurent Raymond, rimasto a piedi qualche settimana prima in virtù della scelta della FFT di cacciare dai programmi il ribelle Corentin Moutet. Raymond ha apportato ulteriore ordine nel suo tennis e il loro avvio insieme non poteva essere migliore: Fils ha iniziato l’anno vincendo il suo primo titolo Challenger a Oeiras (Portogallo), poi subito dopo è arrivato in finale nel classico appuntamento di Quimper e quindi si è fatto trovare pronto per sfruttare a dovere la wild card ricevuta a Montpellier. Contro Gasquet ha vinto di tennis ma anche di personalità, rispondendo a tono a un pubblico ostile e facendo suo uno scontro generazione che profuma di passaggio di consegne, con l’augurio che il successore possa mantenere le promesse meglio di chi l’ha preceduto.
Tennis e personalità: può diventare un bel personaggio
Nel duello contro Gasquet si è capito molto del giocatore Fils e di ciò che potrà diventare. Un ottimo tennista, ma anche un personaggio interessante, che non ha paura a fare lo showman à la Monfils o a inimicarsi qualcuno pur di arrivare all’obiettivo. Eppure, nei momenti delicati si è armato di maturità e ha cercato di sbagliare meno del rivale, non esattamente un dettaglio per uno che ha i mezzi per spaccare la palla. “Il mio piano? Sbagliare poco, colpire tanti vincenti e aiutarmi col servizio” ha semplificato lui, nato meno di una settimana dopo il successo di Gaston Gaudio al Roland Garros 2004, l’ultima edizione alla portata di tanti prima che un certo Rafael Nadal ne facesse sue 14 delle successive 18. In realtà, invece, certe scelte tattiche del francesino sono il primo risultato del percorso di maturazione intrapreso di recente con coach Raymond, al quale è bastato poco per trasmettergli certi concetti chiave, determinanti per avere chance ad alto livello. “Arthur – ha detto l’allenatore – è un giocatore molto potente, e ai giocatori molto potenti capita di avere l’impressione di poter colpire vincente ogni volta che toccano la palla. Ma nel tennis di alto livello non si vince così. Prima bisogna imparare a sbagliare il meno possibile, poi è importante sviluppare una spiccata capacità di adattamento alle situazioni che ci si trova di fronte, pur mantenendo le proprie intenzioni di gioco e il giusto atteggiamento in campo”. Ci stanno ancora lavorando, ma i risultati dicono che la direzione intrapresa è corretta.
Lunedì Fils sarà il primo nel ranking ATP fra i nati nel 2004, superando Van Assche, ma non si accontenta. Vede due giocatori con un solo anno più di lui fra i top-10, ossia Carlos Alcaraz e Holger Rune, ed è lì che vuole arrivare. “Sono felice di come sta andando sin qui – ha raccontato – ma se paragono i miei risultati ai loro mi acconto che non ho fatto nulla di straordinario. Li prendo come fonte di motivazione, per migliorarmi ancora”. Nel frattempo, nel giro di un mese o poco più ha polverizzato la metà degli otto obiettivi fissati dall’allenatore per questa stagione. Ne rimangono tre: una semifinale nel circuito (può riuscirci già venerdì), la vittoria di un match in un torneo del Grande Slam e l’approdo in una zona di classifica che gli permetta di giocarli con continuità, il che è un modo per dire di puntare alla top-100 senza voler dare i numeri. “Se riusciremo a raggiungere tutti questi traguardi – ha detto ancora l’allenatore – vorrà dire che la nostra sarà stata una stagione positiva”. A giudicare da come è andata sin qui ci sono buone chance che Fils possa fare anche meglio, ma ciò che conta di più è continuare a gettare delle basi solide per riuscire un domani a puntare all’èlite, il che significa lottare per riportare in Francia quel Grand Chelem che a Parigi attendono da quarant’anni. Il successore di Noah doveva essere Gasquet, poi Monfils, poi Tsonga, poi Pouille, invece il digiuno non si è ancora interrotto.