Vitalia Diatchenko è scesa in campo allo Us Open nonostante fosse chiaramente infortunata. Motivo? Un bell'assegno di 39.500 dollari. I tennisti hanno lottato per i montepremi, ma questo è l'effetto collaterale. Esistono soluzioni per evitare match-farsa e decine di ritiri? 

I giocatori hanno battagliato duramente. Hanno ficcato il naso nei bilanci degli Slam e si sono resi conto che per loro, i gladiatori che fanno vendere i biglietti, la fetta della torta era troppo piccola. E così, dai e dai, hanno ottenuto un importante crescita nei montepremi. Nel 2017, lo Us Open arriverà a distribuire 50 milioni di dollari (comunque una percentuale non così elevata sugli utili complessivi). Scongiurata la minaccia di scioperi vari, gli aumenti hanno riguardato soprattutto gli eliminati al primo turno. Ma lo Us Open ha svelato, impietosamente, l'altra faccia della medaglia. Al primo turno, ben 12 incontri non si sono conclusi a causa di infortuni e malanni vari. Dieci tra gli uomini (ritiri di Andujar, Stepanek, Dolgopolov, Monfils, Lu, Florian Mayer, Gulbis, Nedovyesov, Kokkinakis e Baghdatis) e due tra le donne: Vitalia Diatchenko e Marina Erakovic, curiosamente opposte alle prime due teste di serie. Tra gli uomini, le ragioni dei ritiri sono le più variegate. In campo femminile, c'è il forte sospetto che le giocatrici siano scese in campo con l'unico obiettivo di passare alla cassa e ritirare un maxi-assegno da 39.500 dollari. Anche al netto delle ritenute fiscali, si tratta di una cifra enorme per le giocatrici di secondo piano, ottima per coprire i costi di buona parte della stagione. Ha fatto discutere – ed è emblematico – il caso di Vitalia Diatchenko. La graziosa russa, numero 86 WTA, è rimasta in campo appena 30 minuti (pause comprese) contro Serena Williams, ritirandosi sul 6-0 2-0 per l'americana. Si sono giocati 37 punti: solo cinque sono andati alla russa, quattro giunti da errori gratuiti di Serena. Mezz'ora imbarazzante, con una giocatrice chiaramente impossibilitata a giocare. La Diatchenko aveva un problema al piede sinistro, non riusciva a utilizzarlo nel movimento del servizio e batteva esclusivamente utilizzando il tronco. Alcuni gesti erano fin quasi comici. 
 

GIOCARE A TUTTI I COSTI

Ha chiesto l'ausilio del trainer e si è fatta fasciare il piede, rendendo ancora più grottesca la vicenda. Dopo la partita, ha spiegato di non aver avuto problemi fino a una fase del riscaldamento pre-match, in cui si sarebbe fatta male durante uno sprint. Il problema si è poi aggravato sull'Arthur Ashe Stadium. Se non fosse scesa in campo avrebbe dovuto rinunciare ai 39.500 dollari che spettano a chi perde al primo turno. Curiosando nel suo portafoglio ufficiale, scopriamo che nel 2015 aveva incassato 182.565 dollari. La mezz'oretta allo Us Open, dunque, ha rappresentato un buon 20% del suo guadagno stagionale. Non le si può dare torto: in un tennis sempre più selettivo, gli Slam sono la principale fonte di guadagno per almeno un centinaio di giocatori tra uomini e donne. Tuttavia, tale distribuzione di soldi ha creato una certa frenesia. Lo scorso anno fece scandalo il gesto di Polona Hercog, che si sobbarcò un viaggio in Australia e si ritirò dopo appena 6 punti, giusto in tempo per passare alla cassa. A seguito di quell'episodio, John Isner disse che avrebbe potuto esserci una suddivisione del premio tra l'eventuale giocatore ritirato e il lucky loser, in modo da disincentivare, almeno in parte, la frenesia del dover giocare a tutti i costi. “In una situazione come questa si potrebbe garantire un prize money a chi si ritira: il 75%, l'80%, forse addirittura il 100%. Sono certo che il lucky loser sarebbe comunque ben felice di giocare”.


ESISTE UNA SOLUZIONE?

Dopo il caso Diatchenko, hanno chiesto un parere anche a Serena Williams. La numero 1 non aveva troppa voglia di rispondere, troppo tesa per la vicenda Slam. “L'ho detto a Cincinnati e lo ribadisco qui: non risponderò a domande che possono creare polemica. Detto questo, ogni tennista gioca per essere pagato, al pari di ogni lavoratore. Nei lavori comuni, se hai un giorno di malattia vieni pagato ugualmente, quindi non saprei”. Lo Us Open 2015 è lo Slam più ricco di sempre. Guarda caso, si è registrato il record assoluto di ritiri al primo turno. Non è giusto generalizzare: Kokkinakis è stato travolto dai crampi, Monfils si è fatto male accidentalmente…però Nedovyesov e Lu erano chiaramente infortunati. E si sapeva ancora prima che scendessero in campo. Però non hanno rinunciato al loro assegno. Difficile trovare una soluzione: in linea di principio, i giocatori hanno ragione a chiedere più soldi per gli Slam (il 10-12% degli utili, oggettivamente, era troppo poco) però non è giusto che i soli Slam si facciano carico del sostentamento dei giocatori di seconda fascia. Ci rimette il pubblico, qualcuno si arrabbia (Feliciano Lopez non le ha mandate a dire via Twitter contro la Diatchenko) e il torneo non ci fa una gran figura. Soluzione? Ce n'è una, un po' fantasiosa, ma affascinante. Anziché destinare 40.000 dollari a chi perde al primo turno, gli Slam potrebbero creare un fondo comune da destinare, a fine anno, ai giocatori compresi tra la 50esima e la 100esima posizione (circa). Un fondo a scalare in base al ranking. In questo modo, un giocatore scenderebbe in campo sempre e solo per vincere, con un incentivo economico dovuto ai risultati e non solo alla partecipazione. Perché non è giusto che la vincitrice di un torneo WTA di medio livello intaschi 43.000 dollari, più o meno lo stesso di un primo turno allo Us Open. Ma difficilmente cambierà qualcosa.