A Cincinnati il serbo va a caccia del Career Golden Masters, ma il suo 2015 è già paragonabile al super 2011: serve meglio ma ottiene qualcosa meno in risposta. Federer: “Penso che abbia ancora ottimi anni davanti a sè”. Nole: “Preferisco non fare paragoni”. 

E' inevitabile pensarci. Difficilmente capiterà di trovare un altro giocatore capace di vincere tutti i nove Masters 1000. Novak Djokovic è a cinque partite dall'impresa: per riuscirci dovrà vincere il Western & Southern Open di Cincinnati, dove vanta quattro finali ma anche un paio di batoste negli ultimi due anni. Dovesse farcela, raggiungerebbe un obiettivo raggiunto solo dai gemelli Bryan (ovviamente in doppio), ma fallito sia da Roger Federer che Rafael Nadal. Alla vigilia della sua campagna in Ohio, l'ATP ha mostrato una serie di dati statistici per comparare il suo 2015 al 2011, ad oggi la sua migliore annata. Nella conferenza stampa pre-torneo, Nole ha rifiutato di fare paragoni con allora. “Non posso essere lo stesso giocatore del 2011 perché la mia vita è cambiata parecchio – ha detto – il 2014 è stato l'anno più bello per tutto quello che è successo fuori dal campo (si è sposato ed è venuto al mondo il piccolo Stefan, ndr). Il 2015 è da considerarsi l'anno migliore per i risultato sportivi, insieme al 2011. Tuttavia preferisco non fare paragoni: ogni anno è diverso. Si cresce, si matura sia come persona che come giocatore”. Magari non sarà Nole a farlo, ma i numeri parlano chiaro. L'ATP ha messo a confronto i dati tra le due annate, pur precisando che il suo 2015 prevede ancora sei tornei. In effetti, è in linea con i risultati del 2011. Allora chiuse con 70 vittorie, 6 sconfitte e 10 titoli. In questo momento ha vinto 52 partite su 56 e ha portato a casa 6 titoli (soltanto Slam e Masters 1000). Dando un'occhiata a numeri prettamente tecnici, scopriamo che Nole serve leggermente meglio: tira una media di 5,8 ace a partita (contro 3,9), mantenendo intatto il numero di doppi falli (1,5 contro 1,8). Risultato? Ha aumentato il numero di game di servizio tenuti, passando dall'86% al 90$%. I numeri sono un po' meno travolgenti in risposta, dove nel 2011 era ancora più competitivo. Ma non sono differenze trascendentali, peraltro azzerate dalla bravura nel giocare i punti importanti: ha vinto 12 tie-break su 20, mentre quattro anni fa chiuse con un 9-9 non eccezionale.


IL RUOLO DI NOLE NELLA STORIA

Il Djokovic di quest'anno è un giocatore di maturità impressionante. Ha perso solo quattro partite, ma solo una davvero sorprendente: contro Ivo Karlovic a Doha, nel primo torneo dell'anno. Ha poi perso tre finali: Dubai contro Federer, Roland Garros contro Wawrinka e Montreal contro Murray. Nel complesso arriva da nove finali consecutive, cifra ancor più significativa delle sette ottenute nel 2011. Forse è meno travolgente, ma più continuo. E tanto basta per domandarsi se il suo 2015 possa essere paragonato alle stagioni più dominanti dell'Era Open. Oltre al confronto con se stesso, Djokovic potrebbe paragonarsi al 1974 di Jimmy Connors, il 1984 di John McEnroe, il triennio 2004-2006 di Roger Federer e il 2010 di Rafael Nadal. Lo stesso Federer ha ammesso che Djokovic avrà un ruolo importante nella storia. “Sta crescendo, si è creato un nome importante. Sta vincendo un sacco di titoli e continua a ripetersi, oltre ad essere stato molto costante in classifica: prima numero 3, poi numero 2, infine numero 1….di sicuro sarà ricordato come uno dei migliori di sempre. Fino a che punto? Non so. Dobbiamo aspettare e vedere dove arriverà. Ma sono sicuro che abbia ancora tanti ottimi anni davanti a sé”. Nole ha compiuto 28 anni in maggio e fisicamente sembra integro. Il regime alimentare inaugurato nel 2010 e una condotta di vita impeccabile lo hanno preservato dal rischio più grande per un campione: gli infortuni. Difficile immaginare se saprà restare competitivo come Federer oppure avrà un piccolo calo come quello occorso a Rafael Nadal. Ma Nole ha una bella fortuna: a parte Andy Murray, i giocatori che spingono da dietro non sono una minaccia come invece era lui per Federer e Nadal. Wawrinka è più anziano, Nishikori è fragile, Dimitrov è indietro anni luce, i giovani sono troppo giovani…insomma, sembra non esserci l'uomo in grado di fare irruzione come fece lui. E allora, chissà. Intanto c'è da vincere Cincinnati, dove due anni fa perse da Isner e nel 2014 addirittura da Tommy Robredo. Una maledizione da lavare via. Alla svelta.